lunedì 5 marzo 2012

POSTI IN PIEDI IN PARADISO, film di CARLO VERDONE, 119 minuti, 2012





  Ecco nelle sale affollate il nuovo film di Carlo Verdone, l’ultimo vero comico romano [e italiano] dopo il grande Alberto Sordi. Il titolo è forse un po’ lungo, a guardar bene forse neppure tanto appropriato, ma la satira sociale di Verdone riesce a divertire e magari anche un po’ a graffiare. Senza essere necessariamente incentrata sulla crisi dei nostri giorni, come s’è voluto vedere da più parti; perché il disagio di Ulisse, Fulvio e Domenico, i tre mariti separati, non è solo di natura economica e non è soltanto di oggi, come pure il tema della ragazza avvenente e priva di cultura che pur di fare cinema si concede facilmente. 

  Ulisse Diamanti [Carlo Verdone] ha alle spalle un passato di successo come direttore discografico e una figlia di 17 anni che vive a Parigi con la madre. Gestisce un piccolo negozio di dischi in vinile, non più in commercio dagli anni Novanta, e arrotonda il magro guadagno con la vendita su e-bay di oggetti appartenuti agli artisti e ricercati dai collezionisti. Vive con estremo disagio nel retro della sua “bottega”, ma soprattutto trascorre l’esistenza in funzione dei ricordi.

 Fulvio [Pierfrancesco Favino] è un ex critico cinematografico e padre di una bambina di tre anni, è in disgrazia da quando la giovane moglie, caduta in depressione post-parto, scopre sul Pc la fitta corrispondenza amorosa che egli intrattiene con la consorte del suo principale. Cacciato di casa e licenziato dal lavoro, sarà costretto ad occuparsi di gossip e a dormire in un istituto di suore.

 Domenico [Marco Giallini], un tempo agiato imprenditore, è costretto a fare l’agente immobiliare per mantenere due famiglie, vive nella barca di un amico e non esita a concepire “imbrogli” e neppure a fare il gigolò di donne ricche e mature. Sarà proprio lui a prospettare agli altri due di condividere un appartamento e, a causa di un malore causatogli dal Viagra di cui fa abbondante uso per le sue “prestazioni”, sarà ancora lui a determinare una svolta nella vita di Ulisse. Con l’arrivo di Gloria, la cardiologa [stupendamente interpretata da Micaela Ramazzotti], infatti, non è solo comicità autentica quella che entra nel film, perché con lei Ulisse tende lentamente a cambiare, divenendo risoluto e nuovamente capace di vivere e affrontare la quotidianità. Presenza salvifica, dunque, quella della cardiologa.

 Del resto, non solo attraverso Gloria si percepisce l’importanza che “il femminile” assume nella vicenda: donne che decidono la vita degli uomini, che non sanno comprendere le debolezze dei propri compagni o che generosamente li accolgono, donne che illudono e che si vendono per un “provino” [come la ragazza in cui s’imbatte Fulvio], donne disposte a pagare per il piacere, proprio come un uomo o che sono vere e proprie “macchiette” [come le amiche della cardiologa]. Donne ambiziose ed egoiste o ragazze che hanno bisogno di un padre [come la moglie e la figlia di Ulisse]. Tutto un universo femminile che si muove dietro le vicende dei tre protagonisti, nell’ombra e pure con la funzione di un vero e proprio “deus ex machina”.

 A me pare che il messaggio più significativo del nuovo film di Verdone sia proprio questo: l’importanza della donna nella vita di un uomo, soprattutto di un uomo del nostro tempo. Interessante anche il mutamento di prospettiva: il pubblico lamenterà forse la minore comicità del personaggio-Verdone, ma presto si accorgerà di ritrovarla negli altri personaggi da lui diretti. Come sembra ammettere lui stesso: “Non ho voluto essere io il mattatore, è giusto a un certo punto cambiare anche questa tradizione. Non vuol dire che mi metto da parte, ma che mi dedico di più alla regia e alle sfumature”.

 E le sfumature si colgono nel film, che appare più “pensato” rispetto alle ultime uscite, più denso di particolari e di simboli.


Sergio Magaldi

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