Ad un anno di distanza dalla Confederations
Cup, si replica in Brasile con il calcio, ma questa volta si fa sul serio
perché il campionato mondiale è già iniziato con la prima vittoria dei carioca, pilotata da un arbitro compiacente, e la disfatta della Spagna che dovrebbe
insegnare qualcosa a Prandelli: nel calcio di oggi non si vince con una squadra
imbottita di centrocampisti e una sola punta, soprattutto se, come per l’Italia
di Balotelli, quell’unico attaccante non è da area di rigore.
La
cornice in cui si svolge l’evento più atteso dagli amanti del pallone è la
stessa dello scorso anno, con tutti i rischi che ne conseguono. Scrivevo allora
[vedi il post del 28 Giugno 2013: Nel Brasile in rivolta, inutile “resistenza” dell’Italia del calcio…]:
“Una Terra che per la prima volta nella sua storia contesta persino
il calcio in casa sua o almeno così i media tentano di far credere,
raccontando che i motivi delle sommosse sarebbero causati dalle ingenti spese
sostenute dal governo per allestire manifestazioni sportive internazionali o
per il rincaro generalizzato degli autobus, il mezzo di trasporto più
utilizzato e più popolare in Brasile.
La verità
è che la grande crescita economica del Paese, che l’ha portato al sesto posto
tra le grandi economie del mondo [Dopo USA, Cina, Giappone, Germania e Francia,
e prima di Inghilterra, Italia, Russia e India], è stata accompagnata da una
pessima distribuzione della ricchezza, dal sovraffollamento delle città e
dall’aumento della povertà dei ceti tradizionalmente già poveri. Senza contare
un fenomeno che in Italia conosciamo assai bene, quello della corruzione e
delle ruberie della politica”.
Poco o
nulla è cambiato anche in Italia a distanza di un anno e, come per tutto il
resto [crisi economica, disoccupazione, debito pubblico, gestione dei
migranti, lotta alla corruzione e all’evasione fiscale ecc…], anche per il calcio
il nostro Paese ha bisogno di miracoli. Di diverso avviso la stampa, che, come
sempre, si esalta nel lodare le virtù di Prandelli e pronostica una vittoria
facile sull’Inghilterra o, nel caso più sfortunato, un pareggio.
L’Italia
calcistica viene da una sconfitta e sei pareggi nelle ultime sette partite
giocate contro altre nazionali, e con una sola vittoria [5-3] – maturata
nell’ultimo collaudo ufficiale – contro la squadra brasiliana del Fluminense.
Le partite disputate di recente contro l’Irlanda del Nord [0-0] e contro il
Lussemburgo [1-1!], al di là del risultato, hanno mostrato la scarsa visione di
gioco di una squadra costretta dal tecnico a continue e inutili
sperimentazioni.
Con
l’Irlanda, schierando quasi tutte le riserve, per definire la lista dei
23, dalla quale sono rimasti fuori,
oltre a Giuseppe Rossi – forse il più tecnico degli attaccanti italiani, con
esperienza internazionale e senso del goal come pochi altri – due punte di area
come Osvaldo [neppure incluso nei “32”] e Destro. Ai tre sono stati preferiti
Cassano, Cerci e Insigne. Ai prescelti auguro, naturalmente, di disputare un
grande mondiale, ma Cassano ormai non tiene i 90 minuti, Cerci non ha mai reso
in nazionale e semmai potrebbe essere utile se schierato [come nel Torino, sua
squadra di club] accanto ad Immobile che però Prandelli considera la riserva
naturale di Balotelli. Insigne, infine, corre spesso a vuoto e nelle 38
giornate del campionato appena concluso ha realizzato un solo goal.
Contro
il modestissimo Lussemburgo [appena l’equivalente di una squadra di serie C del
nostro calcio], Prandelli ha schierato la nazionale che ha in mente, con cinque
centrocampisti e un solo attaccante [Balotelli] che, come punta centrale, ha
già fallito nel Milan. Questo il bilancio della squadra: pochi tiri e sbilenchi
nella porta avversaria, inconsistenza del gioco offensivo e vistose incertezze
del reparto difensivo dove, nonostante la preponderanza di giocatori juventini,
manca una vera e propria organizzazione, almeno come quella che, nel campionato
italiano, Conte ha saputo dare alla Juventus e Garcia alla Roma.
Con il
Fluminense, ancora una formazione sperimentale nella prima ora di gioco, con
molte riserve e tre attaccanti [Immobile, Cerci e Insigne]. Finalmente si è
visto il barlume di un gioco offensivo,
come sempre carente l’organizzazione difensiva: 5 i goal realizzati [ma
le difese di Inghilterra e Uruguay, nostre prossime avversarie al mondiale, non
saranno come quella piuttosto “allegra” del Fluminense], 2 i goal subiti.
Nell’ultima mezz’ora, di nuovo in campo la nazionale che più o meno ha in mente
Prandelli, con tanti centrocampisti e Balotelli unica punta con Cassano in
appoggio: torna a latitare il gioco offensivo, per di più subiamo un altro goal
e altri ne rischiamo.
Insomma,
il Prandelli di sempre, più che mai convinto che Balotelli possa fare reparto
da solo in attacco, lui che non è mai stato una punta da area di rigore e che
ha bisogno di movimento e di partire da lontano per rendersi pericoloso con
tiri e assist per i compagni di reparto, ammesso che ve ne siano in
campo. Difficilmente lo vedremo giocare a fianco di Immobile, ma se dovesse
accadere l’Italia avrà qualche chance in più. Del resto, la condizione
psicofisica di Supermario non sembra quella di due anni fa agli Europei, quando
sostenne quasi da solo il peso dell’attacco azzurro.
L’errore
di Prandelli sta nel ripetere l’errore di due anni fa, quando la dea bendata
gli consentì – malgrado tutto – di raggiungere la finale europea contro la
Spagna, persa poi clamorosamente per 4 a 0. Il sempre ineffabile commissario della
nazionale confida ancora nella sorte favorevole, ma questa volta la Fortuna
potrebbe presentargli il conto, con l’eliminazione della squadra azzurra sin
dal primo turno. Scrivevo allora [vedi il post L’Europa di Super-Mario tra
vincitori e “perdenti di lusso”] :
“A
guardar bene, tuttavia, Mario Balotelli esce da vincitore, per aver sostenuto
quasi da solo il peso dell’attacco azzurro e per i tre goal, sui complessivi
sei, segnati dall’Italia durante l’intera competizione. L’averlo schierato in
campo, senza affiancargli una punta di ruolo (Matri soprattutto, ma anche
Osvaldo o Pazzini), lasciandolo ai rari assist del pur ammirevole
Cassano, del grande Pirlo, o di Montolivo, è una responsabilità che riguarda il
tanto celebrato (persino dopo il 4-0 subito con la Spagna!) commissario tecnico
della nazionale italiana: l’ineffabile Cesare Prandelli […] Infatti, dopo le sconfitte nelle tre ultime partite di
avvicinamento agli europei, contro Uruguay, Stati Uniti e Russia, sono
arrivati, facendo leva sul blocco della Juve, i tre pareggi (Spagna, Croazia e
Inghilterra), la stentata vittoria contro l’Irlanda di Trapattoni e
l’eliminazione della Germania grazie ai goal di Balotelli. Con questi
risultati, grazie anche alla “lotteria” dei rigori e all’onestà degli spagnoli
che non hanno fatto il cosiddetto biscotto con i croati, Prandelli ha ottenuto
il diritto di disputare la finale del campionato europeo. La sorte gli ha
perdonato gli errori commessi al momento delle convocazioni, la mancanza di un
modulo e di una filosofia di gioco, per due anni sempre in bilico tra vecchi
schemi e nuove strategie, ma al momento della verità ha preteso che mettesse
nella nazionale qualcosa di suo…”.
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, con la speranza che la dea
bendata rinnovi sin da questa sera il credito nei confronti del commissario
azzurro. Non ci credo molto, ma naturalmente, come tutti gli italiani che amano
il calcio, me lo auguro.
sergio
magaldi
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