mercoledì 3 dicembre 2014

MY OLD LADY

My Old Lady, regia di Israel Horovitz, USA-Inghilterra-Francia, Novembre 2014, 107 minuti



 Un film elegante, garbato… francese. Eppure non sono francesi né il regista Israel Horovitz, né i protagonisti: dall’americano Kevin Kline nella parte dello spiantato newyorchese Mathias Gold, giunto a Parigi per prendere possesso dell’eredità paterna, né le inglesi Maggie Smith e Kristin Scott Thomas, efficaci interpreti, rispettivamente, della novantenne Mathilde Girard e di sua figlia Chloé.

 È l’amore che ha sempre nutrito per la ville lumière, a consentire a Israel Horovitz la trasposizione cinematografica di una pièce rappresentata con grande successo al Promenade Theater di New York circa 12 anni fa. È il “salto” da una città virtuale che vive sul palcoscenico ad una città reale, per un’ambientazione niente affatto “da cartolina”, con personaggi per nulla “superficiali e stucchevoli”, come pretende Paolo D’Agostini su la Repubblica.






  Al contrario, la psicologia dei tre protagonisti è a lungo scavata e non ci sono i monumenti celebri dei film più famosi su Parigi, ma solo strade e “lungosenna” [quais] dove passeggiano gli innamorati.  Perché, nonostante l’intreccio si basi sull’eredità “viager” di un grande appartamento nel centro di Parigi – un bene che l’erede potrà acquisire solo con la morte del vecchio proprietario, al quale deve intanto corrispondere un vitalizio mensile –, My Old Lady è innanzi tutto un film d’amore: amore verso una città, amore per chi se ne è sentito privato nell’infanzia e nell’adolescenza, amore romantico tra due spiriti che si riconoscono, anche quando per loro è già iniziato l’autunno della vita e tutto attorno sembra precipitare nel melodramma.

 E su tutta la vicenda, aleggia l’ironia garbata di una signora novantenne [nella splendida interpretazione di Maggie Smith] e la sua, cinica solo in apparenza, filosofia di vita: l’amore, quello vero, quali che siano le sue forme, non è mai sacrificio o rinuncia ma arricchimento e accettazione. Solo un malinteso, solo un’educazione sbagliata può fare apparire come tabù ed egoismo un sentimento autentico tra due persone.

 Un film che tratta la vita per quello che è: una fugace visione della bellezza, un’opportunità altrettanto fugace di amare veramente, senza illusioni e senza precetti. Peccato solo che la critica nostrana non l’abbia saputo apprezzare.

sergio magaldi

      

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