Pubblico in tre parti questo interessante post di Fulvio Canetti che invita un
ipotetico amico cristiano a ripensare
in una chiave nuova e diversa la figura di Giuda Iscariota, anche nella
prospettiva di soffermarsi finalmente su Gesù ebreo.
Da
tempo, Canetti nei suoi scritti si rivolge ai cristiani nel tentativo di
demolire l’accusa di cosiddetto deicidio imputata agli ebrei, accusa che, nel
corso della storia, ha prodotto non pochi danni al popolo ebraico. In tale
contesto, egli non risparmia le sue critiche contro gli allora sacerdoti del
Tempio di Gerusalemme.
Di
seguito le copertine di alcuni libri pubblicati dall’autore.
in riferimento al libro '' Amare
Israele'', che tu forse hai avuto modo di leggere, voglio dirti, che un
dialogo a senso unico è inutile da ambo le parti. Per questo, metto subito le
mani avanti. Un ''Gesù'' legato ai dogmi
cristiani, non mi interessa, voglio dialogare con te su un Gesù ebreo,
che parlava ad altri ebrei, nel predicare
il regno di D-o, promesso dalle Scritture.
Gesù aveva dissapori, sia con l'aristocrazia
del Tempio (Sadducei) collaborazionista con Roma, sia con la setta dei Farisei,
come si evince dalla narrazione evangelica. Nessuna critica invece viene
rivolta alla setta degli ebrei''zeloti'', che combattevano l'occupazione
romana della Giudea. Luca, (6,16)
riferisce che tra gli apostoli di Gesù vi era anche uno zelota chiamato Simone
il ''cananeo'', cosa questa, che gli
altri evangelisti nascondono e ne spiegherò in seguito le ragioni. È da notare
che la predicazione di Gesù, si svolse
in Galilea, terra di rivolte contro
Roma, capeggiate da Giuda il Galileo, crocefisso dai romani dopo la
presa di Zippori, roccaforte dove questi si era rifugiato. Con molta
probabilità, Gesù durante la sua
gioventù avrà avuto contatti con gli zeloti, fino a diventarne un
simpatizzante e forse anche un capo
carismatico. I Vangeli sinottici sono
privi di notizie sulla formazione politica-religiosa di Gesù, per cui è
possibile ritenere che questa sia avvenuta proprio negli ambienti dei zeloti,
che avevano una profonda conoscenza della Tradizione ebraica (Torah). Il
fatto che sia i Sinottici che gli Atti,
tacciano riguardo ai zeloti, aumenta il sospetto di voler
nascondere le simpatie di Gesù per questa setta, che combatteva per liberare il popolo ebraico dalla oppressione
di Roma nella Giudea.
Gli
zeloti si rifiutavano di dare il ''tributo
a Cesare'', essendo la Terra
d'Israele proprietà del Signore, e
questa loro scelta creò anche una rottura
con il clero del Tempio di Gerusalemme, che usava le decime offerte
dalla popolazione per foraggiare l'occupazione romana. Su questo punto del
tributo, gli zeloti erano ''irremovibili'', per cui la nota espressione
attribuita a Gesù'' date a Cesare quello che è di Cesare'' è stata
riportata, per presentarlo come un pacifista pro-romano, amico di Cesare.
Nel Vangelo di Matteo invece è scritto:
''Non crediate che sia venuto a portare la pace sulla terra, ma la spada''. (Mt
10,34) E quando gli Apostoli gli dicono:''Signore ecco due spade'', Gesù
risponde: ''Sono sufficienti'' (Lc 22,36). Un pacifista non parlerebbe in
questo modo!
Il
pacifismo era sconosciuto agli zeloti, biasimati per la loro intransigenza
verso Roma dallo stesso Giuseppe Flavio durante l'occupazione di Gerusalemme.
Ora bisogna chiedersi:'' Per quali ragioni Gesù lasciò la Galilea per recarsi a
Gerusalemme in occasione della Pasqua ebraica?'' I vangeli sinottici non danno
alcuna spiegazione. Gesù sembra apparire sulla scena di questa città, come per
magia, in compagnia degli Apostoli, intento a sfidare il potere di Roma e dei
Sacerdoti. Può sembrare un'armata ''Brancaleone'' in movimento dalla
Galilea, senza un piano preciso, ma in realtà il progetto esisteva, il cui
architetto era Giuda Iscariota, che spinse Gesù ad entrare nella città santa,
acclamato Re Messiah dalla popolazione ebraica.
Il
nome Giuda Iscariota potrebbe essere
la trascrizione ''aramaica'' di sicarios cioè colui che tiene in mano un pugnale (sica),
quindi uno zelota combattente. Questa piccola comunità di anime in movimento,
presentava però delle diversità. Tra i dodici Apostoli reclutati in Galilea e
il personaggio di Giuda originario di Kariot, sembrava mancasse omogeneità. In
realtà, il legame tra di loro esisteva e
consisteva nella causa comune per cui il movimento zelota combatteva. Giuda, il
tesoriere del gruppo, era l'apostolo che aveva una confidenza totale con il
Maestro. La scelta di Gesù di avere due apostoli zeloti, Simone e Giuda, che, insieme a Pietro Bar Jona,
erano le colonne di questo movimento
nazionalista, non era casuale. E' dunque
nella resistenza dei zeloti, la chiave
per trovare una spiegazione storica più soddisfacente, su quanto
accaduto alla vigilia della Pasqua
ebraica, ai tempi del governatore romano Ponzio Pilato. Gesù venne arrestato
nel Gat Shemani, dopo il tradimento di Giuda e condotto nella casa privata del
Gran Sacerdote per essere interrogato.
Voglio
dirti, caro amico, che Giuda è stato un ''traditore fedele''. Il verbo
usato nei Vangeli sinottici riguardo al
tradimento è ''paradidonai'' che ha anche il significato di ''consegnare,
far conoscere, trasmettere'', in questo caso ai sacerdoti, un Gesù Re
Messiah. Il presunto tradimento di Giuda,
era in realtà una consegna, voluta dallo stesso Gesù, per mettere
l'aristocrazia del Tempio di fronte alle sue responsabilità nella ''scelta'' tra la giustizia Divina e la
loro collusione con i pagani di Roma. Difatti alla domanda di Giuda chi
fosse il traditore, Gesù risponde:
''Colui che intinge la mano nel mio piatto''.
(Mt 26,4)
Giuda
aveva il privilegio di mangiare nello stesso piatto di Gesù ed era l'unico
degli Apostoli a chiamarlo Maestro (Rabbi). Se tutti sapevano del tradimento, perché mai gli Apostoli
presenti rimasero passivi? Da Luca sappiamo che erano persino armati e
avrebbero potuto reagire. Doveva esserci un accordo. Giuda infatti si allontana
indisturbato dall'ultima cena e ritorna nel Gat Shemàni con gli sbirri per far
arrestare Gesù. Un traditore agisce nell'ombra e di certo non si sarebbe
presentato alla testa di una folla, armata di spade per arrestare un '' solo''
uomo. Il presunto tradimento fu invece
un atto di obbedienza, non un vile atto delatorio, compiuto per motivi veniali (trenta
denari).
[S E G U E]
Fulvio Canetti
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