SEGUE DA (clicca sui titoli per leggere):
I
significati di Plutone
Di dove viene il
potere assoluto di Hades-Plutone, il solo tra gli dei che assiste impassibile
al sorgere e al tramonto di ogni altra divinità? Che si fa beffe di eroi e
semidei illudendoli di poterlo vincere? Ricco (Ploutos) padrone del sottosuolo, capace di annidarsi ovunque sopra
la terra senza essere visto (Hades),
egli è il Signore della vita e della morte, distruttore di tutto ciò che
esiste, ma anche rigeneratore ciclico di ogni forma di esistenza. Divinità
maschile, Hades-Plutone è nondimeno l’erede della Grande Madre, la divinità primordiale
di ogni tradizione, che si tratti della dea sumera Ereškigal, della dea Kālī della
tradizione hindu, della dea atzeca Coatlicue o della Magna Mater Cibele, la dea
onorata dai Romani. D’altra parte, sembra certo che l’archetipo del femminile
preceda ogni altra rappresentazione del divino, come attestano le tante
sculture della Grande Madre dell’età della pietra ritrovate un po’ ovunque.
Neppure era infrequente nelle culture più arcaiche l’attribuzione ad un’unica
divinità delle prerogative maschili e femminili insieme. Così, per esempio, Cibele è in
realtà, in origine, la dea ittita Kubaba che dalle sponde dell'Eufrate
trascorre in Asia Minore e in Frigia col nome di Kubebe e Kybele. In nessun
caso, Cibele può essere assimilata a Rea come fecero i Greci e i Romani, la sua
peculiarità, infatti, è di non essere soltanto la Grande Madre degli dei e
degli uomini, ma di incarnare un principio più arcaico e primordiale. Cibele è
la natura naturante nel momento del Caos, l'unità
indifferenziata di maschio e femmina, allorché il principio creativo che è in
lei non ha ancora operato la trasformazione in natura naturata. Cibele aveva il suo culto più noto in Frigia, nei
pressi di Pessinunte, su una scogliera deserta chiamata Agdos. Era
simboleggiata da una pietra nera, rappresentando
la totalità primordiale della Natura, l’unità indistinta e caotica di maschio e
femmina. In questa forma, pare fosse caduta dal cielo e il suo culto segreto si
celebrava nelle viscere delle montagne, in grotte o nicchie scavate nella
roccia. Senza rappresentare le profondità ctonie
di una dea come Ereškigal,
Cibele simboleggia l’utero terrestre che ognuno deve attraversare nell’ultimo
viaggio.
Hades-Plutone è l’erede della Grande Madre da quando in Occidente i nuovi dei si affermano
contro i vecchi e scelgono nell’Olimpo una dimora opposta a quella delle
divinità arcaiche e ctonie, da quando tra gli esseri umani si vanno spegnendo
le ultime forme di matriarcato regolate dalla natura e ovunque si afferma il
patriarcato con le sue ferree leggi. Non a caso, il nuovo sovrano esercita i
poteri rigeneranti attraverso Persefone, la fanciulla rapita, stuprata e fatta
sua sposa, e per il resto si affida alle divinità primordiali di sempre:
Ananke, (necessità, fato o destino) su tutte e poi soprattutto le Moire e le
Erinni. È questa eredità lo rende inviso agli dei con cui ha conquistato e
diviso il potere, e terribile agli esseri umani che, pure, di lui apprezzano i
doni effimeri dell’eros, della vita e della ricchezza ma di cui aborrono gli eterni
decreti della natura di cui è custode: la morte,
l’inconscio, il karma.
La
morte
Che c’è
di così tremendo nella morte, che invece festeggiamo con la nascita? Il non
voler vedere il nostro essere più
vero: l’essere per la morte. Scrive
Heidegger:
«Così la morte si rivela come
la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile […]. La constatazione
che in linea di fatto molti uomini, innanzitutto e per lo più, non sanno nulla
della morte, non può essere addotta a prova che l’essere-per-la-morte non ci appartenga ”universalmente”[…]. Il
mondo pubblico dell’essere-assieme quotidiano “conosce” la morte come un evento
che accade continuamente, come “un caso di morte”. Questo o quel conoscente,
vicino o lontano “muore”. Degli sconosciuti muoiono ogni giorno e ad ogni ora.
“La morte” è considerata un evento intramondano noto a tutti […]. Ciò che si
dice a questo proposito, in modo esplicito o “sfuggente”, come per lo più
accade, è questo: una volta o l’altra si morirà, ma, per ora, si è ancora vivi.
L’analisi del “si muore”
svela inequivocabilmente il modo di essere dell’essere-quotidiano-per-la-morte.
In un discorso del genere la morte è concepita come qualcosa di indeterminato
che, certamente un giorno o l’altro, finirà per accadere, ma che, per intanto,
non è ancora presente e quindi non ci minaccia. Il “si muore” diffonde la convinzione
che la morte riguarda il Sì anonimo[…]. Mai come in questo discorso intorno
alla morte si fa chiaro che alla chiacchiera si accompagna sempre l’equivoco.
Il morire, che è mio in modo assolutamente insostituibile, è confuso con un
fatto di comune accadimento che capita al Sì […]. Il Sì si prende cura di una
costante tranquillizzazione nei confronti della morte. In realtà ciò non vale
solo per il “morente”, ma altrettanto per i “consolanti”. E anche in caso di
decesso, il pubblico non deve essere turbato nella sua tranquillità e nel suo
prendersi cura incurante. Non raramente si vede nella morte degli Altri un
disturbo sociale o addirittura una mancanza di tatto, nei confronti della quale
la vita pubblica deve prendere le sue misure […]. Già il “pensare alla morte” è
considerato pubblicamente un timore pusillanime […]. Il Sì non ha il coraggio
dell’angoscia davanti alla morte[…]. L’angoscia banalizzata equivocamente in
paura, è presentata come una debolezza […]. Ciò che si addice, secondo il
tacito decreto del Sì è la tranquillità indifferente di fronte al “fatto” che
si muore»[1]
Insomma
la morte non solo è parte della nostra natura sin dalla nascita, ma è anche il progetto finale di ogni essere vivente e Hades-Plutone
ci svela senza infingimenti la nostra rimozione più grande: l’essere per la morte. Tutti
sappiamo di dover morire, ma prendere davvero coscienza del nostro essere più
autentico, anzi unico, è un compito arduo che sfugge alla banalità del “Si
dice” ed è purtroppo riservato a pochi. Proviamo soltanto a pensare come
cambierebbe l’esistenza degli esseri umani, come sarebbero diverse e meno
inique le società in cui viviamo se la presa di coscienza di questa
fondamentale rimozione riguardasse
tutti. Signore
di tutto ciò che è segreto e in particolare del segreto
iniziatico, non a caso
Hades-Plutone governava i Grandi Misteri Eleusini ai quali, come ricorda
Aristotele si andava non per apprendere, ma per provare, attraverso
un'esperienza mistica vissuta attraverso il rito, una profonda emozione. Ad
Eleusi gli era dedicato un Tempio e sembra che in quei luoghi l'iniziato rivivesse l’esperienza del
rapimento di Persefone. Con molta probabilità, anche i Misteri di Eleusi, sono
un’eredità che il dio greco riceve dalla Grande Madre: il ciclo madre-figlia,
come nella leggenda di Demetra e Kore o Persefone, mostra infatti, secondo gli
studiosi, la continuità di un potere al femminile presente in ogni zona del
mondo, la cui ritualità si trasmette di dea in dea secondo un preciso schema
parentale.
Che cosa
si andava a fare ad Eleusi? Osserva in proposito Albert Hofmann:
«Ad Eleusi non veniva
annunciata una vera propria nuova
religione rivolta ad una cerchia ristretta, poiché gli iniziati, una volta
tornati dai Misteri nei loro luoghi nativi, rimanevano fedeli al culto della
religione locale.
Doveva trattarsi piuttosto
di rivelazioni circa la natura dell’esistenza umana circa il significato della
vita e della morte che gli iniziati là ricevevano. Siamo a conoscenza delle
preghiere che i mystai, gli iniziati, rivolgevano alla dea della memoria
Mnemosyne, affinché questa potesse risvegliare e mantenere vivo il ricordo
della sacra visione, che una volta impresso nelle loro vite avrebbe potuto
trasformarle radicalmente» [2]
Chi
poteva recarsi ad Eleusi e partecipare ai Misteri? Tutti potevano: greci e
barbari, uomini e donne, liberi e schiavi purché non avessero peccato contro
natura mediante hubris, disprezzo
degli dei o versando il sangue dei propri familiari, secondo una legge imposta
allo stesso Hades-Plutone dalle arcaiche divinità matriarcali e ctonie che lo
circondavano.
(S E G
U E)
sergio magaldi
[1]Martin Heidegger, Essere e Tempo,a cura di Pietro
Chiodi,trad.it.,Utet, Torino, 1969,Parte I, sez.II, cap.I §§
50-51.
[2]Albert Hofmann, Alla riscoperta del misteri eleusini, trad.it.,
Feltrinelli, 1989, p.5
La gente del 3° millennio crede alla mitologia e astrologia e si rifiuta di credere in Gesù nostro Padre:https://www.studibiblici.it/appunti/morte,%20pienezza%20di%20vita.pdf
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