Le
rivelazioni contenute nel libro di Alan Friedman un tempo sarebbero state
catalogate come “Segreti di Pulcinella” e invece i quotidiani di questa mattina
si scatenano in ampie disamine circa il
loro contenuto, e un ponte ideale viene gettato tra destra e sinistra dura e
pura, unite nel prospettare l'opportunità delle dimissioni del Presidente della Repubblica,
colpevole di aver contattato Mario Monti per un eventuale incarico di governo
sin dal Giugno 2011.
Né mancano le lezioni di “liberalismo” nei confronti di
Giorgio Napolitano, di cui non a caso si ricorda il passato di militante
comunista e dunque sostanzialmente illiberale, in un Paese libero e giocondo,
democratico e felice, quale fu per cinquant’anni l’Italia democristiana.
Ciò
che sembra dimenticato è che solo dieci
mesi fa le principali forze politiche, con l’eccezione di M5S e poco altro,
invocarono la rielezione al Quirinale di Napolitano, benché fossero tutte già
consapevoli di quanto oggi rivela il giornalista anglosassone. Il quale, dal
canto suo, intervenendo a Piazza Pulita,
alle anticipazioni del suo libro in uscita, ha aggiunto una chiosa sul
giornalismo italiano, incapace a suo giudizio di “dare notizie libere e non di
parte”, come invece accade a lui, giornalista vero, cui non compete minimamente preoccuparsi dell’uso strumentale che può
essere fatto della verità.
E se da destra ora ci si mostra scandalizzati,
naturalmente per il “complotto” ordito in quei mesi nei confronti dell’attuale
leader di Forza Italia, dalla sinistra dura e pura e sedicente liberale si pone
l’accento ancora una volta sulla “colpa grave” di Napolitano, non certo per
aver “complottato” contro Berlusconi, ma per non aver consentito al popolo
italiano di andare al voto, invece di “brigare” per installare a Palazzo Chigi un tecnocrate voluto dai poteri forti.
Insomma, il vero torto del Presidente sarebbe di
non aver mandato gli italiani alle urne con una legge elettorale
incostituzionale, definita “Porcellum” e nell’identica prospettiva di
riproporre la governabilità solo
attraverso le larghe intese, per di più in un momento in cui la speculazione
finanziaria aveva preso di mira l’Italia [si continua a ripetere per far cadere
Berlusconi] e la Spagna che, guarda caso, pur non avendo il suo Berlusconi, fu
oggetto di un attacco finanziario che fece volare lo spread ancora più in alto di quello italiano.
Scrive giustamente L’Unità di questa mattina “Giù le mani da Napolitano”, nell’inconscia autocritica di dover difendere da accuse ingiustificate un uomo di
quasi novant’anni che, magari sbagliando, ha cercato in buona fede di agire a
vantaggio dell’Italia e nell’intento di coprire un sistema politico corrotto e
vergognoso, incapace persino di darsi una legge elettorale in grado di
garantire la governabilità.
Viene da chiedersi a questo punto se il vero scoop
del libro di Friedman non consista tanto nella testimonianza, sui fatti in
questione, resa da Mario Monti e da altri, quanto piuttosto nel fatto che personaggi così prestigiosi si siano prestati a renderla solo a due anni di distanza da quegli accadimenti. E se tutto questo abbia qualcosa a che vedere con l’improvvisa e frettolosa convocazione di Matteo Renzi
ieri notte al Quirinale, prima ancora che al Colle salisse Letta, come in
precedenza era stato annunciato. Mi auguro soltanto che ciò non prefiguri la
cosiddetta staffetta alla guida del governo, esiziale a mio giudizio, prima di
ogni altra considerazione, proprio per la sorte politica di chi ha promesso di
voler rifare l’Italia. Ciò che già scrivevo nel post di ieri: Renzi, il canto delle sirene e Beppe Grillo.
sergio magaldi
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