giovedì 28 aprile 2022
mercoledì 27 aprile 2022
COSTA CONCORDIA cento anni dopo l'affondamento del Titanic
Le
molteplici e straordinarie coincidenze tra i due tragici sinistri nella storia delle
grandi navi passeggeri lascia pensare che il riferimento ai “corsi e ricorsi
storici” di Giambattista Vico potrebbe aiutarci ad avvalerci dell’inconscio
collettivo per attingere dall’ esperienza altrui, ivi conservata.
di Alberto Zei
La
storia si ripete
A
seguito dell’ articolo pubblicato ieri, riguardante
le circostanze che hanno determinato l’ inabissamento del Titanic, ecco
che la Concordia con la sua tragedia avvenuta esattamente 100 anni dopo, si
presenta come un simbolico riferimento ai “corsi e ricorsi storici” dei grandi
eventi, ritenuti da molti più unici che rari per la loro particolarità, ma
che prima o poi si ripetono, anche negli
avvenimenti dove la partecipata emotività pubblica genera un effetto moltiplicatore della loro
importanza, senza essere noi riusciti a
trarre da questi, esperienza e
conoscenza sufficiente per evitarli.
Si
può semplicemente rilevare per i due
colossi del mare che gli stessi criteri innovativi di costruzione, i servizi
previsti per l’emergenza, gli errori di
navigazione, la insufficienza delle imbarcazioni di soccorso e l’ essere
ritenuti al di sopra di ogni possibile naufragio, traccino un interessante confronto con gli eventi che hanno causato il
loro affondamento. Vediamo il probabile e significativo parallelo.
Compartimenti stagni
La
Concordia, così come il Titanic, era normalmente dotata di compartimenti
stagni che avrebbero contenuto
l’allagamento anche con il coinvolgimento di tre settori adiacenti danneggiati.
Nel caso della Concordia il cedimento
delle pareti di contenimento hanno creato l’allagamento dell’intera nave.
La
lamiera di costruzione
Per
le moderne navi da crociera di grande stazza, è prevista una lamiera acciaiosa
di adeguato spessore e composizione chimica. Il criterio di scelta sta nella
possibilità di superare eventuali impatti senza subire lacerazioni, Infatti la
lamiera utilizzata che viene denominata “navale”, oltre alla necessaria
consistenza, possiede la caratteristica della flessibilità e dello stiramento
all’urto, in modo che possa deformarsi ma non lacerarsi evitando le
pericolosissime falle sotto il livello di galleggiamento.
La
Concordia però, così come sembra il Titanic, per lo sfregamento della fiancata
sullo scoglio è stata tagliata e accartocciata per la lunghezza per
Imprudenza
di navigazione
Anche
per la Concordia, come mutatis mutandis
per il Titanic, non era prevista la rotta imprudente verso l’isola del Giglio
che invece la nave percorse incorrendo nella collisione con uno scoglio imprevisto,
davanti alle isolette delle Scole.
Tardivo
avvistamento dell’ostacolo
La
Concordia, così come il Titanic, pare non avesse predisposto la vedetta e i
sistemi di rilevazione delle ecoscandaglio e della marca radar di sicurezza
sembra fossero stati disattivati.
Ufficiale
di guardia in luogo del comandante
Così
come il Comandante del Titanic, anche il Comandante della Concordia in quella
notte – in base alla relazione tecnica dei consulenti nominati dal Gip del
Tribunale di Grosseto – era assente dal ponte di comando, subentrando in un
secondo tempo, quando la nave ormai significativamente fuori rotta gli fu
consegnata qualche minuto prima della collisione.
Errore
del timoniere
Com’era
accaduto con il timoniere del Titanic, anche il timoniere della Concordia –
stando alle registrazioni della scatola nera – pur avendo ancora tempo
sufficiente per evitare lo scoglio, mentre riceveva l’ordine dal Comandante:
“20° a sinistra”, portò la barra a 20° a dritta. E solo dopo, ma troppo tardi,
prima ha riportato la barra al centro per qualche secondo e poi ha eseguito il
giusto comando a sinistra. Il risultato è stato un assurdo impatto sulla roccia
emergente dall’acqua con tutta la tragedia che ne è seguita.
Lance di salvataggio
La stessa fatalità accomuna Titanic e Concordia
riguardo alla mancanza delle scialuppe di salvataggio. Quantunque la Concordia
ne fosse dotata. La causa fu l’impossibilità del personale di bordo di
sganciare dai supporti di ancoraggio ben tre delle 12 lance di dotazione del
ponte sinistro che avrebbero consentito
l’evacuazione di tutto il personale presente in quello stesso lato del
transatlantico. Il risultato fu quello di dover necessariamente lasciare a
bordo centinaia di persone, 32 delle quali perite a causa del ribaltamento della nave.
Da
ultimo, a titolo simbolico della concomitanza degli eventi: il tempo di
galleggiamento del Titanic, prima di affondare nel gelido oceano di quella
notte, fu di circa due ore e 40 minuti; quello della Concordia, prima del suo
ribaltamento in quella fredda notte d’inverno, esattamente cent’anni più tardi,
fu di circa due ore e 57 minuti.
martedì 26 aprile 2022
TITANIC E CONCORDIA: lo stesso destino cento anni dopo
Nel fatidico centenario di ricorrenza tra i
due più eclatanti eventi di affondamento dei transatlantici Titanic e Concordia
con migliaia di passeggeri a bordo, i fatti avvenuti rievocano l’assurdo gioco
del destino quando l’eccesso di sicurezza trascura l’eterno agguato dell’
“imprevisto “.
di Alberto Zei
Il
presente articolo prende in considerazione le cause della collisione e dell’
inabissamento del Titanic. Nel secondo
articolo che sarà pubblicato domani verrà
trattata la sorprendente analogia con le condizioni del Titanic, le
tragiche sequenze del tutto simili degli eventi e delle responsabilità
dell’affondamento della Concordia.
Ancora
una volta la intuizione del noto filosofo napoletano Giambattista Vico sui
corsi e ricorsi delle grandi catastrofi storiche può in un certo modo,
accordarsi con sorprendente ripetizione
e anche in eventi di minor spessore quando questi
incidono emotivamente sulla coscienza di
un grande numero di persone. Si tratta di
situazioni che per la loro singolarità sembravano irripetibili ma che si
ripresentano invece con caratteristiche del tutto simili a quelle dell’evento
precedente.
Ciò
significa che non abbiamo imparato niente di quanto è accaduto prima, oppure si
crede che certi fatti siano correlati
dal caso, tanto da lasciare scandire gli eventi umani dalla ineluttabilità del
destino.
Il
14 aprile scorso[1]
ricorreva il giorno, ovvero la fatidica notte, in cui il Titanic – il più innovativo transatlantico
della sua epoca, per giunta ritenuto
inaffondabile – durante il suo viaggio inaugurale nel 1912 incontrò lungo la
rotta al largo della Groenlandia un
iceberg alla deriva con il quale ebbe una grave collisione che ne determinò il
tragico affondamento in meno di tre ore.
L’inaffondabilità
Si
trattava di una nave concepita già da allora con i compartimenti stagni che
avrebbero consentito, anche in caso di gravi danni, di mantenere con il loro
vuoto la nave in linea di galleggiamento.
Ecco
che già questo particolare avrebbe garantito la sua inaffondabilità quando
invece il destino decretò al contrario, il suo tragico inabissamento.
Un’altra
caratteristica della robustezza del Titanic consisteva nella fortissima
resistenza del corpo nave agli urti anche più violenti, in quanto lo spessore e
la durezza di quel tipo di acciaio utilizzato nella costruzione dello scafo
avrebbe resistito anche alle massime sollecitazioni previste. Per quanto
riguarda la saldatura delle lamiere tra loro, come nel caso della Torre Eiffel,
questa operazione fu sostituita con milioni di ribattini di acciaio per la
relativa congiunzione delle varie parti che avrebbero contenuto con pari o
ancora maggiore tenacia la struttura dello scafo nella sua interezza.
Cos’altro
ancora per rendere il transatlantico invulnerabile, il cui nome rappresentava
la mitologica figura attribuita ad un invincibile gigante?
La
prevedibilità….. dell’ imprevisto
Eppure
c’è sempre l’imprevisto ossia un agguato con la sua catena degli eventi che
come per volontà del destino o per errore umano
si mettono tutti insieme per intervenire uno dopo l’altro, nel modo
peggiore da causare un improbabile risultato che però solo dopo ci si accorge
con “ con il senno del poi“, che si sarebbe potuto evitare.
Per
quanto riguarda la navigazione non possono sfuggire la sequenza degli errori comuni probabilmente determinati
dall’eccessiva sicurezza sotto tutti i punti di vista.
In
primo luogo va detto che il Titanic ha attraversato un arco di Atlantico in cui
in primavera inoltrata, eravamo infatti alla fine di aprile, si incontravano
iceberg provenienti dalla calotta polare nella via delle correnti fredde
dirette verso l’altra sponda dell’oceano che si allargavano con la loro
presenza anche nel tratto di mare dove il transatlantico percorreva la rotta
tracciata per quel viaggio.
Il
Titanic essendo dotato di potenti motori avrebbe potuto
allargare il percorso più a sud, senza il pericolo di incontri pericolosi come
purtroppo in quella notte avvenne ma per questioni di emulazione di pubblicità
per il record della traversata, preferì non allargare la rotta e non solo.
Infatti
un’altra concausa che si
deve imputare alla negligenza del personale di bordo è che gli addetti
alle comunicazioni radio, quantunque fossero stati in condizioni di ricevere la
segnalazione di iceberg da parte di altre navi in transito, non erano presenti
in tempo utile nella sala radio per ascoltare i messaggi, oppure, non hanno
riferito al comandante o all’ufficiale di guardia, le informazioni ricevute.
Questo è stato accertato dall’indagine dopo il disastro. Ma dove era il
comandante durante il tempo in cui il Titanic transitava nel tratto di mare in
presenza di iceberg?
Sempre
nel campo operativo della rotta seguita dal Titanic, la responsabilità maggiore
si deve forse imputare all’equipaggio di
vedetta che, durante la navigazione, pare non avesse a disposizione i binocoli
di dotazione perché chiusi a chiave in un armadietto; binocoli che avrebbero
consentito di avvistare in tempo idoneo il pericolo dell’iceberg sulla rotta
della nave. Non solo, nonostante il tardivo avvistamento, sarebbe stato
sufficiente ad evitare la collisione una manovra di allargamento dal ghiaccio
eseguita nella giusta direzione. Ecco che qui entra pesantemente in
campo la fatalità, oppure l’errore umano che rende ancora più difficile
accettare l’affondamento del Titanic e le sue luttuose conseguenze.
L’
equivoco del timone
Quantunque
la grande innovazione del motore avesse modificato tanto le modalità di navigazione,
quanto gli ordini del comandante al timoniere, rispetto alla tipologia delle
imbarcazioni a vela del passato, il retaggio dei tempi della
tradizione avevano mantenuto i vecchi concetti della cibernetica dei
bastimenti. Ossia il timone concepito come una superficie immersa nell’acqua e
munita di una barra di comando a dritta e a sinistra.
Il
termine di barra a dritta significava che il timoniere doveva eseguire questa
operazione senza ulteriori interpretazioni, mentre l’imbarcazione girava dalla parte
opposta, ossia a sinistra. Con l’avvento dei timoni più sofisticati collegati
con cavi e pulegge alla ruota in mano al timoniere, il termine di barra a
dritta si doveva intendere nel senso che la nave dovesse girare da quella parte
e non dalla parte opposta.
Questo
è stato il primo equivoco in cui è forse caduto il timoniere, posizionando su
comando il timone come fosse una barra a mano dalla parte opposta a quella che
avrebbe dovuto scansare l’iceberg. Così che invece di allontanarsi, il Titanic
si avvicinò ulteriormente alla montagna di ghiaccio che emergeva dall’acqua.
Invano fu il tentativo successivo di porre la barra nella giusta posizione, in
quanto la nave non riuscì a riprendere il largo dal bordo dell’iceberg
finendone contro di struscio alla
velocità di circa
Le vere cause dell’ affondamento
Ciò
che di vero si è saputo, dopo il ritrovamento del relitto a circa
Si è
infatti appreso che i rivetti di congiunzione delle lamiere erano di acciaio
ricco di zolfo e che alle basse temperature dell’acqua oceanica gli stessi
rivetti assumevano delle caratteristiche di fragilità allo strappo.
Questa
è stata la ragione per cui la collisione avvenuta tra la fiancata della nave e
l’ iceberg, ha praticamente strappato gli assi dei ribattini aprendo la lamiera
come se questi non ci fossero mai stati. Ciò che ne è conseguito è stata una
lunga apertura della paratia per diverse decine di metri sotto il livello del
mare. Da qui l’acqua è entrata a dismisura come mai nessun altro tipo di
collisione ipotizzata avrebbe potuto causare se le lamiere fossero state
saldate o mantenute a contatto con ribattini di acciaio di qualità idonea alla
deformazione plastica, ossia all’allungamento senza causare frattura.
Per
quanto riguarda i compartimenti stagni, vera e propria innovazione nel sistema
di sicurezza navale, questi avrebbero dovuto mantenere l’acqua penetrata
all’interno della loro capienza, impedendo l’ulteriore allagamento del
transatlantico. La ragione che gli scompartimenti non funzionarono come
avrebbero dovuto, è imputabile alla incompleta ermeticità dei settori in
quanto, nella parte alta delle pareti vicino
al soffitto, queste avevano un varco di areazione tra i vari locali. Così che
l’acqua traboccando da uno scompartimento all’altro fuoriuscì, allagando la
nave e rendendo vano lo stesso concetto vantato della sua inaffondabilità.
La
beffa del…… destino?
Non
finisce qui la serie delle perfide matriosche,
perché anche la qualità dell’acciaio con il quale è stato costruito il
Titanic, prevedeva la durezza alla
compressione cioè all’urto, ma non alla flessione perché forse non era neanche
concepibile un incidente che comportasse sollecitazioni di questo genere.
Invece le cose sono andate diversamente in quanto il tipo d’acciaio utilizzato
era reso ancor di più rigido e fragile (come ad esempio il vetro); cosicché per la eccessiva e nociva
presenza di zolfo nelle lamiere, quando
la nave cominciò ad affondare con la prua e la
poppa si sollevò dall’acqua, l’acciaio non tenne il peso e, di lì a
pochi minuti, il Titanic si spezzò in due parti, inabissandosi
rapidissimamente.
Il
capro espiatorio
In
considerazione della enorme gravità del naufragio non poteva mancare
l’immediato capro espiatorio della situazione, individuato in Bruce Ysmay,
Direttore Generale della Compagnia navale White Star, dello stesso Titanic,
imbarcatosi in quel viaggio inaugurale. Questi si sarebbe macchiato di disonore
per essere salito a bordo di un scialuppa di salvataggio
quando altre persone del suo stesso
rango, oltre che molte donne, erano rimaste
sulla nave. Ha soprattutto suscitato
sdegno l’ accusa di aver vergognosamente
preso la prima canoa per fuggir
via. Egli fu riabilitato soltanto in
seguito, in virtù di testimoni che lo videro adoperarsi fino all’ estremo, nel
far salire i passeggeri sulle imbarcazioni. Fu giustificato per essere salito sull’ ultima canoa, su richiesta delle stesse donne che si
trovavano a bordo; canoa che partì con 40 persone mentre la capienza era di 47.
Per
quanto riguarda le imbarcazioni di salvataggio, i progettisti ritenevano che il
numero delle lance di dotazione fosse sufficiente per qualsiasi evenienza,
stante sempre la presunta inaffondabilità del transatlantico, sennonché
l’evento catastrofico rivelò di quanto ci si potesse ingannare nelle
previsioni.
Con
l’ articolo di domani sarà tracciata la sequenza dei fatti che, a distanza di
cento anni, sostanzialmente ripetono le analoghe circostanze del caso
Concordia; circostanze che, nel loro insieme, ricordano come l’ eccesso di
sicurezza aumenti sempre la gravità della tragedia, quando questa si verifica.
[1] Tra le ultime ore del 14 e le prime ore del 15 aprile 1912 naufragò il Titanic a causa della collisione con un iceberg. Cento anni dopo, il 13 gennaio 2012, la stessa sorte toccò al Concordia, per essersi andato a infrangere sugli scogli. Nella notte dello scorso 14 aprile ricorreva il centodecimo anniversario dell’affondamento del Titanic, a dieci anni di distanza da quello del Concordia.
lunedì 25 aprile 2022
25 Aprile 2022
Per ricordare il 25 Aprile scelgo due brani: l’uno
tratto da Sul Fascismo di Antonio
Gramsci che, sebbene scritto addirittura prima dell’avvento del fascismo in
Italia e dopo la fine della Prima Guerra Mondiale (L'Ordine Nuovo, 11 marzo
1921), appare quanto mai attuale sul fascismo e sulla guerra in generale.
Il secondo brano è tratto dalla prefazione che Italo
Calvino antepose in un momento successivo alla pubblicazione del suo primo romanzo: Il sentiero dei nidi di ragno, edito da Einaudi nel 1947 e considerato
uno dei libri più belli scritti sulla Resistenza.
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«Cos'è
il fascismo, osservato su scala internazionale? È il tentativo di risolvere i
problemi di produzione e di scambio con le mitragliatrici e le revolverate. Le
forze produttive sono state rovinate e sperperate nella guerra imperialista:
venti milioni di uomini nel fiore dell'età e dell'energia sono stati uccisi;
altri venti milioni sono stati resi invalidi; le migliaia e migliaia di legami
che univano i diversi mercati mondiali sono stati violentemente strappati; i
rapporti tra città e campagna, tra metropoli e colonie, sono stati capovolti;
le correnti d'emigrazione, che ristabilivano periodicamente gli squilibri tra
l'eccedenza di popolazione e la potenzialità dei mezzi produttivi nelle singole
nazioni, sono state profondamente turbate e non funzionano più normalmente. Si
è creata un'unità e simultaneità di crisi nazionali che rende appunto
asprissima e irremovibile la crisi generale. Ma esiste uno strato della
popolazione in tutti i paesi — la piccola e media borghesia — che ritiene di
poter risolvere questi problemi giganteschi con le mitragliatrici e le
revolverate, e questo strato alimenta il fascismo, dà gli effettivi al fascismo»
(Antonio Gramsci, Sul Fascismo, a cura di Enzo Santarelli,Editori riuniti, Roma,
1973, p.95)
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“[…]Questo romanzo è il primo che ho scritto. Come posso
definirlo, ora, a riesaminarlo tanti anni dopo? (Devo ricominciare da capo.
M'ero cacciato in una direzione sbagliata: finivo per dimostrare che questo
libro era nato da un'astuzia per sfuggire all'impegno; mentre invece, al
contrario...) Posso definirlo un esempio di « letteratura impegnata ». nel
senso più ricco e pieno della parola. Oggi, in genere, quando si parla di «
letteratura impegnata » ci se ne fa un'idea sbagliata, come d'una letteratura
che serve da illustrazione a una tesi già definita a priori, indipendentemente
dall'espressione poetica. Invece, quello che si chiamava l'« engagement »,
l'impegno, può saltar fuori a tutti i livelli; qui vuole innanzitutto essere
immagini e parola, scatto, piglio, stile, sprezzatura, sfida.
Già nella scelta del tema c'è un'ostentazione di
spavalderia quasi provocatoria. Contro chi? Direi che volevo combattere
contemporaneamente su due fronti, lanciare una sfida ai detrattori della
Resistenza e nello stesso tempo ai sacerdoti d'una Resistenza agiografia ed
edulcorata. Primo fronte: a poco più d'un anno dalla Liberazione già la «
rispettabilità ben pensante » era in piena riscossa, e approfittava d'ogni
aspetto contingente di quell'epoca - gli sbandamenti della gioventù
postbellica, la recrudescenza della delinquenza, la difficoltà di stabilire una
nuova legalità -per esclamare: « Ecco, noi l'avevamo sempre detto, questi
partigiani, tutti cosi, non ci vengano a parlare di Resistenza, sappiamo bene
che razza d'ideali... » Fu in questo clima che io scrissi il mio libro, con cui
intendevo paradossalmente rispondere ai ben pensanti: D'accordo, farò come se
aveste ragione voi, non rappresenterò i migliori partigiani, ma i peggiori
possibili, metterò al centro del mio romanzo un reparto tatto composto di tipi
un po' storti. Ebbene: cosa cambia? Anche in chi si è gettato nella lotta senza
un chiaro perché, ha agito un'elementare spinta di riscatto umano, una spinta
che li ha resi centomila volte migliori di voi, che li ha fatti diventare forze
storiche attive quali voi non potrete mai sognarvi di essere! » Il senso di
questa polemica, di questa sfida è ormai lontano: e anche allora, devo dire, il
libro fu letto semplicemente come romanzo, e non come elemento di discussione
su di un giudizio storico. Eppure, se ancora vi si sente frizzare quel tanto
d'aria provocatoria, proviene dalla polemica d'allora…”
sabato 23 aprile 2022
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte V
SEGUE DA:
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte I
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte II
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte III
ASTROLOGIA
E ASTRONOMIA Parte IV
Il grafico astrologico di Venere-Afrodite,
formato di un cerchio che sovrasta una croce, sul piano meramente figurativo fa
pensare ad uno specchio e/o ad una chiave. È lo specchio con cui la dea rimira
la propria bellezza e si compiace di sé. “Chi è la più bella del reame?”. Quale
la dea che a buon diritto può fregiarsi del titolo di regina dell’Olimpo? Di
sicuro è lei, Venere-Afrodite, che si vide assegnare da Paride la mela d’oro
della più bella fra le dee.
Com’è noto, nell’universo dei Greci, i miti sono tutti collegati
tra loro. La mela – seconda per fama solo a quella che il serpente offre ad Eva
nell’Eden – colta dal giardino delle Esperidi (e a questo punto si dovrebbe
parlare della dodicesima e ultima fatica di Ercole), fu gettata al banchetto
nuziale di Peleo e Teti da Eris, dea della discordia e sorella del dio della
guerra (Marte) per vendicarsi di non essere stata invitata alle nozze. Eris
accompagnò il lancio con la dichiarazione che dovesse essere assegnata alla più
bella tra tutte le dee convenute al banchetto. Il risultato fu l’immediata
contesa fra: Era-Giunone, Atena-Minerva ed Afrodite-Venere. Arbitro del
giudizio fu designato il troiano Paride che assegnò il pomo a Venere. Scelta
che avrebbe provocato più tardi la guerra di Troia, per la ricompensa
accordatagli dalla dea che lo premiò con l’amore di Elena, considerata la donna
più bella dell’epoca sua, moglie di Menelao e cognata del re greco Agamennone.
Significati astrologici
collegati al glifo dello specchio di Venere si trovano nei due domicili del
pianeta e cioè la terra prima del Toro e l’aria seconda di Bilancia, ma anche
una Venere dominante nel tema di nascita rimanda agli stessi significati.
Per
DOMINANTE s’intende in astrologia quell’elemento (pianeta, casa o segno)
particolarmente forte nell’oroscopo, come per esempio può esserlo un pianeta
che posto in una casa angolare, e particolarmente al Medio Cielo o
all’Ascendente, intrattenga rapporti (con aspetti più o meno benefici) con
tutti gli altri pianeti o con la maggior parte di essi. I significati sono
quelli del fascino, della socievolezza, della buona fortuna, dell’amabilità,
del talento artistico, del buon eloquio etc… in positivo (qualora cioè non sia
collocata in posizione disarmonica con gli altri pianeti), ma anche:
narcisismo, pigrizia, futilità, infedeltà, lussuria, dilapidazione di beni o
denaro etc… in negativo.
Quanto all’altra immagine della chiave, non c’è dubbio trattarsi della
“chiave di vita” dell’immortalità, perché dall’amore che Venere rappresenta
nasce e si riproduce di continuo la vita nel nostro universo.
Se guardiamo poi ai significati che hanno ispirato la costruzione del
glifo di Venere, notiamo subito che il cerchio che sovrasta la croce
(impugnatura dello specchio, ma anche simbolo del quaternario, dei quattro
elementi: fuoco-aria-acqua-terra, del sesso femminile, tratto orizzontale, e di
quello maschile, tratto verticale) può rappresentare il Sole cioè lo spirito
che sovrasta la materia oppure il cerchio della Luna che si lascia dominare da
passione, emotività e accidia.
Sul piano astrologico valgano qui le stesse considerazioni fatte sopra.
Quando i luminari (Sole-Luna) sono in aspetto armonico con Venere è lecito
parlare di longevità, giusto equilibrio di materia e spirito, di emozioni e
ragione etc…, quando non lo sono, può essere vero il contrario...
giovedì 14 aprile 2022
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte IV
SEGUE DA:
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte I
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte II
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte III
Un esempio letterario al riguardo lo fornisce un romanzo di Paolo Maurensig che per l’appunto s’intitola VENERE LESA, edito da Mondadori diversi anni fa. Nel risvolto di copertina del romanzo si trova scritto tra l’altro:
“Questo amore che si nutre del possesso come della sottrazione, dell’attaccamento come della rivalsa, trova il suo simbolo in una figura dell’astrologia, quella Venere LESA cioè incrinata, afflitta, ferita, che allude a un’ansia immedicabile, all’impossibilità della durata, a un gioco straziante che di eterno ha solo le regole che la governano".
L’autore del romanzo premette poi alla narrazione
una citazione di J. Péladan che bene esemplifica la condizione per eccellenza
di una Venere FORTE (così l’astrologo definisce un pianeta presente in un
oroscopo, in positivo o in negativo, per la molteplicità degli aspetti e/o la
sua particolare presenza in determinati e significativi luoghi del tema di
nascita) e LESA in un tema femminile:
“La
sua sfrontatezza viene immediatamente rivelata, a meno che non sia nata
nell’ambito di un’alta classe sociale e che l’educazione non l’abbia fornita di
una potente capacità di dissimulazione. La si incontra a tutte le gradazioni
della galanteria professionale che è il suo vero destino. Cortigiana per
vocazione, sa risvegliare i sensi e identificarsi in essi con un’arte
prodigiosa. Ella chiama il fango che si nasconde nell’uomo e l’incatena
attraverso un sapiente uso della lussuria. È lei che si ama fino ad uccidersi e
che si disprezza fino all’omicidio…”
Farò ora solo qualche esempio
pratico di interpretazione in base alla cosiddetta astrologia giudiziaria o
previsionale. Quando, in un tema zodiacale, Venere non sia in esilio o in
caduta (nei segni di Scorpione, Ariete e Vergine), nonché afflitta in una casa
astrologica problematica, come Sesta, Ottava e Dodicesima, e si trovi congiunta
al Sole, e la Luna nel cielo di nascita non sia particolarmente ostile, si può
ragionevolmente argomentare da parte dell’interprete che il soggetto avrà vita
lunga. D’altra parte, la presenza di Venere in Scorpione o nella Ottava casa,
induce a far pensare a forti appetiti sessuali ancorché distorti (naturalmente
anche in funzione di altri aspetti), come pure Venere Ascendente o nel segno
dell’Ariete, fa pensare al fascino del nativo. Esemplare per quest’ultimo
riguardo il tema di nascita di Marylin Monroe.
Tuttavia,
la non felice posizione della Luna (opposta a Nettuno, quadrata a Saturno ecc…)
nonché la dominante Marte-Plutone, Nettuno Ascendente e altre configurazioni
planetarie rendono probabile anche e purtroppo la brevità della vita di Marylin
e le tristi modalità della sua fine.
S E G U E
sergio magaldilunedì 11 aprile 2022
martedì 5 aprile 2022
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte III
SEGUE DA:
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte I
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte II
Non vorrei essere frainteso. È chiaro che gran parte dei significati che
l’astrologia attribuisce a Venere derivano dai miti collegati alla dea ed è
altrettanto vero che tali significati sono la proiezione fantastica che il
corpo celeste, ovvero la sua veste fisica, ha generato nella psiche umana sin
dai primordi e che la tradizione ha successivamente contribuito ad
implementare. Naturalmente, non si tratta di miti isolati perché vanno sempre
considerati in relazione alla complessa mitologia degli altri dei-pianeti e/o
luminari ed alla particolare posizione che ciascuno di tali corpi celesti
occupa nello spazio. Così, l’astrologo parlerà diversamente di un aspetto
Venere – Marte piuttosto che di uno Venere – Giove e questo stesso aspetto sarà
diversamente considerato in funzione del segno zodiacale in cui si colloca,
delle cosiddette case di reciproca pertinenza, nonché della distanza espressa
in gradi che intercorre tra i due pianeti e dall'osservazione dei rapporti che
ciascuno dei due intrattiene con altri corpi celesti. In proposito, per ciò che
riguarda lo zodiaco, ricordo che Venere ha domicilio nel Toro e nella Bilancia,
è esiliata nei segni opposti rispettivamente dello Scorpione e dell’Ariete, si
esalta nei Pesci ed è in caduta nell’opposto segno della Vergine. Domicilio (o
governo o maestria) ed esaltazione sono posizioni genericamente favorevoli di
Venere, mentre l’esilio e la caduta genericamente sfavorevoli.
La mitologia della dea greca Afrodite, divinità d’origine orientale, si fonde presto con quella di un’antica dea italica, l’ALMA VENUS dei latini. Tre erano in Roma i santuari di Venere: presso il Circo Massimo, ai piedi dell’Aventino, sorgeva il tempio di Venere Murcia o Murtea che addolcisce la vita dell’uomo e ne asseconda le voglie, ma anche dea del mirto, simbolo di amore casto; nell’area dove la Cloaca Maxima entrava nel Foro, il tempio dedicato a Venere Cloacina a ricordo della pace tra Romani e Sabini dopo il famoso ratto delle donne sabine; e infine, in un luogo ignoto, l’edificio sacro a Venere Libitina, divinità del piacere (libet) ma anche della morte, per l’associazione che da sempre la psiche umana fa tra amore e morte. S’aggiunse poi il culto di VENUS VICTRIX (vincitrice) onorata in un tempio sul Campidoglio e più tardi quello di VENUS GENITRIX (genitrice), venerata da Giulio Cesare, che da lei faceva discendere la propria famiglia tramite l’eroe troiano Enea, e celebrata dal poeta latino Lucrezio nell’invocazione che apre il DE RERUM NATURA:
“Aeneadum genetrix,hominum divomque voluptas, alma Venus, caeli subter labentia signa quae mare navigerum, quae terras frugiferentis concelebras, per te quondam genus omne animantum concipitur visitque exortum lumina solis:
te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli
adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus
summittit flores, tibi rident aequora ponti
placatumque nitet diffuso lumine caelum…”
Madre della stirpe di Enea, che il desiderio susciti
negli uomini e negli dei, alma Venere,
tu che rendi navigabile il mare con celesti segni,
e rechi alla terra abbondanti messi,
tu che causi la vita d’ogni essere animato
che nascendo si rallegra dei raggi del sole:
te, dea, fuggono i venti,
dileguano le nubi del cielo al tuo apparire,
per te la terra lucente fa spuntare fiori,
per te la distesa del mare sorride e brilla di luce
splendente il cielo sereno…” (trad.
mia)
I significati generali della Venere
astrologica sembrano dunque delinearsi nelle principali caratteristiche di
Venere-Afrodite. La dea configura genericamente in astrologia i valori della
vitalità e della cosiddetta solarità di una persona, le sue eventuali doti di
fascino, bellezza, capacità d’amare, maternità, paternità, fecondità, dolcezza,
tenerezza ed una carriera tendenzialmente votata all’arte, alla musica e alla
danza (ma anche alle “minori” professioni di ostetrica, estetista,
parrucchiera, commerciante di abbigliamento intimo e così via). E la musica, tra le arti di
Venere, esprime nel linguaggio che le è proprio le armonie o le disarmonie del
reale e, a buon diritto, può rappresentare una metafora dell’astrologia, non
solo per gli aspetti correlati agli accordi e ai toni musicali, ma più in
generale per tutti i corpi celesti simbolicamente presenti nella scala
musicale.
In omaggio a Venus Victrix (Venere vittoriosa) il pianeta è anche considerato simbolo di FORTUNA MINOR (minore) in rapporto alla FORTUNA MAIOR (maggiore), per l’astrologo, a quanto pare, dispensata da Giove e di cui parlerò più avanti. Naturalmente purché non si tratti di una VENERE LESA, come gli astrologi definiscono l’infelice posizione di Venere in un tema di nascita, perché in tal caso tutte le qualità positive del pianeta si mutano come per magia nel loro contrario, e la grande capacità di amare diventa frigidità, gelosia e possesso, o intrigo di cortigiana, la vitalità si volge in malattie frequenti, la solarità in tetraggine e/o pratiche segrete di magia, la fortuna nelle piccole cose della vita in altrettanta sfortuna e così via.