giovedì 8 marzo 2012

"IL PRESIDENTE DEI RICCHI" E IL GOVERNO DEI RICCHI PER I RICCHI





 È di queste ore la notizia che il presidente francese Sarkozy proporrà una tassa sui profitti aziendali, per non passare come “Il presidente dei ricchi” e nel tentativo di essere rieletto.

 Cosa fa invece Monti per evitare che il suo sia sempre più il governo dei ricchi per i ricchi? Esercitando un potere che non potrà essere sottoposto a sanzione dagli elettori, il presidente del consiglio non si preoccupa di introdurre “misure demagogiche”. Del resto la maggior parte degli italiani continua ad amarlo, se è vero che riscuote ancora il consenso di oltre il 50% della popolazione. Tanto deve essere il risentimento accumulato dai cittadini contro i partiti politici oppure “il mito di Cincinnato” ed altre ragioni sono altrettanto forti negli italiani [come scrivevo in un precedente Post di questo Blog: IL PARADOSSO MONTI del 12 Febbraio u.s. ].

 Così, mentre il presidente Sarkozy si accinge a tassare i ricchi per trovare risorse in favore dei comuni cittadini, e naturalmente avere il loro voto, cosa esce dal cappello a cilindro del governo più ricco che la Repubblica Italiana abbia mai avuto nella sua breve storia? Si dirà che, se non altro, di questo governo si conoscono i redditi dichiarati dai suoi componenti: complessivamente decine e decine di milioni di euro di reddito annuo. È vero. Ed è vero quanto sostiene una “ministra”di questo governo: “Essere ricchi non è un reato, reato è non pagare le tasse!”.

 Sarebbe però interessante sapere se non sia reato tassare ulteriormente i redditi di poco più di mille euro al mese, come è avvenuto in Italia, o tagliare del 30% stipendi e pensioni dei lavoratori, come è avvenuto in Grecia, nei due paesi che non a caso vantano la più grande evasione fiscale e la più grande corruzione del mondo occidentale e nello stesso tempo i salari più bassi. Sarebbe anche interessante sapere se non è reato, oltre che non pagare le tasse, evitare accuratamente d’introdurre gli strumenti utili a farle pagare, evitando inutili spettacolarizzazioni nel perseguire i presunti evasori.  Sarebbe altresì interessante chiedere agli esponenti di questa sinistra in salsa democristiana [Non a caso Jean Paul Sartre diceva che in Italia tutto era democristiano, profetizzando che presto o tardi anche il PCI, di cui pure aveva grande rispetto, sarebbe diventato democristiano], che ne sia del mantra, da loro continuamente riproposto sulla stampa e nei talk-show: essere i costi della politica necessari ad evitare che solo i ricchi possano farla. Norma “sublime”, sulla quale riflettere soprattutto quando sulle seggiole di governo del Paese siedono ricchi tecnocrati in vena di tagli e di tasse su redditi annui pari alla somma che mediamente loro percepiscono in un paio di giorni.

 Ebbene, cosa esce in questi giorni dal cappello a cilindro di questo governo che non dovrà rendere conto agli elettori del proprio operato, a differenza di quanto è costretto a fare Sarkozy?

 Dal cosiddetto decreto sulle liberalizzazioni, in un gioco delle parti con la casta della politica, escono persino le timide misure che erano state proposte per gli ordini professionali: gli avvocati non hanno più l’obbligo di presentare preventivi di spesa ai clienti che ne facciano richiesta. Il numero effettivo dell’aumento di notai e farmacisti resta un’incognita affidata alla buona volontà non si sa bene di chi. Le licenze dei taxi tornano di competenza dei sindaci.

 Intanto, tra i provvedimenti presi per il “bene” dei comuni cittadini, vengono nuovamente aumentate sigarette e benzina, ma gli italiani potranno fumare di più perché troveranno le sigarette quasi ovunque. L’IVA è confermata al 23% dal mese di Ottobre e saltano le assunzioni dei precari nella scuola. A Marzo scattano le addizionali regionali e comunali. In aumento anche la cosiddetta Tarsu o imposta sui rifiuti, rifiuti sempre più riciclati nelle nostre città da extra-comunitari che continuano a prelevarli dai cassonetti senza che nessuno pubblica autorità intervenga. Tutto ciò mentre il tetto previsto sugli stipendi dei dirigenti pubblici viene abbattuto.

 Si sente dire in giro che i tagli apportati al tanto sbandierato provvedimento sulle liberalizzazioni, che avrebbe dovuto favorire “crescita e sviluppo” del Paese, dipenda in gran parte dai partiti politici, così sempre pronti a favorire lobby e corporazioni che al loro interno ne costituiscono la maggioranza. Ammesso che sia vero, i cittadini sapranno come comportarsi nelle prossime elezioni, seguendo magari le orme degli abitanti di quel comune descritto da José Saramago, premio Nobel per la letteratura, in un famoso romanzo del 2004, riproposto alcuni mesi fa da Feltrinelli per l’Universale Economica e che mi riprometto di recensire nei prossimi giorni.


sergio magaldi


  



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