Ad
un anno ormai dalla nascita del Movimento Roosevelt, è forse venuto il momento
di chiedersi cos’è stato il movimento sin qui, nelle parole di chi ha tentato
di divulgarne il pensiero e soprattutto nell’azione concreta dei suoi
militanti.
Innanzi tutto la difficile questione del
rapporto tra Movimento Roosevelt e Massoneria. Il rischio che il movimento sia percepito
come “longa manus” di un non meglio precisato apparato massonico è reale. Qualcuno
ha definito tale rapporto con parole suggestive ma per nulla esagerate:
ingombrante come un “elefante”, una “barriera” da rimuovere e così via.
Per la verità, l’impressione è che tale rischio
sia più che altro paventato dai militanti, dal momento che l’opinione pubblica
– intendendo con ciò larghi strati di cittadini sparsi in modo omogeneo sul territorio nazionale e con i quali si riesca a
comunicare non solo attraverso i social network – non sembra ancora essersi misurata con il
problema. E questo, in un certo senso è un bene, perché consente di predisporre
opportune strategie di comunicazione per affermare il diritto del MR ad esistere e
confrontarsi nell’agone politico con gli altri movimenti e partiti politici. E
in questo senso e in un primo tempo non è tanto importante – come acutamente ha
osservato qualcuno tra i militanti – definire le linee programmatiche o comunicare le nostre
politiche, bensì "mostrare la nostra
immagine". Tanto più che già nel nome il movimento si richiama a contenuti
ideologici facilmente riconoscibili, perché attengono alla sfera dei diritti
umani, tanto materiali che esistenziali dell’individuo e della collettività.
Solo in un secondo momento verrà poi la questione di stabilire le priorità [e questo fa ancora parte della
strategia della comunicazione, oltre
che della strategia politica] e, da
ultimo, dirimere in una linea condivisa le molteplici interpretazioni tra diritti reali di tutti e diritti desiderati che tuttavia non
possono pretendere l’universalità.
Ma la netta separazione tra Movimento
Roosevelt e Massoneria deve già avvenire in questa prima fase, altrimenti c’è
davvero il rischio di essere identificati come “massoni” o “paramassoni” e
l’opinione pubblica, come tutti sappiamo, è stata educata, o per meglio dire
“diseducata”, a voltare la faccia dall’altra parte allorché avverte l’odore
della massoneria nella politica. Altro e diverso è il discorso e l’auspicio che
la Massoneria si presenti in futuro davanti all’opinione pubblica in una luce
diversa. Ciò non può e non deve riguardare il Movimento Roosevelt.
È vero, d’altra parte, che il movimento trae
la sua ragion d’essere dalla consapevolezza che “Il mondo moderno e contemporaneo è stato costruito dalla massoneria,
sconfiggendo le antiche aristocrazie ecclesiastiche e del sangue. E oggi i suoi
membri più eminenti ne controllano e gestiscono il funzionamento per finalità
benemerite (democratiche, liberali, libertarie, laiche, ugualitarie e
filantropiche) o esecrabili, come la costituzione di nuove oligarchie dello
spirito e della finanza sovraordinate alla sovranità popolare, che viene
svuotata di sostanza.” [“Massoni…”, Chiarelettere, p.26].
È
chiaro che al Movimento Roosevelt deve interessare solo la prima delle due
interlocuzioni e che anche questa deve essere offerta scevra di sovrastrutture
storiche e ideologiche che ne zavorrino il messaggio, lasciando trasparire nel
linguaggio più semplice ed efficace possibile la voce del movimento, che si
sostanzia nella lotta per l’acquisizione dei diritti fondamentali ancora negati
ai cittadini, quali soprattutto il diritto al lavoro, alla sicurezza, alla
dignità della vita, alla libertà di opinione e di espressione. È altrettanto
chiaro che per questo scopo sono necessarie precise
strategie politiche e che nulla deve essere lasciato all’improvvisazione.
Come pure deve essere trasparente il momento decisionale, preso da pochi, ma
poi condiviso in sede assembleare dalla maggioranza dei militanti o, per
questioni di massima urgenza, sottoposto all’approvazione degli iscritti
attraverso la rete e nella garanzia che la minoranza accetti la regola aurea
della democrazia che impone, all’interno di uno stesso movimento,
l’accettazione, sia pure critica, della volontà della maggior parte. Ma questo
è già il secondo obiettivo dal quale
ne scaturisce un terzo, quello dell’organizzazione capillare. Deve tuttavia
essere chiaro che entrambi questi obiettivi ne presuppongono un primo che, come già detto, è quello
della strategia della comunicazione
ed è altrettanto evidente che sin da questo primo momento deve interrompersi agli
occhi dell’opinione pubblica, se c’è mai stato, il circolo vizioso Movimento
Roosevelt-Massoneria che rischia di creare molteplici fraintendimenti, se
persino chi ha ricoperto in passato la carica di Segretario Generale del MR, in
un recente post del suo blog, si lascia andare a considerazioni quanto meno
inattuali circa il rapporto fecondo tra il messaggio di Cristo e il concetto di
“sovranità popolare” e che, quel che è peggio, vede nella Patristica prima e
nella Scolastica dopo, la fonte di ciò che di buono offre la modernità e che
per contro fa discendere la modernità maligna da una “sapienzialità altra”, con
più che probabile riferimento alla Massoneria genericamente intesa, senza che
neppure gli passi per la testa e per la penna che la società moderna – con le
sue categorie di libertà di pensiero, di espressione e di parola, con le sue
istituzioni liberali e democratiche, ancorché suscettibili di costante
perfezionamento – nasce non già dall’integralismo teologico più o meno
vagheggiato dai dottori della Chiesa, ma per contrapposizione a quello,
attraverso la riforma luterana, le rivoluzioni inglesi, il giusnaturalismo, le
sette leggi noachide – di cui fu portatrice la Massoneria già ben prima della
costituzione delle prime logge londinesi –, l’illuminismo, la rivoluzione
americana, la rivoluzione francese, le tante dichiarazioni sui diritti
intangibili degli esseri umani: pensiero e azioni che videro in prima linea la libera
muratoria, anche grazie al sangue versato da tanti massoni.
In definitiva, l’unico modo per esorcizzare
“l’elefante” mi sembra quello di non montarci sopra, sia pure nell’intento di
far crescere il movimento. Gli spazi politici offerti dall’attualità consentono
ben altre e più agevoli andature. Il Movimento Cinque Stelle ha mai spiegato
alla gente che il termine “cittadini” con cui si chiamano tra loro eletti ed elettori
ha la sua fonte nella rivoluzione francese, sicuramente la più massonica di
tutte le rivoluzioni? Ciò non significa, naturalmente, accodarsi alla politica
di un movimento che ha ormai raggiunto un quarto dell’elettorato. Come pure è
da evitare la leggerezza e la superficialità con la quale alcuni militanti e
diversi cittadini hanno fatto proprie sui social network le considerazioni di
un membro del Direttorio pentastellato, circa l’opportunità di denunciare Renzi
e Napolitano in base all’art.98 del Testo Unico delle leggi elettorali [Titolo
VII: Disposizioni penali] che prevede il carcere per i pubblici ufficiali che
costringano o inducano mediante coercizione gli elettori ad astenersi in
occasione di un referendum. In realtà, il presidente del consiglio e l’ex
presidente della Repubblica si sono limitati ad esprimere l’opinione – giusta o
sbagliata che fosse, secondo il punto di vista – che sarebbe stato preferibile
astenersi su un tale interrogativo, e l’hanno fatto in base a una cattiva legge
che prevede un “quorum” tanto elevato per legittimare un referendum e che di
conseguenza trasforma l’astensione in una vera e propria scelta elettorale,
persino più importante del sì e del no. Premesso che il MR dovrebbe battersi
per l’abolizione del “quorum”, resta la considerazione su certo opportunismo di
un dirigente politico di primo piano che, utilizzando la rete, fa dimenticare
anche ai militanti più attivi e meritevoli, al di là della lettera del
testo in questione, uno dei fondamentali diritti umani: la libertà di
espressione di ogni cittadino [anche se titolare di un importante incarico
pubblico], purché non si traduca in affermazioni diffamatorie e/o offensive,
non può trasformarsi in un reato.
Il Movimento Roosevelt ha una sua specificità
che lo rende diverso dai Cinque Stelle, proprio perché ha la pretesa di
conoscere la storia da cui proviene, in particolare le vicende che vanno
dall’avvento del nazifascismo sino alla Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani che Eleonora Roosevelt fece approvare dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 Dicembre del 1948, all’indomani di una guerra che il
presidente americano Franklin Delano Roosevelt fu costretto a portare in Europa
per fermare il nazismo e la più grande negazione dei diritti umani che la
Storia abbia mai conosciuto in epoca moderna. La forza, la peculiarità e la
lotta del MR devono basarsi sulla consapevolezza che taluni di questi
fondamentali diritti non hanno trovato concreta attuazione in Italia, in Europa
e nel mondo e che una globalizzazione selvaggia rischia di renderli
inapplicabili almeno per i prossimi cinquant’anni.
Non accodarsi, certo, ma ove possibile
percorrere tratti di strada in comune con i Cinque Stelle, così come del resto
con altre forze politiche, su questioni di reciproco interesse, ricordando
tuttavia che almeno uno dei tanti motivi di successo della strategia
pentastellata si deve proprio all’immagine offerta all’opinione pubblica, a
torto o a ragione, di essere un movimento politico diverso da tutti gli altri.
sergio magaldi
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