mercoledì 23 gennaio 2013

IL REDDITOMETRO E IL CARNEVALE






 Nel bel mezzo della campagna elettorale – sempre più “Festival della partitocrazia” e sempre meno esercizio di democrazia – la politica riscopre se stessa in un sussulto d’orgoglio, dopo essere stata costretta a chinare la testa di fronte all’assalto mediatico [già rientrato nel nulla] dell’antipolitica e a lasciare momentaneamente il campo libero al cosiddetto governo dei tecnici.

 In assenza di programmi e di idee, si fa un gran parlare in questi giorni del Redditometro che avrebbe la funzione sociale di stanare gli evasori, consentendo così per ogni euro recuperato, di diminuirne uno di tasse, secondo il fiero proposito dei soliti saggi che governano o aspirano a governare il Paese. Manco a dirlo, la diminuzione delle tasse avrebbe come effetto l’aumento dei consumi da parte dei cittadini, con la fine della recessione e l’inizio di una nuova crescita del prodotto interno lordo [P.I.L.]. In altre parole, l’istituzione del Redditometro, che entrerà in vigore da Marzo, sarà la vera panacea per curare tutti i mali dell’economia italiana. D’altra parte, nel vuoto metafisico di questa campagna elettorale – fatta come sempre di chiacchiere inutili e di denaro pubblico che serve ad organizzare banchetti elettorali, stampare manifesti, pagare circuiti mediatici, rimpinguare le casse dei partiti del denaro investito all’estero, speso malamente e/o semplicemente rubato da singoli e disinvolti amministratori – la questione non è di poco conto, perché diventa la cifra per distinguere tra destra sinistra e centro, di cui altrimenti l’elettore faticherebbe a cogliere le differenze.

 Il centro difende il nuovo istituto e dichiara, così come ha già fatto per l’IMU, che non è provvedimento del governo Monti, ma ereditato e che comunque va accettato perché assicura maggiore giustizia ed equità sociale, e può rappresentare davvero la panacea di cui si diceva sopra. Naturalmente va utilizzato secondo l’equilibrio che solo un governo di centro è in grado di garantire. Senza accertamenti di massa, ma con provvedimenti mirati a far emergere “il sommerso”. Il nuovo centro contraddice così, almeno a parole, la politica che nel secolo scorso ha caratterizzato un altro centro ben noto agli italiani, quello democratico-cristiano.

 Stato e partito insieme, la vecchia DC ha governato per quasi cinquant’anni un Paese che dell’evasione fiscale elevata a sistema aveva fatto la propria bandiera. Un sistema che dette i suoi frutti perché, in cambio di un forte e sempre più accentuato controllo pubblico sull’economia e di scarsi servizi sociali, generò il capitale esentasse e gli investimenti privati, consentendo alle imprese, alle corporazioni di arti, professioni e mestieri, agli istituti ecclesiastici con finalità commerciali, ai bottegai e ai mercanti più furbi di espandersi a dismisura, facendo nel tempo dell’Italia il primo paese in Europa quanto a risparmio e ricchezza privata, l’ultimo quanto a debito pubblico e differenze socio-economiche tra i cittadini. Ne nacque un popolo di evasori fiscali o di cittadini con redditi da terzo o quarto mondo, a seconda dei punti di vista con cui si riguardi il fenomeno, ove si consideri che a dichiarare redditi superiori ai 100.000 Euro è oggi poco più dell’un per cento degli italiani. Ecco spiegato perché a pagare le tasse sono sempre e soltanto i redditi fissi.

 Lo schema sociale ormai consolidato è semplice: da una parte i ceti privilegiati, tra i quali sono da annoverare anche politici e boiardi di stato, dall’altra la massa dei salariati a reddito fisso ai quali viene impedito di evadere perché tassati alla fonte e che una volta si arrangiavano con un secondo lavoro in nero. Naturalmente quando il lavoro c’era e non come oggi che il lavoro manca per tutti.

 Va detto, tuttavia, che, in questo contesto sociale, dove l’accaparramento individuale è ed è sempre stato la regola, non mancò mai, per paradosso solo apparente e grazie al conforto dell’opposizione più grande che si sia mai conosciuta in Europa, una gestione statalistica e burocratica del potere, unitamente a politiche di concreta solidarietà sociale, pagate a caro prezzo dalla classe media, destinata sempre più a proletarizzarsi. Persino l’imposta progressiva, giusta in sé, e vero e proprio fiore all’occhiello delle politiche della sinistra, contribuì a scavare il fossato delle differenze socio-economiche, perché – come avviene anche oggi con l’IMU – andò a colpire i soliti noti al Fisco, lasciando indisturbati non solo e non tanto i soliti ignoti, ma coloro che le tasse le pagano al massimo sul dieci o venti per cento del proprio reddito, che sono arcinoti e che oggi sono sempre meno gli imprenditori oberati di tasse, fiaccati dalla concorrenza sleale e da una politica governativa miope e asservita al capitale finanziario e all’ideologia tedesca.

 Da questo punto di vista, dunque, il ruolo del nuovo centro di Monti appare rivoluzionario perché punta a stanare l’evasione fiscale. Intenzione nobile che fa il paio con le proposte della nuova sinistra, sua probabile compagna di viaggio nel prossimo governo: A) Imposta progressiva dell’IMU sulla prima casa, con riduzione per i redditi più bassi, compensati dall’aumento della tassazione su quelli più alti, per una misura parzialmente ispirata ad un provvedimento già preso in passato dal governo Prodi, quando ci dissero che la tassa sulla prima casa era stato abolita e nessuno se ne era accorto! B) Patrimoniale sugli immobili, non sui redditi [forse perché si ha scarsa fiducia nel Redditometro] e che inevitabilmente, per produrre un consistente gettito, graverà su chi possiede una casa o al massimo due, insomma per intenderci una sorta di doppia IMU! C) Accettazione incondizionata del pareggio di bilancio già da quest’anno, provvedimento  che del resto la nuova sinistra ha votato in Parlamento e che comporterà, subito dopo le elezioni, manovre aggiuntive e altre tasse.

 Basteranno le Quattro Misure  [Redditometro e punti A-B-C] del prossimo governo di centro-sinistra ad avviare la ripresa dell’economia italiana? A stanare l’evasione fiscale che a giudizio del Presidente dell’Istat è anche la causa dei mancati investimenti degli operatori internazionali in Italia e dunque della costante diminuzione di produttività? Ragionamento che non fa una piega. Chi vorrebbe investire sapendo di subire la concorrenza sleale di chi non paga le tasse? Sapendo – aggiungo io –  di dover sottostare nello stesso tempo ad una delle tassazioni tra le più elevate d’Europa, alle vessazioni di una burocrazia corrotta e scarsamente efficiente e ad una riforma del sistema giudiziario sempre annunciata e mai realizzata?

 Insomma, le domande sono: 1) Il Redditometro, nella forma soft resa nota da Mario Monti negli ultimi giorni – dopo le tante levate di scudo di politici preoccupati delle sorti elettorali dei partiti che rappresentano – è davvero la chiave di volta per spalancare la porta oltre la quale si nasconde la massiccia evasione fiscale che per oltre sessant’anni è stata a fondamento della Repubblica e sulla quale i ceti privilegiati hanno costruito la propria ricchezza? [La stima dell’evasione, calcolata per difetto, è di ben 120 miliardi di Euro, annui]. Il Redditometro soft [ma soft per chi?] rappresenta davvero l’arma segreta e letale – dopo tanti proclami e tante inutili battaglie – con cui abbattere l’evasione e lanciare la ripresa? 2) C’è soluzione di continuità con il passato sulla politica fiscale del nostro Paese? Il nuovo centro e la nuova sinistra stanno davvero per imboccare una strada nuova e diversa oppure l’istituto che diverrà esecutivo tra meno di due mesi è solo uno spaventapasseri che al massimo fungerà da deterrente nei confronti dei soggetti più deboli?

 Domande intriganti ma alle quali non è difficile dare una risposta plausibile. Si crede davvero o si fa finta di credere che cittadini appartenenti in diversa misura alle categorie del privilegio e che per più di mezzo secolo hanno nascosto le entrate effettive siano disposti a rendere note le proprie spese? Nel migliore dei casi il Redditometro servirà a ridurre gli acquisti personali e/o ad occultarli attraverso lo schermo aziendale. I consumi ufficiali diminuiranno ulteriormente. Recessione, disoccupazione, esportazione di capitali all’estero aumenteranno e la crisi sarà totale!

 E la destra, che sembra averne la paternità, che ne pensa del Redditometro? Ora che non serve più a gettare fumo negli occhi, lo disconosce, non tanto temendone le conseguenze, ma soltanto perché ad usarlo strumentalmente sono gli avversari politici. La destra o almeno la destra di governo o sedicente partito dei moderati che ha guidato il Paese negli ultimi anni, non ha maggiore interesse del centro e della sinistra a colpire l’evasione fiscale e il perché non è difficile da comprendere. Il suo mestiere, pur con qualche venatura di populismo, è sempre stato la difesa delle corporazioni e dei privilegi acquisiti, il mantenimento dello status quo, l’irriducibile avversione contro il concetto di imposta progressiva e contro le tasse in genere, salvo che a pagarle non siano i redditi fissi, i ceti considerati garantiti dallo Stato, dunque politicamente infidi e da mungere. Con la fine dell’ideologia, la vera distinzione tra destra e sinistra s’è giocata proprio sulle tasse: esecrate a parole dalla destra, elevate a monumento dalla sinistra che le ha sempre considerate strumento di governo per colpire il ceto cosiddetto parassitario dei proprietari di immobili. Così facendo, la sinistra non s’è accorta o ha fatto finta di non accorgersi di consegnare la classe piccola e media, suo potenziale alleato, al centro che, per oltre sessant’anni, in un modo o nell’altro è riuscito a governare mediando tra destra e sinistra, continuando a garantire l’evasione fiscale dei ceti privilegiati e delle corporazioni, ma al tempo stesso, innalzando il livello di tassazione ben oltre il cinquanta per cento dei redditi accertabili, per sostenere la spesa pubblica e acquisire consensi. E ora che le casse dello Stato sono praticamente vuote, prosciugate dalle ruberie, dagli sprechi e dall’ingordigia della politica, ecco il nuovo centro riesumare il Redditometro, strumento già in passato miseramente fallito ma al quale si chiede di rinnovare l’illusione che si stia facendo sul serio.

 In conclusione, dunque, destra, sinistra e centro non vogliono che la stessa cosa: perpetuare all’infinito un regime fondato sull’evasione fiscale elevata a sistema, e se le conseguenza sarà la totale proletarizzazione dei ceti piccoli e medi, poco male, perché sarà fatta la volontà dell’oligarchia finanziaria internazionale e dei suoi manutengoli politici, tedeschi o filotedeschi, che governano l’Europa.

 Il Redditometro, dunque, è poco più di uno scherzo di Carnevale [anche se non tarderà a mietere vittime come al solito tra i ceti più deboli] e non bisogna averne paura, come ha osservato sapientemente e di recente il leader della sinistra e come ha ribadito il suo propugnatore e alfiere del nuovo centro, perché non modificherà di una virgola il sistema tributario italiano. E c’è da credergli, perché l’unica misura capace di colpire l’evasione fiscale è quella in uso negli Stati Uniti e nella sempre ammirata e invidiata Germania degli italiani: il controllo delle fatture incrociate e la possibilità di detrazioni fiscali per il consumatore, con il duplice risultato di stanare l’evasione fiscale e di ridurre le tasse per i cittadini. Non la si vuole, perché si dice che sia complicata da realizzare [più del Redditometro?!], mentre si tace che rivoluzionerebbe il costume degli italiani, con conseguenze imprevedibili per la sopravvivenza delle corporazioni e per i signori della politica che sarebbero costretti, questa volta e per davvero, ad abbattere privilegi non più tollerabili da parte di chi, dopo sessant’anni, si vedesse costretto a pagare il dovuto. E così, per evitare che nulla cambi in questo Paese, si sono preferiti nel recente passato gli spot televisivi, pagati dal contribuente, contro i cosiddetti parassiti sociali che evadono le tasse. Una misura ridicola e dispendiosa che fa il paio con quella adottata oggi con il Redditometro, la nuova maschera del carnevale permanente della politica italiana.

sergio magaldi

2 commenti:

  1. A proposito del controllo fiscale, le proposte fatte alla fine dell'articolo (fatture incrociate e detrazioni per il consumatore), la prima avrà una conferma con il ripristino del c.d. elenco clienti e fornitori entro la fine di aprile prossimo,che obbliga i titolari di partita iva ad inviare all'Agenzia delle Entrate le fatture emesse e ricevute dell'anno passato. Questo adempimento era stato ripristinato dall'ultimo governo Prodi, per poi essere abrogato dal governo Berlusconi. La seconda proposta (possibilità di detrazioni per il consumatore finale) aiuterebbe a diminuire in modo rilevante una quota del c.d. sommerso.

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  2. Ringrazio l'anonimo commentatore per la precisazione, ma ritengo che, senza la possibilità di detrazioni per il consumatore, la misura cui mi riferisco sia inutile, come dimostrano i risultati ottenuti dal governo Prodi. Obblighi se ne possono prevedere all'infinito - da questo punto di vista credo che l'Italia abbia una sorta di primato - ma senza una possibilità oggettiva di riscontro restano sole forme di propaganda, proprio come il Redditometro.La cosa più inquietante è che nessun politico abbia mai fatto propria una misura così semplice[in uso negli Stati Uniti e in Germania], non dico per farla approvare ma almeno per sottoporla allo studio e al dibattito. Vi accennò una volta Enrico Letta a "Porta a porta" ma fu subito tacitato né vi fece più riferimento perché in realtà nessuno la vuole veramente, da destra, come da sinistra e dal centro.

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