Il titolo del film ha un
significato volutamente ambivalente: si riferisce alle “presenze abusive” che
popolano l’antico villino di Monteverde a Roma e, in senso letterale, riguarda il
protagonista Pietro Chiodo [Elio Germano], che proprio uno degli abitanti occulti chiama “magnifica presenza”. Ma, come ha
scritto qualcuno, il titolo può anche essere un omaggio
alla presenza di Anna Proclemer nel cast del film, nella parte di una
famosa diva di teatro durante il fascismo e che ora si nasconde sotto falso
nome.
Il titolo dà la sensazione di qualcosa di pregevole e di unico e
per assonanza mi richiama alla mente il Tu querida presencia riferito al comandante Che Guevara. Un canto
di lingua spagnola, una lingua che pare fatta apposta per cantare l’onore,
l’amore, il dolore e la morte. E una vecchia canzone spagnola di Alberto
Dominguez risuona spesso nel film di Ferzan Özpetek: Perfidia, il canto
dell’amante non corrisposto o abbandonato:
Nadie comprende lo que sufro
yo
Tanto que ya no puedo sollozar
Solo temblando de ansiedad estoy
Todos me miran y se van
Mujer, si puedes tu con Dios hablar
Preguntale si yo alguna vez
Te he dejado de adorar
Y el mar espejo de mi corazon
Las veces que me ha visto llorar
La perfidia de tu amor
Te he buscado por dondequiera que yo voy
Y no te puedo hallar
Para que quiero tus besos
Si tus labios no me quieren ya besar
Y tu quien sabe por donde andaras
Quien sabe que aventura tendras
Que lejos estas de mi…
Solo temblando de ansiedad estoy
Todos me miran y se van
Mujer, si puedes tu con Dios hablar
Preguntale si yo alguna vez
Te he dejado de adorar
Y el mar espejo de mi corazon
Las veces que me ha visto llorar
La perfidia de tu amor
Te he buscado por dondequiera que yo voy
Y no te puedo hallar
Para que quiero tus besos
Si tus labios no me quieren ya besar
Y tu quien sabe por donde andaras
Quien sabe que aventura tendras
Que lejos estas de mi…
Nessuno comprende
Quello che soffro io.
Non
ho più lacrime
Solo tremo di pena.
Tutti mi guardano
E se ne vanno.
Donna,
Se puoi parlare con Dio,
Chiedigli
Se ho mai smesso di amarti
E quante volte il mare
– specchio del mio cuore –
Mi ha visto piangere
La perfidia del tuo amore.
Ti cerco
Ovunque vado
E non posso incontrarti.
Desidero i tuoi baci
ma le tue labbra
Non desiderano più baciarmi.
E tu chissà dove andrai
Quali avventure avrai
Quanto distante sarai da me...
Un film delicato questo di Özpetek, un piccolo gioiello ben
costruito. La trama non ha forse il patos di La finestra di fronte,
perché i personaggi, ad eccezione di Pietro e di sua cugina Maria [Paola
Minaccioni], sono evanescenti, ombre quasi, e il femminile non è scandito dalla
vis interpretativa, dallo sguardo vivo e affascinante di Giovanna
Mezzogiorno, ma lo stile, il ritmo, la poesia e la musiche scelte dal regista
turco rappresentano un raro esempio di come si possa fare cinema in una
dimensione sospesa tra realtà e sogno.
Otto personaggi, attori di un passato interrotto tragicamente dal
nazifascismo dalla guerra e dal tradimento, che come i sei personaggi della
nota pièce di Pirandello vanno in cerca del loro autore. Qui non ci sarà
il pubblico della prima di Sei personaggi in cerca di autore, come quel
9 Maggio del 1921 al teatro Valle di Roma, a gridare “Manicomio…manicomio”, la
borghesia piccola e media capace di vedere la follia ovunque la fantasia e
l’immaginazione superino la realtà e la concretezza del bottegaio. Qui però ci
sarà lo stesso un teatro Valle e il “folle” o almeno il “disturbato” è Pietro
Chiodo, incapace di vivere la realtà nel suo tragico squallore, pronto ad inseguire un sogno e a trascinarlo sul palcoscenico della vita.
Sergio Magaldi
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