domenica 30 ottobre 2022

GIORGIA MELONI E LE BUONE INTENZIONI...


 

 Qualche sera fa, a Otto e Mezzo, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, in merito alle dichiarazioni programmatiche di Giorgia Meloni, faceva un’osservazione, scontata finché si vuole ma pur sempre vera: un conto sono le parole, un altro sono i fatti…

Come a voler dire che il cammino del nuovo governo, almeno a parole, può anche essere lastricato di buone intenzioni, ma che poi bisogna vedere cosa farà realmente.

È così? Le proposte di Giorgia Meloni sono davvero “buone”? Vediamo:

 

1)    Riforma costituzionale e in particolare introduzione del presidenzialismo o magari del semipresidenzialismo alla francese. Un bene per il Paese o, come preferisce dire la Meloni, per la Nazione? Resta da vedere quali siano queste riforme, quanto al semipresidenzialismo alla francese - basato sull’elezione a doppio turno del Presidente della Repubblica e su un Primo Ministro da questi nominato in base alla maggioranza parlamentare - occorre segnalare tre aspetti: il primo denota l’altruismo (o l’ingenuità) della Meloni che non può ignorare che l’elezione a doppio turno del Presidente (solo in apparenza simile a quella di un sindaco) favorisce il candidato di centro escludendo, come peraltro è sempre avvenuto in Francia e non solo, i candidati alternativi di destra e di sinistra. Il secondo aspetto parla di una diarchia dell’esecutivo inutile quando non è pericolosa. Inutile, se il Primo Ministro è espressione della stessa maggioranza che ha portato all’elezione del Presidente della Repubblica (quanti sanno che dal 16 maggio di quest’anno Presidente del Consiglio francese o Primo Ministro è Elisabeth Borne, dello stesso partito di Macron? E non è la prima volta di una donna in questa carica, come in Italia, anche se sono ormai passati 31 anni dall’ultima volta). Pericolosa, quando la maggioranza parlamentare sia diversa da quella che ha portato all’elezione del Presidente. Il terzo aspetto riguarda in particolare l’esperienza italiana. I padri costituenti vollero evitare il pericolo dell’uomo solo al comando per effetto di plebisciti e per questo dettero la preferenza alla Repubblica Parlamentare.

2)    Autonomia differenziata, sempre tuttavia coniugata con elementi di “sussidiarietà e di solidarietà”. Un riconoscimento alle esigenze della Lega, certamente, ma che poco si concilia con il tradizionale “spirito nazionale” di Fratelli d’Italia: diversi elettori consultati sul perché della loro appartenenza al partito hanno dato la stessa risposta: “siamo patrioti”. Il che rende difficile e pericolosamente divisiva, già nelle intenzioni, la sua reale applicazione.

3)    Sovranità alimentare, natalità, e merito. I titoli aggiunti ai nomi di alcuni ministeri. Se il significato di sovranità alimentare è nella difesa del “made in Italy”, più che di una buona intenzione, mi sembra trattarsi  di un diritto-dovere del governo italiano che però deve fare i conti con le delibere dell’Unione Europea. Come pure, se l’incremento della natalità è un auspicio, non possiamo che prenderne atto positivamente, ma se diventa uno strumento per elargire bonus, come nel cosiddetto “ventennio”, non mi sembra un’idea geniale. Quanto al merito, aggiunto alla denominazione del Ministero della Pubblica Istruzione, ne andava più che mai chiarito il senso, onde evitare l’inutile “piagnucolio” dell’opposizione (con l’eccezione di Renzi).

4)    Reddito di cittadinanza. Qui è guerra aperta con il Movimento Cinquestelle che ne ha fatto uno strumento di “rinascita elettorale”. Una buona intenzione la sua soppressione e/o riforma? Dipende, ma se il governo tirerà troppo la corda, lo scontro sociale potrebbe farsi incontrollato.

5)    Riforma fiscale, Flat Tax da 65.000 a 100.000 Euro sulle partite IVA e Flat Tax incrementale. Premesso che la revisione delle aliquote IRPEF attende ancora di veder realizzate le promesse dei governi Berlusconi e di quelli di centrosinistra, il PNRR pone la riforma fiscale come una delle condizioni per accedere al credito europeo. Riforma che non può esaurirsi nell’individuazione del “Quoziente familiare” e nella Flat Tax più o meno incrementata che porta alla solita discriminazione, tramite bonus, dei cittadini. Senza la revisione delle aliquote IRPEF per tutti non c’è riforma fiscale ma il solito clientelismo. Nulla la Meloni ha detto su questo.

6)    Bollette luce e gas. Si è solo appreso che il governo interverrà per alleggerire il carico di imprese e famiglie. Sul come, neanche una parola. Chiaro invece il discorso che per tutte le altre misure a vantaggio dei cittadini (o di loro corporazioni) si dovranno attendere tempi migliori.

7)    Blocco partenza dei barconi di migranti dal Nord Africa. Più che valutare se si tratti di una buona o cattiva idea, mi sembra di poter dire che è un’utopia.

8)    Covid. Poche parole per dire che non ha condiviso la politica del governo precedente. Sarebbe stato auspicabile l’annuncio della soppressione delle multe per i non-vaccinati.

9)    Lotta alla criminalità organizzata. E qui bisogna riconoscere alla Meloni molta determinazione, naturalmente però neppure un accenno sul come renderla effettiva.

10)Legalità e certezza della pena. Detta così può sembrare persino una buona idea, purché non si risolva in “accanimento giudiziario”.

11)Fascismo. La Meloni si limita a dire di non avere simpatia per i totalitarismi e dunque anche per il fascismo. Nulla dice sul fascismo mussoliniano ma, come ebbe ad esprimersi in altre occasioni, c’è da ritenere che lo “consegni alla Storia”, il che poi, a prima vista, non significa molto, almeno che non nasconda il detto adusato e inquietante che “la Storia la scrivono i vincitori”. Insomma, nulla di troppo distante da quanto ha sostenuto Ignazio Benito La Russa, nel discorso di insediamento come Presidente del Senato: evolversi, senza tradire e senza ripudiare. Sincera, per contro, appare la sua condanna delle Leggi Razziali (o “razziste” come ebbe a dire giustamente la senatrice Liliana Segre in apertura dei lavori parlamentari).

12)Antifascismo.  Il termine le esce di bocca una sola volta per ricordare chi facendosene scudo colpiva con la chiave inglese gli avversari! Neppure una parola sulla Resistenza. Il che, tuttavia, non deve sorprendere. Pretendere che Fratelli d’Italia sconfessi apertamente le proprie origini mi sembra eccessivo e anche un po’ ipocrita. Il partito viene dal Movimento Sociale Italiano (di cui conserva nel simbolo la fiamma tricolore) fondato nel 1946 da militanti e dirigenti della Repubblica Sociale Italiana e nonostante la Costituzione Italiana si proclami antifascista non fu mai messo al bando, probabilmente per ragioni di convenienza di altri partiti politici, sinistra compresa. Detto ciò, appare oggi pretestuoso pretendere da Fratelli d’Italia condanne postume eccessive, tanto più che la maggioranza dei cittadini italiani votanti (chi non ha votato, oggi non può recriminare e del resto la percentuale di votanti in Italia è in linea con le percentuali di tutte le democrazie occidentali) ha dato il primato proprio agli eredi del Movimento Sociale: a) o non conoscendone le origini b) o non ritenendole influenti c) o manifestando nostalgia del lontano passato. Dal suo punto di vista, dunque, Fratelli d’Italia fa bene a lasciare nel proprio simbolo la fiamma tricolore.

 

Tutto ciò premesso, non mi pare si possa dire che le intenzioni programmatiche di Giorgia Meloni siano buone in sé, prescindendo poi dal fatto che siano realizzate o meno. In realtà, non sono né buone né cattive, possono cioè piacere ad alcuni e dispiacere ad altri, tutto qui. Quel che mi sembra di poter dire è che, almeno per ora, sono in linea con l’Establishment, così come lo erano quando governavano il PD e i Cinquestelle. L’unico vero argomento in favore della Meloni, tuttavia, mi sembra il suo essere donna, la sua determinazione, la sincerità del suo impegno e il suo dichiarato pragmatismo. Se da ciò ne trarranno vantaggio gli italiani e non solo l’astratto “prestigio della Nazione”, non potremo che gioirne tutti.

 

sergio magaldi


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