Così, a meno di clamorosi e improbabili
scenari dell’ultimo momento, il Quirinale liquida definitivamente la
possibilità di un governo Centrodestra-Cinquestelle e c’è da scommettere che
nella prossima settimana Sergio Mattarella riprenderà in proprio le
consultazioni per accertare se non sia invece praticabile una maggioranza
diversa e cioè quella tra i Cinquestelle e il PD. I numeri la rendono possibile
alla Camera con 333 voti [ne occorrono almeno 316 sul totale di 630], più
problematica al Senato dove la maggioranza è di 160 voti sul totale di 318 e
M5S e PD ne dispongono insieme di 161, anche se con i 4 voti di LEU salirebbero
a 165.
In un precedente post [LEADER, REGISTI E FANTASMI, clicca sopra per leggere tutto] non a caso scrivevo: Nella
prospettiva dei veti incrociati e dei personalismi non sarà che i fantasmi,
opportunamente evocati dalla sapienza del Colle, tornino alla fine
improvvisamente visibili, memori di avere nel proprio DNA una vocazione al
governo più che all’opposizione?
Naturalmente,
l’ipotesi molto dipende dalla cosiddetta moral
suasion che il Colle riuscirà ad esercitare su quella parte del PD che non
si è ancora arresa all’idea di un’alleanza con i Cinquestelle. Facendo leva
sulla necessità di dare al più presto un governo al Paese, il Presidente
potrebbe fare appello allo “spirito di servizio” dei suoi ex compagni ed amici
di partito e in particolare a quello di Matteo Renzi che a quanto pare mantiene
il controllo dei gruppi parlamentari. Si dice che il neo senatore fiorentino
potrebbe convincersi a patto che Di Maio rinunci alla leadership. In questo
caso, dubito però che il leader pentastellato accetterebbe. Resta già abbastanza
difficile comprendere come Di Maio, praticamente certo di guidare un governo
Centrodestra-Cinquestelle, della maggioranza del 70% degli elettori, in cambio
di 2 o 3 ministri incensurati di Forza Italia, possa preferire di governare con
PD e LEU con una maggioranza esigua e con soggetti continuamente in rotta fra
di loro, dovendo per di più rinunciare alla guida del governo. Se Di Maio si
inoltra per la strada impervia della maggioranza con i partiti della cosiddetta
sinistra, qualche assicurazione accompagnata dalla suddetta moral suasion deve averla ricevuta
dall’alto.
Quanto al programma di
governo [che paradossalmente non ha mai costituito un vero impedimento] non ci
dovrebbero essere problemi. Come ho già scritto nel post “Il Re Sole: Luigi XIV e Luigi Di Maio” [clicca sopra per leggere tutto], il Movimento Cinque Stelle “Con il Pd e con Leu potrebbe infatti
concordare: 1) Lo ius soli [che
piace a Fico, presidente della Camera dei deputati e ad una parte dei militanti
pentastellati e che è nel programma del Pd e di Leu], 2) Il reddito di inclusione dei cittadini,
un ibrido cioè tra il reddito di inclusione del Pd e il reddito di cittadinanza
del M5S, ricorrendo per finanziarlo alla reintroduzione dell’IMU sulla prima
casa [cara a Leu, ma anche al Fatto
Quotidiano di Travaglio che dell’accordo M5S-Pd-Leu è uno degli
autorevoli sostenitori], l’introduzione di una patrimoniale “una tantum”, una
“sforbiciata”alle pensioni di reversibilità, il ricalcolo dei vitalizi degli ex
parlamentari, esteso alle pensioni di tutti i cittadini oltre una certa soglia
e ridefinito con il metodo contributivo, la soppressione di tutte i bonus
alternativi al predetto reddito di inclusione dei cittadini, 3)Una velata riforma dei centri per l’impiego,
funzionale al punto precedente, 4)Una
minirevisione della legge Fornero, 5)Una miniriforma del Jobs Act, 6)Un aggiustamento della riforma della cosiddetta buona scuola che
lo stesso Renzi ha giudicato necessario, 7)Una politica per l’immigrazione sulla scia della svolta data dal ministro
Minniti e che ha ricevuto l’apprezzamento di Di Maio, 8) Misure contro la corruzione e il conflitto
di interesse. Come si vede, c’è n’è d’avanzo per un contratto di legislatura e forse
anche più”.
sergio magaldi
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