È di queste ore la notizia che
il presidente francese Sarkozy proporrà una tassa sui profitti aziendali, per
non passare come “Il presidente dei ricchi” e nel tentativo di essere rieletto.
Cosa fa invece Monti per evitare che il suo
sia sempre più il governo dei ricchi per i ricchi? Esercitando un potere che
non potrà essere sottoposto a sanzione dagli elettori, il presidente del
consiglio non si preoccupa di introdurre “misure demagogiche”. Del resto la
maggior parte degli italiani continua ad amarlo, se è vero che riscuote ancora
il consenso di oltre il 50% della popolazione. Tanto deve essere il
risentimento accumulato dai cittadini contro i partiti politici oppure “il mito
di Cincinnato” ed altre ragioni sono altrettanto forti negli italiani [come
scrivevo in un precedente Post di questo Blog: IL PARADOSSO MONTI del 12
Febbraio u.s. ].
Così, mentre il presidente Sarkozy si accinge
a tassare i ricchi per trovare risorse in favore dei comuni cittadini, e
naturalmente avere il loro voto, cosa esce dal cappello a cilindro del governo
più ricco che la Repubblica Italiana abbia mai avuto nella sua breve storia? Si
dirà che, se non altro, di questo governo si conoscono i redditi dichiarati dai
suoi componenti: complessivamente decine e decine di milioni di euro di reddito
annuo. È vero. Ed è vero quanto sostiene una “ministra”di questo governo:
“Essere ricchi non è un reato, reato è non pagare le tasse!”.
Sarebbe però interessante sapere se non sia
reato tassare ulteriormente i redditi di poco più di mille euro al mese, come è
avvenuto in Italia, o tagliare del 30% stipendi e pensioni dei lavoratori, come
è avvenuto in Grecia, nei due paesi che non a caso vantano la più grande evasione
fiscale e la più grande corruzione del mondo occidentale e nello stesso tempo i
salari più bassi. Sarebbe anche interessante sapere se non è reato, oltre che
non pagare le tasse, evitare accuratamente d’introdurre gli strumenti utili a
farle pagare, evitando inutili spettacolarizzazioni nel perseguire i presunti
evasori. Sarebbe altresì interessante
chiedere agli esponenti di questa sinistra in salsa democristiana [Non a caso
Jean Paul Sartre diceva che in Italia tutto era democristiano, profetizzando che
presto o tardi anche il PCI, di cui pure aveva grande rispetto, sarebbe
diventato democristiano], che ne sia del mantra, da loro continuamente
riproposto sulla stampa e nei talk-show: essere i costi della politica
necessari ad evitare che solo i ricchi possano farla. Norma “sublime”,
sulla quale riflettere soprattutto quando sulle seggiole di governo del Paese
siedono ricchi tecnocrati in vena di tagli e di tasse su redditi annui pari
alla somma che mediamente loro percepiscono in un paio di giorni.
Ebbene, cosa esce in questi giorni dal
cappello a cilindro di questo governo che non dovrà rendere conto agli elettori
del proprio operato, a differenza di quanto è costretto a fare Sarkozy?
Dal cosiddetto decreto sulle
liberalizzazioni, in un gioco delle parti con la casta della politica, escono
persino le timide misure che erano state proposte per
gli ordini professionali: gli avvocati non hanno più l’obbligo di presentare
preventivi di spesa ai clienti che ne facciano richiesta. Il numero effettivo
dell’aumento di notai e farmacisti resta un’incognita affidata alla buona
volontà non si sa bene di chi. Le licenze dei taxi tornano di competenza dei
sindaci.
Intanto, tra i provvedimenti presi per il
“bene” dei comuni cittadini, vengono nuovamente aumentate sigarette e benzina,
ma gli italiani potranno fumare di più perché troveranno le sigarette quasi
ovunque. L’IVA è confermata al 23% dal mese di Ottobre e saltano le assunzioni
dei precari nella scuola. A Marzo scattano le addizionali regionali e comunali.
In aumento anche la cosiddetta Tarsu o imposta sui rifiuti, rifiuti sempre più
riciclati nelle nostre città da extra-comunitari che continuano a prelevarli
dai cassonetti senza che nessuno pubblica autorità intervenga. Tutto ciò mentre
il tetto previsto sugli stipendi dei dirigenti pubblici viene abbattuto.
Si sente dire in giro che i tagli apportati
al tanto sbandierato provvedimento sulle liberalizzazioni, che avrebbe dovuto
favorire “crescita e sviluppo” del Paese, dipenda in gran parte dai partiti politici,
così sempre pronti a favorire lobby e corporazioni che al loro
interno ne costituiscono la maggioranza. Ammesso che sia vero, i cittadini
sapranno come comportarsi nelle prossime elezioni, seguendo magari le orme
degli abitanti di quel comune descritto da José Saramago, premio Nobel per la
letteratura, in un famoso romanzo del 2004, riproposto alcuni mesi fa da
Feltrinelli per l’Universale Economica e che mi riprometto di recensire
nei prossimi giorni.
sergio magaldi
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