Per amor vostro, regia di Giuseppe Gaudino, Italia-Francia, settembre 2015, 110 minuti |
Tra soap
opera e melodramma, Per amor vostro
racconta la storia di Anna, una “capasciacqua”, come sussurra il canto –
illustrato nel linguaggio iconico della migliore tradizione dei “madonnari” –
che, con l’intento etico e didascalico del cantastorie, regge il filo della
narrazione. Ma capasciacqua, non significa – come si potrebbe pensare – una
testa vuota, è bensì una testa piena d’acqua,
tradita dalle emozioni e dalle illusioni che le impediscono di usare la
mente e di vedere. Accorgersi che la
vita le è scivolata via poco a poco e che per compiacere gli altri e/o per
“necessità e convenienza” è precipitata in un inferno, diventando “na’ cosa ‘e
niente”, non è ancora sufficiente. Perché Anna trasformi la sua consapevolezza
in affrancamento e riscatto occorre un evento drammatico definitivo e del quale non possa più dire a se stessa che è na’
cosa ‘e niente, ma più di tutto ha bisogno di un miracolo, sempre possibile
nella religiosità popolare della città e dell’ambiente in cui vive: una Napoli
colta nel bianco e nero delle sue inquietanti penombre, e solo a tratti, nel
colore denso dei suoi incubi e del suo naturale splendore.
Solo una grande attrice come Valeria Golino poteva
interpretare un ruolo tanto impegnativo che la vede in scena quasi ininterrottamente
e che le consegna, a giusto titolo, la coppa Volpi, quale migliore attrice
della 72.ma Mostra del Cinema di Venezia.
Il film di Giuseppe Gaudino non è
semplicemente una “storia napoletana”, un romanzo popolare dove i protagonisti
mettono a nudo le proprie passioni per darle in pasto ad un pubblico di bocca
buona e ansioso di riflettersi come in uno specchio: una donna educata sin da
bambina per essere una vittima, lacerata più tardi dall’amore per i figli
adolescenti, da un ingiustificato
complesso di colpa verso i genitori, da coraggio e senso della giustizia soffocati
per opportunismo, dall’affetto tradito di un marito prepotente, manesco e
malavitoso [più che realistico Max Gallo
nei panni del marito di Anna], dall’illusione di un amore da fotoromanzo con un
narciso che ha il vizio del gioco [efficace l’interpretazione di Adriano Giannini].
Un linguaggio scarno, uno stile discutibile e
dove gli effetti speciali si integrano raramente, una trama esile, un ritmo
lento, se si escludono le accelerazioni finali, un film forse troppo lungo e
dove, a tratti, c’è anche il rischio di annoiarsi, ma anche e soprattutto un
messaggio lucido e realistico, per contrasto espresso quasi in forma di favola,
che viaggia sulle ali di una grande attrice.
sergio
magaldi
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