Ecco nelle sale affollate il nuovo film di Carlo Verdone,
l’ultimo vero comico romano [e italiano] dopo il grande Alberto Sordi. Il
titolo è forse un po’ lungo, a guardar bene forse neppure tanto appropriato, ma
la satira sociale di Verdone riesce a divertire e magari anche un po’ a
graffiare. Senza essere necessariamente incentrata sulla crisi dei nostri
giorni, come s’è voluto vedere da più parti; perché il disagio di Ulisse,
Fulvio e Domenico, i tre mariti separati, non è solo di natura economica e non
è soltanto di oggi, come pure il tema della ragazza avvenente e priva di
cultura che pur di fare cinema si concede facilmente.
Ulisse Diamanti [Carlo Verdone] ha alle
spalle un passato di successo come direttore discografico e una figlia di 17
anni che vive a Parigi con la madre. Gestisce un piccolo negozio di dischi in
vinile, non più in commercio dagli anni Novanta, e arrotonda il magro guadagno
con la vendita su e-bay di oggetti appartenuti agli artisti e ricercati dai
collezionisti. Vive con estremo disagio nel retro della sua “bottega”, ma
soprattutto trascorre l’esistenza in funzione dei ricordi.
Fulvio [Pierfrancesco Favino] è un ex critico
cinematografico e padre di una bambina di tre anni, è in disgrazia da quando la
giovane moglie, caduta in depressione post-parto, scopre sul Pc la fitta
corrispondenza amorosa che egli intrattiene con la consorte del suo principale.
Cacciato di casa e licenziato dal lavoro, sarà costretto ad occuparsi di gossip
e a dormire in un istituto di suore.
Domenico [Marco Giallini], un tempo agiato
imprenditore, è costretto a fare l’agente immobiliare per mantenere due
famiglie, vive nella barca di un amico e non esita a concepire “imbrogli” e
neppure a fare il gigolò di donne ricche e mature. Sarà proprio lui a
prospettare agli altri due di condividere un appartamento e, a causa di un
malore causatogli dal Viagra di cui fa abbondante uso per le sue “prestazioni”,
sarà ancora lui a determinare una svolta nella vita di Ulisse. Con l’arrivo di
Gloria, la cardiologa [stupendamente interpretata da Micaela Ramazzotti],
infatti, non è solo comicità autentica quella che entra nel film, perché con
lei Ulisse tende lentamente a cambiare, divenendo risoluto e nuovamente capace
di vivere e affrontare la quotidianità. Presenza salvifica, dunque, quella
della cardiologa.
Del resto, non solo attraverso Gloria si
percepisce l’importanza che “il femminile” assume nella vicenda: donne che
decidono la vita degli uomini, che non sanno comprendere le debolezze dei
propri compagni o che generosamente li accolgono, donne che illudono e che si
vendono per un “provino” [come la ragazza in cui s’imbatte Fulvio], donne
disposte a pagare per il piacere, proprio come un uomo o che sono vere e
proprie “macchiette” [come le amiche della cardiologa]. Donne ambiziose ed
egoiste o ragazze che hanno bisogno di un padre [come la moglie e la figlia di
Ulisse]. Tutto un universo femminile che si muove dietro le vicende dei tre
protagonisti, nell’ombra e pure con la funzione di un vero e proprio “deus
ex machina”.
A me pare che il messaggio più significativo
del nuovo film di Verdone sia proprio questo: l’importanza della donna nella
vita di un uomo, soprattutto di un uomo del nostro tempo. Interessante anche il
mutamento di prospettiva: il pubblico lamenterà forse la minore comicità del
personaggio-Verdone, ma presto si accorgerà di ritrovarla negli altri
personaggi da lui diretti. Come sembra ammettere lui stesso: “Non ho
voluto essere io il mattatore, è giusto a un certo punto cambiare anche questa
tradizione. Non vuol dire che mi metto da parte, ma che mi dedico di più alla
regia e alle sfumature”.
E le sfumature si colgono nel film, che appare più “pensato”
rispetto alle ultime uscite, più denso di particolari e di simboli.
Sergio
Magaldi
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