martedì 9 ottobre 2018

RIPENSARE GIUDA, parte II




 Pubblico in tre parti questo interessante post di Fulvio Canetti che invita un ipotetico amico cristiano a ripensare in una chiave nuova e diversa la figura di Giuda Iscariota, anche nella prospettiva di soffermarsi finalmente su Gesù ebreo. 


Segue da:



PARTE II


Caro amico,

 Nel Vangelo di Giuda (15,3) è scritto:'' Tu (Giuda) sarai maggiore tra loro (Apostoli) perché sacrificherai l'uomo che mi riveste''. Questa descrizione rivela la missione ''escatologica'' , a cui Giuda era chiamato, che non trova riscontro nei Vangeli sinottici, dove viene persino demonizzato.  Il quarto evangelista, Giovanni, nell'episodio dell'unzione di Gesù a Bethanya, da parte di una donna,  in casa di Simone il lebbroso, definisce Giuda un ''ladro e un menzognero''.(Gv12).

 Una volta arrestato dalle guardie del Tempio, Gesù venne condotto nella casa del Gran Sacerdote. Devi convenire con me, che questo è fuori dal comune, in quanto Gesù, come ribelle, sarebbe dovuto essere arrestato dalle guardie di Pilato.  La chiave di comprensione di questa vicenda, si può trovare nel piano architettato da Giuda, che aveva rapporti con gli ambienti sacerdotali del Tempio.      

 Allora Giuda Iscariota andò dai sacerdoti e disse loro: '' Cosa volete darmi, perché ve lo consegni ?''(Mt 26,14) Giuda aveva compreso l'originalità e la novità storica di Gesù, per cui era questa, un'occasione da non perdere, affinché ricevesse da Caifa l'unzione ufficiale di Re Messiah. Diversamente dagli altri apostoli, egli viveva nella Giudea ed era in rapporto diretto con i sacerdoti del Tempio, ragion per cui era la persona giusta, nel momento giusto, per far quadrare il piano organizzato insieme al Maestro.

 Gesù, dopo l'arresto, non fu portato nella prigione di Pilato, come sarebbe stato più realistico, ma venne condotto nella casa privata del Gran Sacerdote, per essere interrogato, sui disordini scoppiati nel Tempio. L' interrogatorio, contrariamente a quanto sostiene la narrazione evangelica, fu di  carattere politico, non ''religioso''. Pertanto la scelta  dei Sacerdoti fu oculata: mettere  Gesù,  nelle mani della giustizia di Roma, accusandolo di ribellione contro l'impero, per essersi proclamato Re dei Giudei. Accusa pesante che prevedeva, per il diritto romano, la pena di morte.

 La ''cacciata dei mercanti'' dal Tempio, fu il campanello d'allarme per l'aristocrazia sacerdotale, che temeva la perdita del suo potere. Fin tanto che Gesù predicava in Galilea, faceva miracoli come guaritore ed altro, poteva essere tollerato, ma mettere le mani sul tesoro del Tempio, significava attaccare il potere dei Sacerdoti. Giuda capì allora che il suo piano era andato in frantumi e capì anche che  il prossimo a pagarne le conseguenze, sarebbe stato egli stesso. ''Ho peccato perché ho ''consegnato''  sangue innocente e pentitosi riportò i trenta denari ai Sacerdoti.'' (Mt 27,3) Il testo in questa occasione usa giustamente la parola ''consegnare'' non tradire. Cosa significa tutto questo? Se Giuda con il suo tradimento premeditato aveva raggiunto lo scopo di arricchirsi, per quale motivo restituiva il denaro, ora che Gesù si avviava verso il patibolo? I giochi erano stati fatti e poteva benissimo tenersi in tasca la somma ricevuta. Giuda in realtà era il ''traditore fedele'' del suo beneamato Maestro, che voleva far conoscere ai capi del popolo e al mondo intero come il Messiah d'Israele.

 In base a queste osservazioni si può comprendere quanto sia  stata ''lacunosa storicamente'' la narrazione evangelica, nel voler nascondere l'attiva partecipazione di Gesù al movimento di liberazione zelota e presentarlo come una Divinità universale, senza alcuna identità. Questo ''velo'' fatto scendere dalla narrazione evangelica, sui fatti accaduti, ha creato dubbi, rancori e vendette, nelle menti dei fedeli cristiani verso il popolo ebraico.

 Marco, il primo evangelista, da cui hanno attinto Luca e Matteo, viveva in Roma. Non poteva essere un testimone oculare, né del Processo né della Passione di Gesù, per cui è presumibile che egli volesse presentare, una sua interpretazione filo-romana e anti-giudaica degli eventi, per accattivarsi le simpatie e la protezione del potere imperiale.
  
 Giuda però, con assoluta certezza, viene descritto dalla narrazione, come un traditore, responsabile della morte del suo Maestro. Capisco che scrivere contro Roma, sarebbe stato per gli Evangelisti un suicidio, ragion per cui Pilato viene presentato come un giudice clemente (lavaggio delle mani!) nei confronti di un ribelle zelota. Sappiamo invece dagli storici Giuseppe Flavio e Cornelio Tacito, che appendere gli ebrei alle croci era la passione di questo crudele Governatore e Gesù di certo non fece eccezione. Sottomettersi a Cesare equivaleva, secondo gli Zeloti, a tradire il Signore, il D-o d'Israele. Gesù aveva  lo stesso programma politico: ripulire il Tempio di Gerusalemme dalla corruzione dei Sacerdoti e cacciare l'occupante romano dalla Giudea, considerata Terra del Signore, eredità del popolo ebraico. Di fronte a questo programma politico-religioso, Gesù è stato un  Messiah perdente, bruciato sulla croce. Gli stessi Apostoli, che erano già fuggiti durante il suo arresto, rimasero impotenti, come scritto:'' Noi speravamo che fosse lui (Gesù) quello che avrebbe liberato Israele''. (Lc 24,21)

 Il messianesimo predicato dagli Zeloti, difatti possedeva una identità nazionale, di cui  Gesù era ben consapevole. Due ostacoli però si presentavano alla sua realizzazione: il dominio romano e l'aristocrazia sacerdotale, per cui il loro Potere doveva essere abbattuto. Giuda progettò l'ingresso di Gesù in Gerusalemme durante la Pasqua, in modo che il popolo lo acclamasse Messiah. Fu questo un atto di sfida al Potere politico-religioso, per cui la rivolta venne repressa nel sangue dai Romani. Il tutto si risolse in un fallimento, che portò al successivo  arresto di Gesù nel Gat Shemàni e alla sua condanna a morte, per ''sedizione'' contro l'impero emessa da Pilato. 

[s e g u e ]

Fulvio Canetti

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