sabato 6 ottobre 2018

DALLA FLAT TAX ALL'AUMENTO DELLE TASSE: FAKE NEWS?







  Da ieri è voce ricorrente sui media che il governo M5S – LEGA, per far fronte alle spese previste in bilancio per le riforme [reddito di cittadinanza, riforma legge Fornero, riduzione aliquote fiscali per imprese e partite IVA etc…], tra le altre misure [DEF al 2,4 – pace fiscale etc…] avrebbe in programma l’aumento dell’acconto IRPEF. Leggendo la notizia sui giornali e ascoltandola ai telegiornali, ho subito pensato all’ennesimo attacco contro il governo gialloverde, attacco che da mesi sembra diventato lo sport preferito non solo e non tanto delle opposizioni [ciò che è del tutto naturale] ma della maggior parte degli organi di informazione del nostro Paese, opportunamente affiancati dai notabili di Eurogermania.

 A dirla tutta, a me la notizia sembra incredibile. Non solo perché dalla promessa elettorale della Flat Tax o quantomeno dalla auspicabile riduzione delle aliquote fiscali si passerebbe ad un vero e proprio aumento delle medesime, quanto perché l’ultimo aumento dell’acconto IRPEF si ebbe nel 2013 con il governo delle larghe intese di Enrico Letta [28 aprile 2013-22 febbraio 2014] che comprendeva 8 ministri del PD, 4 del PDL oltre a 3 ministri  indipendenti e 1 ministro ciascuno di Scelta Civica, Popolari per l’Italia, Unione di Centro, Radicali Italiani.

 Ministro dell’Economia era allora Fabrizio Sarcomanni e con l’art. 11 DL n.76/2013, si decise di portare l’acconto IRPEF dal 99 al 100% e l’acconto IRES dal 100 al 101%. Misure ritenute utili a far scendere lo spread che allora come oggi era attorno a quota 300. Una misura dunque, l’aumento dell’acconto IRPEF, che i governi di centrosinistra e di centrodestra hanno cavalcato nel tempo, portandolo poco a poco sino a quello che si riteneva il massimo, cioè il 100%. E invece - secondo quella che auspico sia soltanto una fake news - l’acconto IRPEF continuerebbe ad aumentare, di quanto? Dal 100 al 101% o addirittura al 102%? Ricordo per tutti che l’acconto Irpef è quello che si paga sul futuro reddito tra luglio [40%] e novembre [60%]. Perciò, il contribuente con un reddito lordo annuale di 28.000 Euro [corrispondenti a 1618 Euro mensili netti x 13 mensilità] verserebbe nel giro di un anno, tra acconto e saldo per il 2018, 6960 Euro, mentre tra luglio e novembre 2019 verserebbe 7030 Euro [aumento acconto al 101%] o 7099 [aumento acconto al 102%]. Naturalmente, in forza dell’aliquota progressiva, il contribuente con reddito di 55.000 Euro [corrispondenti a 2906 Euro mensili netti x 13 mensilità] verserebbe di più: tra acconto e saldo per il 2018, 17220 Euro, e tra luglio e novembre 2019, con l’aumento dell’acconto  al 101%, 17392 Euro e, con l’aumento dell’acconto al 102%, 17564 Euro.

 D’altra parte, se “la voce” riguardasse unicamente la ripartizione dell’acconto tra luglio e novembre 2019 e cioè non più rispettivamente il 40 e il 60%, ma, per esempio il 50 e 50%, il governo otterrebbe solo un vantaggio per l'’immediato, ma incasserebbe meno a fine anno. Insomma, sarebbe una misura inutile e - si direbbe - destinata ad avere più soldi per mantenere alcune promesse elettorali, prima delle prossime elezioni europee di fine maggio 2019.  

 L’auspicio è che il governo voluto dalla maggioranza degli italiani con il voto del 4 marzo si affretti a smentire queste voci, non solo nel rispetto degli elettori, ma anche ad evitare già dai prossimi mesi una notevole contrazione dei consumi che porterebbe quasi certamente ad una decrescita del PIL.

sergio magaldi

Nessun commento:

Posta un commento