SEGUE
DA:
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte prima)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte seconda)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte terza)
«O Crizia – dice Socrate nel Càrmide (dopo l’Eutifrone, un altro dei dialoghi giovanili di Platone) – ti rivolgi a me, credendo ch’io conosca gli
argomenti sui quali ti rivolgo la domanda. E tu pensi che dipenda dalla mia
volontà il darti l’assenso. Al contrario, la cosa non sta affatto così: io vado
saggiando col tuo aiuto le varie definizioni propostemi; appunto perché
comincio io stesso a non sapere. Farò dunque opportuna ricerca e poi intendo
significarti se sono d’accordo o no. Aspetta dunque che finisca prima la mia
indagine» (Platone, I Dialoghi,
vol.1, Rizzoli, Milano, 1953, p.222)
Pure,
in questa ricerca che nulla concede al ‘sapere saputo’ si accompagna sempre un
barlume di religiosità. Che si tratti del Socrate storico o dell’iniziato
Platone ha poca importanza. Nulla o poco c’è dato sapere sine deo concedente,
come Socrate dice a Teage nel dialogo omonimo:
«Eccoti dunque, Teage mio caro, questa la
mia scuola: qualora il mio insegnamento riesca gradito a Dio, grandi e rapidi
saranno i tuoi progressi, piccoli e tardi in caso contrario…»
(Op.cit.)
Ma
questo contatto tra l’umano e il divino si realizza con modalità tutt’affatto
differenti da quel che avviene nel pensiero religioso. Non si tratta di
sostituirsi al dio parlando per la sua bocca e spargendo ovunque il seme di una
verità rivelata che dovrà essere accettata anche con la forza, il dio non si
mescola con l’uomo ma può lasciar cadere in lui una scintilla di sé, una luce
in grado di illuminare la sua ricerca e di guidarlo alla comprensione del Cosmo, cioè dell’Ordine imposto alla natura da un
Grande Architetto.
Del resto, Socrate – ci racconta Platone nel Simposio –
è anch’esso un iniziato. Egli ha ricevuto l’iniziazione dei fedeli d’Amore da
Diotima, una sacerdotessa esperta nei sacri misteri dell’eros:
“Proverò a esporvi – dice Socrate ai convitati – il discorso su Amore che ho sentito fare
una volta da una donna di Mantinea, Diotima, che era sapiente in queste e in
molte altre cose (…) E’ stata appunto Diotima che m’ha iniziato alla scienza
d’Amore (…) Quando parlavo con lei, io pure sostenevo, pressappoco, le stesse
cose che ora diceva con me Agatone: Eros è un grande dio; Eros è amore di
bellezza. E lei confutava il mio dire (…) E allora, dissi, che cosa sarebbe
Eros? Un mortale?”
“Per nulla”
“Ma che cosa allora?”
“Come i casi precedenti, rispose, qualcosa
di intermedio tra il mortale e l’immortale”
“Che cosa, dunque, Diotima?”
“Un gran Daimon, Socrate, perché tutto ciò che è daimonico è intermedio
tra dio e mortale”
“E che potere ha?”
“Di interpretare e trasmettere agli dei ciò
che viene dagli uomini e agli uomini ciò che viene dagli dei, degli uni le
preghiere e i sacrifici, degli altri invece gli ordini e le ricompense per i
sacrifici: essendo in mezzo a entrambi, riempie lo spazio sicché il tutto
risulta in se stesso connesso. Attraverso di lui passa tutta la divinazione e
la tecnica sacerdotale concernente i sacrifici, le iniziazioni, gli
incantamenti e la predizione tutta e la magia. Un dio non si mescola con
l’uomo, ma per mezzo di Eros ha luogo ogni rapporto e colloquio degli dei con
gli uomini, sia nella veglia che nel sonno.[…] E per natura non è né immortale
né mortale […] né povero né ricco. D’altronde è anche in mezzo tra sapienza e
ignoranza […].
“Chi sono allora, Diotima, quelli che
filosofano, se non lo sono né i sapienti né gli ignoranti?”
“E chiaro anche ad un bambino ormai, disse,
che sono quelli a metà tra questi due e che di essi fa parte anche Eros. La
sapienza, infatti, fa parte delle cose più belle e Eros è amore del bello,
sicché è necessario che Eros sia filosofo e, in quanto filosofo, sia in mezzo
tra il sapiente e l’ignorante.” (Op.cit.)
E’
dunque questo fuoco interiore – che in Socrate assume le sembianze di un
Daimon, di uno spirito buono, il sé del linguaggio della
psicologia – a gettare un ponte tra pensiero sapienziale e pensiero religioso.
Difficile,
tuttavia e talora persino inutile separare rigidamente nell’universo dei Greci
il pensiero sapienziale da quello religioso. E non perché non esista
differenza, come abbiamo visto nel confronto tra Socrate ed Eutifrone, bensì
perché nella stessa tradizione confluiscono religiosità e religione, mito e
simbolismo, iniziazione misterica e norme etiche e civili. Gli uomini vivono a
continuo contatto con gli dei e benché questi ultimi si rivelino, per così
dire, solo ai predestinati, i loro consigli, le loro leggi s’impongono a tutti,
perché appartengono alle regole non scritte del coraggio, della pietà,
dell’onore e della comune convivenza, al dominio della saggia prudenza.
Accostarsi ai poemi omerici, alle opere di Platone e dei grandi filosofi,
all’arte, alla tragedia, come del resto alla lirica o alla commedia, significa
entrare nell’immenso patrimonio sapienziale dei Greci, attingere al ricco
simbolismo dei miti e delle leggende. E se è vero che nella mitologia greca, di
gran lunga la più illuminante nella storia della civiltà, s’intrecciano senza
soluzione di continuità le vicende degli dei, degli eroi e degli uomini, resta
pur vero che il pensiero mito-poietico dei Greci può tranquillamente rinunciare
alla divinità senza che il significato esoterico del mito, l’insegnamento che
dietro vi si cela, vada perduto.
SEGUE
sergio magaldi
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