Damian Szifron, Storie Pazzesche [Relatos Salvajes], Argentina, Spagna, 2014, 122 minuti |
Sei episodi in STORIE
PAZZESCHE [Relatos Salvajes] – il
film del regista argentino Damian Szifron, prodotto da Pedro Almodovar [del
grande regista spagnolo si vedano in questo blog, cliccando su ciascun titolo
per leggere: VOLVER - LA PELLE CHE ABITO - PEDRO ALMODOVAR,GLI ABBRACCI SPEZZATI] – per
rappresentare l’ IRA, il terzo per importanza tra i cosiddetti
Sette Vizi Capitali, secondo una gerarchia a suo tempo stabilita dalla Chiesa,
in relazione al maggiore o minore allontanamento da Dio da parte del peccatore.
Com’è noto, in
questa graduatoria, c’è al primo posto la SUPERBIA, seguita da
INVIDIA-IRA-ACCIDIA-AVARIZIA-GOLA e LUSSURIA [SIIAAGL]. In origine, sembra che di
questa speciale classifica facessero parte anche la DEPRESSIONE, intesa come
supremo disprezzo della creazione divina e la VANITA’, confluite poi
rispettivamente nell’ACCIDIA e nella SUPERBIA.
In la palude va c'ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand'è disceso
al piè de le maligne piagge grige.
E io, che di mirare stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,
ignude tutte, con sembiante offeso.
Queste si percotean non pur con mano,
ma con la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co' denti a brano a brano.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l'anime di color cui vinse l'ira; […]
questo tristo ruscel, quand'è disceso
al piè de le maligne piagge grige.
E io, che di mirare stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,
ignude tutte, con sembiante offeso.
Queste si percotean non pur con mano,
ma con la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co' denti a brano a brano.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l'anime di color cui vinse l'ira; […]
[Dante
Alighieri, Inferno, canto VII, vv.
106-116]
Gli iracondi di Dante, nell'illustrazione di Gustavo Doré |
Naturalmente, il richiamo
ai vizi capitali nulla ha a che vedere con la fede e si spiega piuttosto con una
concezione laica che pone l’accento sulle difficoltà della convivenza umana in
una società caratterizzata da un rapporto kafkiano tra potere e cittadini, divenuti
sempre di più sudditi inermi, nevrotici e oppressi. La stessa profanazione
dell’imperativo divino di “onorare il padre e la madre” si iscrive, con buona
dose di sarcasmo che induce lo spettatore al riso, nell’ambito di rapporti
parentali che necessitano del lettino dello psicoanalista.
Il secondo
episodio, Las ratas [“I topi”], pone
una interessante distinzione tra il desiderio di vendetta di una cameriera [Julieta Zylberberg], frenato da
comprensibili motivazioni umane e razionali, e l’esercizio della violenza
inteso come il riscatto sociale di una donna emarginata [con Rita Cortese nella parte della cuoca ex
carcerata].
Il terzo episodio, El mas fuerte [“Il più forte”], è la
rappresentazione dell’IRA nella sua espressione più pura e ci ricorda da vicino la pena riservata agli iracondi che,
nell’Inferno dantesco, si rotolano nel fango, lottando sino al reciproco annientamento
[con Leonardo Sbaraglia nella parte
di Diego Iturralde e Walter Donado in
quella di Mario].
Il quarto episodio,
Bombita [“Bombetta”], con Riccardo Darin nella parte di Simon
Fisher, narra di un ingegnere che maneggia abilmente esplosivi utili ad abbattere
edifici obsoleti e/o pericolanti. L’innata aggressività di Simon, che ritiene
di aver subito una serie di torti, esplode infine in un gesto terroristico che
sa di vendetta privata, ma che subito si trasforma, non senza l’ironia della
sceneggiatura, nel riconoscimento collettivo del gesto eroico compiuto da Simon,
anche da parte della moglie che lo aveva abbandonato.
Il quinto episodio,
La propuesta [“La proposta”],
introduce il corollario minore dell’IRA, la
corruzione, in una vicenda generata da una violenza non voluta, ma determinata dalla condizione esistenziale
del giovane Santiago, rampollo nevrotico di una ricca famiglia [Alan Daicz]. Il tentativo di salvare il
ragazzo da parte di suo padre Mauricio [Oscar
Martinez] e di sua madre Helena [Maria Onetto], con la complicità di veri
e propri avvoltoi, quali un avvocato [Osmar
Nuñez], un funzionario [Diego
Velazquez] e un servitore [German de
Silva], avrà come conseguenza il trionfo dell’ingiustizia e la punizione
del più debole, in un corto circuito esplosivo tra violenza-corruzione-ira e
vendetta.
L’ultimo episodio,
infine, Hasta que la muerte nos separe
[“Fino a che la morte non ci separi”] narra la storia di una coppia durante la
la festa nuziale in un hotel [Erica Rivas
e Diego Gentile, rispettivamente
interpreti di Romina e Ariel]. Nel corso della cerimonia, Romina scopre per caso il tradimento del
marito con una compagna di lavoro e in preda all’ira e alla disperazione, più
per gelosia che per amore, si vendica accoppiandosi con il primo cameriere che
le capita a tiro. A questo punto, la violenza generata dall’ira, dalla gelosia
e dalla vendetta esplode nelle sale del banchetto e sarà solo grazie alla
lussuria se l’ira sarà messa in fuga, assieme ai convitati, esterrefatti da
tanta oscenità.
Un film, quello del
regista argentino [ben visibile la mano di Pedro Almodovar], condotto con
maestria pittorica, capacità di divertire, ritmo e immancabile porzione di
violenza, e che in alcuni momenti strizza volentieri l’occhio al genere Noir.
Insomma, una serie ben congegnata di
racconti che ci trascina nell’arena dei nostri vizi più praticati.
Sergio Magaldi
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