A dirla tutta, a me
la notizia sembra incredibile. Non solo perché dalla promessa elettorale della
Flat Tax o quantomeno dalla auspicabile riduzione delle aliquote fiscali si
passerebbe ad un vero e proprio aumento delle medesime, quanto perché l’ultimo
aumento dell’acconto IRPEF si ebbe nel 2013 con il governo delle larghe intese di Enrico Letta [28 aprile 2013-22
febbraio 2014] che comprendeva 8 ministri del PD, 4 del PDL oltre a 3
ministri indipendenti e 1 ministro
ciascuno di Scelta Civica, Popolari per l’Italia, Unione di Centro, Radicali
Italiani.
Ministro
dell’Economia era allora Fabrizio Sarcomanni e con l’art. 11 DL n.76/2013, si decise di
portare l’acconto IRPEF dal 99 al 100% e l’acconto IRES dal 100 al 101%. Misure
ritenute utili a far scendere lo spread
che allora come oggi era attorno a quota 300. Una misura dunque, l’aumento
dell’acconto IRPEF, che i governi di centrosinistra e di centrodestra hanno
cavalcato nel tempo, portandolo poco a poco sino a quello che si riteneva il massimo,
cioè il 100%. E invece - secondo quella che auspico sia soltanto una fake news
- l’acconto IRPEF continuerebbe ad aumentare, di quanto? Dal 100 al 101% o
addirittura al 102%? Ricordo per tutti che l’acconto Irpef è quello che si paga
sul futuro reddito tra luglio [40%] e novembre [60%]. Perciò, il contribuente
con un reddito lordo annuale di 28.000 Euro [corrispondenti a 1618 Euro mensili
netti x 13 mensilità] verserebbe nel giro di un anno, tra acconto e saldo per il 2018, 6960 Euro,
mentre tra luglio e novembre 2019 verserebbe 7030 Euro [aumento acconto al
101%] o 7099 [aumento acconto al 102%]. Naturalmente, in forza dell’aliquota
progressiva, il contribuente con reddito di 55.000 Euro [corrispondenti a 2906
Euro mensili netti x 13 mensilità] verserebbe di più: tra acconto e saldo per
il 2018, 17220 Euro, e tra luglio e novembre 2019, con l’aumento
dell’acconto al 101%, 17392 Euro e, con
l’aumento dell’acconto al 102%, 17564 Euro.
D’altra parte, se
“la voce” riguardasse unicamente la ripartizione dell’acconto tra luglio e novembre 2019 e
cioè non più rispettivamente il 40 e il 60%, ma, per esempio il 50 e 50%, il
governo otterrebbe solo un vantaggio per l'’immediato, ma incasserebbe meno a
fine anno. Insomma, sarebbe una misura inutile e - si direbbe - destinata ad avere
più soldi per mantenere alcune promesse elettorali, prima delle prossime
elezioni europee di fine maggio 2019.
L’auspicio è che il
governo voluto dalla maggioranza degli italiani con il voto del 4 marzo si
affretti a smentire queste voci, non solo nel rispetto degli elettori, ma anche
ad evitare già dai prossimi mesi una notevole contrazione dei consumi che
porterebbe quasi certamente ad una decrescita del PIL.
sergio magaldi
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