martedì 20 maggio 2014

L'IDEALE DI BELLEZZA DEL DOTTOR MENGELE, MEDICO NAZISTA







The German Doctor [Wakolda], regia di L.Puenzo, Argentina, Francia, Spagna, Norvegia, Germania, 2013, 93 minuti




 The german doctor [“Il medico tedesco”, in originale Wakolda, il nome di una bambola malandata] della giovane regista argentina Lucía Puenzo è il tentativo di descrivere gli esperimenti di eugenetica compiuti dal medico nazista Josef Mengele in Patagonia [Argentina], dopo la sua fuga in Sud America dal porto di Genova,  a seguito della chiusura del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. I fatti narrati nel film si riferiscono al 1960, mentre la permanenza di Mengele in Argentina risale a undici anni prima, considerando la successiva fuga in Paraguay e il definitivo stanziamento in Brasile sin dal 1955, dove resterà sino alla morte avvenuta il 7 Febbraio 1979 per annegamento, in conseguenza di  un infarto. Fu sepolto sotto la falsa identità di Wolfgang Gerhard nel cimitero di Nostra Signora del Rosario di Embu das Artes. Ma Ben Abraham, storico dell’Olocausto e vicepresidente dell’Associazione internazionale dei sopravvissuti del nazismo, e con lui molti altri, sostengono che in realtà il medico tedesco morì negli Stati Uniti nel 1992, all’età di 81 anni, mentre continuava gli esperimenti sotto la protezione della CIA.

 Attratto da studi filosofici, antropologici e di medicina, Josef Mengele si laurea a 24 anni in antropologia con una tesi sulla Ricerca morfologico-razziale sul settore anteriore della mandibola in quattro gruppi di razze e due anni dopo diventa assistente – presso l’Istituto per la biologia ereditaria e per l’igiene razziale di Francoforte – del prof. Otmar von Verschuer, uno scienziato  illustre per le sue ricerche sulla genetica e sui gemelli. Nello stesso periodo si laurea in medicina e si iscrive al Partito Nazionalsocialista. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, si arruola volontario nella Waffen-SS. Per gli atti valorosi e il salvataggio di due soldati tedeschi sottratti da un carro armato in fiamme, viene insignito per due volte con la croce di ferro. Più tardi, ferito dai sovietici e promosso capitano delle SS, è destinato ad altri incarichi, lontano dal fronte. Infine, nel Maggio del 1943 è inviato ad Auschwitz dove gli sarà possibile, mantenendosi in stretto contatto con lo scienziato Otmar von Verschuer, procedere nella ricerca e negli esperimenti.       







                     Auschwitz, il padiglione in cui lavorava Mengele


 Personaggio di una certa complessità, Mengele, in base alle numerose testimonianze raccolte ad Auschwitz, fu definito talora come l’angelo bianco ma più spesso come l’angelo della morte. Salvò dalla camera a gas numerosi bambini, soprattutto zingari e gemelli, ma solo per poterne disporre nei propri esperimenti. Nondimeno, c’è chi parla di lui come di un uomo dalla doppia personalità, ora gentile, calmo e professionale, persino “buono” nel prendersi cura dei bambini e nel nutrirli, ora inquieto e violento. Tra i suoi misfatti figurerebbe l’ordine di uccidere tutti i deportati di un capannone infestato dai pidocchi, l’invio nella camera a gas dei bambini che a una data età non raggiungessero l’altezza di un metro e mezzo, la soppressione personale di diversi prigionieri mediante iniezioni di fenolo, e soprattutto la responsabilità della selezione, all’arrivo dei convogli di deportati, tra chi era idoneo al lavoro e chi era destinato alla camera a gas.

 Wakolda è la bambola malandata che cade dalle mani di Lilith [Florencia Bado] – una graziosa bambina di 12 anni che per la sua statura ne dimostra 9 – e che il medico tedesco [Alex Brendemühl] raccoglie da terra per riconsegnarla alla sua proprietaria, iniziando così la conoscenza della ragazzina e della sua famiglia, formata da due fratelli, dalla madre Eva di origini tedesche [Natalia Oreiro] e dal padre Enzo [Diego Peretti], il quale ha la passione di costruire bambole e sogna di poterne realizzare un prototipo con il cuore che batte. Singolare il caso che  Alex Brendemühl, che interpreta la parte di Mengele, sia un naturalizzato spagnolo di padre tedesco. Studente di in una scuola tedesca di Barcellona, con nonno nazista, l’attore ha dichiarato in una intervista di essersi più volte domandato se non dovesse sentirsi in colpa per il passato della sua famiglia, ma che nell’interpretare Mengele ha dovuto seguire il processo inverso,  perché il medico non solo non si sentiva in colpa, ma era convinto di salvare il mondo dall’impurità razziale e di contribuire, con gli studi e gli esperimenti, al miglioramento della razza umana.





Patagonia [Argentina]


 Il medico segue la famiglia di Lilith in Patagonia e diventa il primo cliente che Eva ed Enzo ospitano nell’albergo da loro gestito. Mengele lavora presso un istituto medico all’interno della comunità tedesca di Bariloche, una città poco distante dall’albergo. Qui e non soltanto qui egli ha modo di continuare nei propri esperimenti, riesce infatti a convincere Eva e Lilith a farsi “aiutare”. La prima, nel portare avanti la gestazione di quello che si rivelerà un parto gemellare, la seconda nel sottoporsi alla somministrazione dell’ormone della crescita, per aumentare la propria statura e nella speranza che i compagni di scuola smettano di chiamarla “nana”.






                             Candido Godoi [Brasile]




  Nello stesso anno [1960] in cui la Puenzo descrive la presenza del medico nella comunità tedesca di Bariloche, Mengele si trovava in realtà a Candido Godoi, in una zona del Brasile di confine tra Paraguay e Argentina, in quello che a buon diritto è stato chiamato “Il laboratorio a cielo aperto di Josef Mengele”. Qui egli si prendeva cura di uomini e animali, sui quali ultimi praticava già l’inseminazione artificiale per la gioia degli allevatori, e in particolare si dedicava all’osservazione dei parti gemellari umani che, per effetto della sua presenza, aumentarono in modo esponenziale. Fenomeno che persiste tutt’oggi in quella zona, con una media di un parto gemellare ogni cinque, laddove la media mondiale è di uno su cento. Negli esperimenti di Mengele sui gemelli monozigoti, pare che il gemello più debole fungesse spesso da cavia per rafforzare il gemello più forte.







                          Candido Godoi - Festa dei gemelli



  Tornando al film, il medico tedesco, sempre gentile e premuroso, mai violento – se non nell’occasione in cui scopre che Nora [Elena Roger], la fotografa dell’istituto, è in realtà una spia dei servizi segreti israeliani che danno la caccia ai criminali di guerra – si mostra disponibile a realizzare anche il sogno di Enzo, investendo denaro per fabbricare in serie bambole dal cuore che batte, dai capelli veri e dagli occhi azzurri e movibili, con chiara allusione della regia ad un altro difficile esperimento nel quale sembra si cimentasse Mengele: mutare il colore degli occhi nella specie umana. E quando Enzo – che nutre nei confronti del medico un’ istintiva ostilità e che è tenuto all’oscuro degli esperimenti sulla moglie e sulla figlia – gli chiede perché lo fa, Mengele gli risponde: “È per un’idea di bellezza”.

 Per la verità, l’ideale estetico fu sempre a fondamento dell’etica del nazismo. Hitler dichiarava solennemente che il nazionalsocialismo aveva dato all’arte compiti nuovi e grandi: la creazione di un mondo più bello, più puro e più sano, eliminando tutto ciò che avesse ostacolato questo supremo ideale di bellezza. Il corpo umano, nella pittura come nella scultura, doveva rappresentare la perfezione delle forme e l’armonia delle proporzioni. A Hitler fa eco Goebbels che assegna all’artista il compito di modellare, plasmare, eliminare il marcio e spianare la via al sano. Il Mengele del film sembra oscillare tra questa estetica totalizzante che tende a fare della politica un’arte e che trasforma l’espressione artistica in una liturgia di regime, e un’estetica che resta ancorata a valori di esaltazione individuale, più fascista o almeno più dannunziana che nazista. «Difendete la Bellezza! E' questo il vostro unico officio. Difendete il sogno che è in voi!», scrive Gabriele D’Annunzio in Le vergini delle rocce.

 L’espediente delle bambole e il rapporto che il medico tedesco intrattiene con Lilith, un nome che evoca il lato oscuro del femminile, hanno lo scopo evidente di trascendere la realtà storica, creando nello spettatore l’attenzione morbosa di un horror a sfondo erotico. Quel che emerge tuttavia non è una Lolita attratta dal proprio carnefice, ma una ragazzina che s’innamora di una sorta di cavaliere medievale – con lei sempre corretto e gentile – che si batte per sottrarla alla cattiveria delle compagne che la prendono in giro pesantemente e la picchiano a causa della bassa statura. Il risultato è che agli occhi del pubblico non appare più la figura del medico nazista che si macchiò di atroci delitti, ma un uomo affascinante e carismatico che lotta per la propria sopravvivenza e che lavora con passione e genialità, sia pure in modo malinteso, al bene dell’umanità. Per contro, e come se non bastasse, la regia mette di fronte a lui un personaggio – l’unico ad intuire sin dal principio il male che si nasconde nell’animo del medico tedesco – oggettivamente poco simpatico: Enzo, il padre di Lilith, che sembra preoccuparsi solo di ciò che gli appartiene, moglie e figlia comprese.



















                                               




 Insomma, il film non sfugge ad una notevole ambiguità, anche nell’ipotesi che si siano volute prender per buone “le voci” di Auschwitz che parlano di una doppia personalità del medico tedesco. È probabilmente su questo equivoco che Lucía Puenzo ha scritto e diretto il film. Dando per scontata una realtà storica che inchioda Mengele alle proprie colpe e volendo invece soffermarsi sull’autenticità e la determinazione del medico tedesco. Un po’ quello che Alex Brendemühl - sin troppo somigliante nel fisico al personaggio che interpreta [fatto salvo il baffo "hitleriano" e lo sguardo vagamente ottuso di Mengele] - dichiara di aver appreso, soffermandosi sullo “spirito” del copione. Ma il risultato non muta e c’è il rischio che lo spettatore esca dal cinema con l’immagine di un Mengele, considerato alla stregua di un eroe… sia pure negativo

sergio magaldi


 La Rai si è occupata di Mengele in in servizio del 6 Giugno 2011 di La storia siamo noi. Per vederlo clicca su htmlhttp://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a87c0865-653b-43b2-bacf-d17d34b98530.html

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