Nel post del 9 Agosto u.s., Matteo Renzi e l’equilibrio della bilancia [clicca sul titolo per
leggere tutto], scrivevo tra l’altro:
“Senza una nuova legge
elettorale, il governo continuerebbe ad essere sottoposto ai ricatti dei
piccoli partiti e/o delle larghe intese, cioè andrebbe avanti
all’insegna del compromesso sterile, utile solo a mantenere il Paese nello
statu quo. Senza il superamento del bicameralismo perfetto, che passa di
necessità con l’abolizione del Senato o con la sua trasformazione in Senato
non elettivo delle autonomie [Trasformazione auspicata dal PCI subito dopo
la guerra], l'approvazione di ogni legge diventa una scommessa. Prima dei
provvedimenti veri e propri per rilanciare l’economia, c’è dunque bisogno di
mettere le mani, dopo trent’anni di inutili chiacchiere, sulle riforme in
questione.
Per questo scopo, Renzi ha fatto di necessità
virtù cercando il difficile equilibrio, a destra, tra gli alleati del Nuovo
Centrodestra e Forza Italia, a sinistra, con le forze del lavoro e il suo
stesso partito. Ecco perché i veri provvedimenti per rilanciare
l’economia permangono in una situazione di stallo: se caricasse sul piatto della bilancia i pesi voluti dal centrodestra
[misure sul lavoro, abolizione dell’articolo 18, abolizione dell’Irap,
tassazione più leggera per le classi medio-alte, sburocratizzazione ecc…], il
piatto della sinistra schizzerebbe in alto e i primi a piantarlo sulla strada delle riforme della politica sarebbero
i suoi… se viceversa caricasse sulla bilancia i pesi voluti dal
centrosinistra [misure ancora più restrittive sulla circolazione del denaro
cartaceo e sulla corruzione, introduzione del reato di falso in bilancio,
riforma del fisco in senso ancora più progressivo, tetto di stipendi e pensioni
ecc…], salterebbe in alto il piatto del centrodestra con buona pace di riforme
costituzionali, legge elettorale e della stessa attuale alleanza di governo.”
Cosa accade ora, a circa un mese e mezzo di
distanza, da “costringere” Renzi a presentare un emendamento all’art. 4 del
disegno di legge-delega n.1428/2014 [Jobs Act], con il quale si abolisce di
fatto, per i nuovi assunti, la tutela prevista dall’art.18 dello Statuto dei
Lavoratori, semplificando da circa quaranta a tre la tipologia dei contratti di
lavoro e introducendo il cosiddetto
“contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti”? Cosa, in altri termini, spinge
Renzi a modificare un equilibrio sin qui faticosamente raggiunto, al punto
d’infrangere il tabù per eccellenza
della sinistra? La risposta non può essere che una: l’Europa!
Quello che ho definito “l’equilibrio della
bilancia” consentiva a Renzi di mantenere all’interno del Paese una situazione
relativamente tranquilla, anche se di stallo, appena disturbato dalle solite
critiche di “non mantenere le promesse”, per lo più proprio da parte di coloro
che si sono fatti paladini del bicameralismo
perfetto, cioè di una sostanziale paralisi dell’attività legislativa e
perciò del mantenimento dello statu quo,
da sempre caro a lobby e corporazioni. Un equilibrio interno, ma un sostanziale
squilibrio agli occhi di Eurogermania,
in una fase in cui la situazione economica dell’Italia va peggiorando, insieme
alla decrescita produttiva, e proprio nel momento in cui Renzi ha inteso
proporre ai tecnocrati europei, in cambio di riforme strutturali, lo sforamento
del famoso 3% del rapporto PIL- debito pubblico.
Ora la domanda è: il famoso articolo 18 ha davvero la funzione di tutelare il lavoro o è soltanto una
bandiera, forse l’ultima, da sventolare? Difficile rispondere e districarsi fra
le tante analisi di parte. Resta il fatto di dover considerare che in una
realtà in cui il lavoro scarseggia, la domanda sembra non avere più tanta
importanza. Di converso, l’abolizione [forse
temporanea e che riguarderà soltanto i nuovi occupati] di un articolo che
prevede forme di “reintegro”, sconosciute nel resto d’Europa, è davvero la
chiave che può aprire la porta dell’occupazione, favorendo gli investimenti
interni e soprattutto – come sostiene il presidente di Confindustria –
dirottando finalmente investimenti stranieri in Italia?
Solo la pratica esperienza ci dirà che cosa è
vero. Resta il fatto che lo “sbilanciamento” di Renzi sembra aver aperto una
faida all’interno del PD. Personalmente, non credo che lo scenario politico
cambierà, con la caduta del governo e/o con nuovi governi di larghe intese o addirittura con il ricorso alle elezioni, come si
vocifera spesso a sproposito tra gli addetti ai lavori dei media e della carta stampata. Resto comunque dell’idea, come già
dicevo nel post sopra citato, che, sia pure tra maggiori difficoltà e sterili contese,
la situazione politico-economica del Paese permarrà sostanzialmente invariata, almeno
sino alla definitiva approvazione delle riforme costituzionali e della nuova legge
elettorale.
sergio magaldi
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