Qabbalah
e filosofia
Tracciare in poche linee un disegno della
Qabbalah e insieme farne intendere il rapporto col simbolismo massonico, è
impresa complessa che richiederebbe una lunga trattazione. Ciò che dirò, pertanto,
sarà solo una breve introduzione
all’argomento.
Qabbalah
significa Tradizione, rappresentando
per così dire il crogiolo di ogni studio e commento della Torah e più in generale di ogni forma del pensiero ebraico. [1]
Non escludendo né la dottrina rabbinica né il Talmud, soprattutto lì dove si tratta di speculazioni cosmogoniche
sull’opera della Creazione o Ma’asè
Bereshit e di meditazioni a sfondo mistico sull’opera del Carro o Ma’asè Merkavah delle visioni di
Ezechiele. [2]
La Torah
scritta si compone dei libri del Pentateuco
(Genesi o Bereshit, Esodo, Levitico,
Numeri e Deuteronomio). Insieme, le due lettere formano la parola Lev
cuore, a indicare che la
vera conoscenza della Torah è
una conoscenza del cuore e non dell’intelletto, il che, naturalmente, non
significa che la Torah non debba
essere studiata, come invece raccomanda espressamente la tradizione
ebraico-cabbalistica. Lev cuore ha valore numerico 32 come i
trentadue sentieri dell’Albero della vita [in proposito, si veda il post L’albero
della vita, cliccando sopra per leggere].
Il Talmud
(‘insegnamento’) è una raccolta enciclopedica della tradizione ebraica,
compilata durante un periodo di circa ottocento anni, dal 300 a . C. al 55 d.C., in
Palestina e in Babilonia. Si compone di norme morali (Halakhah) e di materiale narrativo di genere vario (Haggadah).
In tale prospettiva, non ha senso contrapporre
la Qabbalah alla filosofia giudaica,
come più di un autore ha fatto. Perché, semmai, la contrapposizione è tra
filosofia ebraica e filosofia greca. La Qabbalah, non è la Mistica contrapposta alla Filosofia,
è bensì la complessità del pensiero ebraico che si alimenta della tradizione,
così come, per certi versi, la Massoneria è la complessità del pensiero
simbolico che, analogamente, si alimenta della tradizione.
D’altra parte, sarebbe altrettanto errato
assimilare la Qabbalah al modello delle filosofie occidentali. Se per filosofia
s’intente un Sistema teorico e
concettualmente concluso, allora la Qabbalah non è una filosofia. Così, per
esempio, l’universo o albero delle dieci sephiroth non è il mondo platonico delle idee e il suo
manifestarsi da En Soph ‘Infinito’
non ha le caratteristiche proprie dell’emanatismo neoplatonico. Le sephiroth si collocano sull’Albero della
vita [3]
e sono luci, numeri primordiali o forme pure. Sono dieci quante le dita delle nostre mani e tramite loro, secondo un
ben definito progetto architettonico, si manifesta tutta la realtà.
Sephiroth è stato spesso tradotto con ‘emanazioni’,
facendolo derivare dall’etimologia greca, con ciò stabilendo un collegamento
tra Qabbalah e neoplatonismo. Più corretta è la derivazione dall’ebraico Safor che
significa contare e che delle
sephiroth fa dunque i numeri primordiali della creazione, ben distinti dai misparim o numeri ordinari. Le sephiroth sono perciò ‘luci’ o ‘pure
forme’ del molteplice. Nella tradizione cabbalistica, le sephiroth si dispongono sui tre pilastri dell’Albero della vita. Ad
ogni sephirah è attribuito un nome.
Alla colonna centrale appartengono: 1 Kether
corona, 6 Tiphereth bellezza e armonia, 9 Yesod fondamento o
generazione, 10 Malchuth regno o
terra. Alla colonna di destra: 2 ‘Hochmah sapienza, 4 ‘Hesed grazia 7 Netzach
vittoria. Alla colonna di sinistra: 3 Binah intelligenza, 5
Gheburah forza e rigore, 8 Hod
splendore.
Nella Qabbalah, inoltre, decisivo è il ruolo
della tradizione orale, trasmessa bocca-orecchio, e di particolare rilevanza è lo studio, non limitato alla sola Torah, come erroneamente si crede.
Altrettanto importanti sono le complesse tecniche di apprendimento e di
meditazione e quella parte costituita di operatività che può condurre, ma non
necessariamente conduce, a Teurgia e Magia.
La Teurgia[4] ebraica si distingue dalla Magia, pure praticata in ambiente
giudaico, perché il suo quadro di riferimento è la religione biblica e il
rispetto di un rituale predeterminato, inoltre la Teurgia, a differenza della
Magia, non opera a vantaggio personale ma per il bene del cosmo e dell’umanità.
Mopsik individua cinque forme di azione teurgica negli scritti dei primi
cabbalisti: 1) (azione) instauratrice
(esempio: Genesi 28:20-22, Levitico 26:3-13, Esodo 29:42-46 ecc…) 2) restauratrice (Genesi 8:18-22 ecc…) 3) conservatrice (Le offerte dei sacrifici)
4) amplificatrice(“Benedetto il suo
nome…”, la formula sembra in grado aumentare la potenza (Gevourah) di Dio. 5) attrattiva
(attrazione della Shekinah, esempio: Esodo 25:8, La Lettera sulla santità ecc..). Un certo intento teurgico è anche
presente nella tradizione rabbinica, infatti, oltre a coloro che ritengono
impossibile per l’uomo aumentare la potenza divina, ci sono anche coloro che
ammettono che un comportamento umano conforme alla Legge, lo studio della Torah ecc.. siano in grado di accrescere
la presenza di Dio nel mondo.
Infine, se si guarda alla Qabbalah storica,
quella cioè che si diffonde in età medievale, sulle rive del Mediterraneo, tra
le fiorenti comunità ebraiche, ci si accorge che la Qabbalah ha anche questo di
peculiare rispetto alla Filosofia occidentale: non si afferma nell’opinione
pubblica per l’azione di alcuni ‘maitre à
penser’, ma si struttura piuttosto in comunità di studio e centri di
ricerca in cui entrano solo i più degni.
Se non ci sono i maitre a penser, le cui idee si diffondono rapidamente, creando ‘correnti
di pensiero’ o suscitando ‘mode’ più o meno durature, nelle scuole di Qabbalah
insegnano tuttavia maestri dotati di grande carisma. Uno di questi fu Isacco il
Cieco, vissuto tra la seconda metà del 1100 e la prima metà del 1200, e primo
grande maestro delle scuole storiche di Qabbalah che operarono in Provenza e in
Catalogna, in un clima di grande sviluppo culturale delle comunità ebraiche. Fu
detto il Chassid (il pietoso) o il Cieco (paradossalmente, perché
‘possedeva luce’ in eccesso), il Parush
o il sagghì-nahòr (quello che oggi
diremmo un illuminato) e fu uno tra i
maggiori peruschim. I perushim
provenzali studiavano quasi senza interruzione, praticando digiuni e
astenendosi dalla carne e dall’alcool. Si reclutavano tra i primogeniti e
preferibilmente tra i discendenti della tribù di Levi.
Huqe
ha-Torah, un documento provenzale, descrive la vita che si svolgeva in
questi centri per lo studio della filosofia e dell’esoterismo: devozione al
maestro, piccoli gruppi di studio, diversificazione dei livelli di
apprendimento, massima stimolazione per facilitare la libera espressione e il
dibattito tra i discepoli.
La lettera di Isacco il Cieco (1160-1235) ai
rabbini di Girona ( per il testo integrale cfr. G.G.Scholem, Le Origini della Kabbalà, cit.,
pp.488-489) attesta del carattere esoterico della scuole da lui ispirate. Egli
si occupò di indagini sul nome di Dio, di preghiere, di luce e di tenebra,
delle Sephiroth dell’Albero della
vita e dei 32 Sentieri, di Kavanah (meditazione) e di
Deveqùth (communio), della catena
degli esseri, di simpatia universale. Assai prima della Qabbalah luriana,
sembra abbia parlato di trasmigrazione
delle anime, limitandola a tre ritorni, come si annuncia in Giobbe
33:29: ‘Tutto ciò Dio la fa tre
volte in un uomo:ricondurre l’anima dalla sua putrefazione, affinché essa
brilli nella luce della vita’. Isacco anticipò inoltre il tema dei cicli
cosmici o shemittoth del Sepher Temunah (con riferimento anche
alla trasmigrazione animale) e il tema della luce del Sepher Iyyùn (luce e
tenebre scaturiscono dall’Oscurità primordiale, cfr. Luz, Trimestrale di studi
tradizionali, Har Tzion, n.1, Primavera 1999, pp.3-12). Tra le sue opere: un
commento del Sepher Yetzirah, circa
70 frammenti sulla mistica della luce e sui segreti (sodot) della Torah, e
qualcuno gli attribuì anche il Sepher
Bahir. Sotto la spinta di Isacco il cieco, nel 1230 sorge il gruppo
cabbalistico di Girona: la Chaburah
qedoshah o Associazione Sacra, vero e proprio punto di riferimento per la
diffusione dell’ebraismo e della Qabbalah in tutto il Mediterraneo.
Origine della
Massoneria
Si sorride spesso di quegli autori che fanno
risalire ad Adamo l’origine della Massoneria, quasi che il primo
uomo fosse ricevuto massone dal
Padreterno e all’Oriente del Paradiso…[5].
Pure, l’assunto è contenuto nelle antiche costituzioni: è già presente nel Poema Regius della fine del Trecento ed
è ampiamente riportato, circa a metà del Quattrocento, nel Manoscritto di
Cooke, un codice di comportamento ad uso
delle Logge della cosiddetta Massoneria operativa
[6].
Da allora, il racconto biblico della discendenza di Adamo – con Jubal fondatore
della Geometria e della Massoneria muratoria, con Tubalcain fondatore di tutte
le arti del metallo, con Jabal artefice di due colonne incise coi principi
delle 7 Arti liberali (Geometria, Aritmetica, Musica, Astronomia, Grammatica,
Retorica e Dialettica) e ritrovate intatte dopo il Diluvio universale da Ermete
Trismegisto e da Pitagora – entrò stabilmente come preambolo in tutti gli
Statuti dell’Ordine Muratorio sino alle Costituzioni di Anderson della
Massoneria ‘speculativa’, fondata a
Londra il 24 Giugno 1717.
La convinzione dell’origine adamitica della
massoneria, comune sia ai massoni ‘operativi’ che ‘speculativi’, se per un
verso è comprensibile in chi ha a cuore, per così dire, la nobilitazione
dell’Ordine, per altro verso mi induce a riflettere che l’unanime desiderio
degli antichi massoni di riconnettere le proprie radici alla tradizione
ebraico-cabbalistica si sostanzia non solo di narrazioni mitiche, pure
essenziali, ma – come vedremo – di rituali, di simboli, di parole cosiddette
sacre e di passo, perdute e ritrovate.
A tale proposito,
occorre osservare che, anche lì dove sono prevalenti altre
tradizioni, non viene mai meno l’idea che la fonte originaria della Libera
Muratoria sia da ricercarsi nella tradizione ebraico-cabbalistica [segue].
sergio magaldi
[1] Cfr. G. Scholem, Le Origini della Kabbalà, Bologna, 1990
pp.12 e ss.
[2] Sulla visione del Trono di
Dio, cfr Ezechiele, 1:1-28.
[3] Cfr.,
sull’Albero della vita nel pensiero ebraico-cabbalistico, G.
Busi, Simboli del pensiero ebraico, Einaudi, Torino, 1999, soprattutto le
pp. 53-58.
[4]
Sull’intera questione della teurgia nella Qabbalah, cfr. C.Mopsik, Les Grands Textes de la Cabale,
Verdier,1993, pp.18-71.
[5] Cfr.
U.G.Porciatti, Simbologia massonica.
Massoneria azzurra, Atanor, Roma,1992, p.14
[6] Cfr. Il manoscritto
di Cooke in E. Bonvicini, Massoneria antica, Atanor, Roma,1989,
pp.154 e ss.
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