Nel fatidico centenario di ricorrenza tra i
due più eclatanti eventi di affondamento dei transatlantici Titanic e Concordia
con migliaia di passeggeri a bordo, i fatti avvenuti rievocano l’assurdo gioco
del destino quando l’eccesso di sicurezza trascura l’eterno agguato dell’
“imprevisto “.
di Alberto Zei
Il
presente articolo prende in considerazione le cause della collisione e dell’
inabissamento del Titanic. Nel secondo
articolo che sarà pubblicato domani verrà
trattata la sorprendente analogia con le condizioni del Titanic, le
tragiche sequenze del tutto simili degli eventi e delle responsabilità
dell’affondamento della Concordia.
Ancora
una volta la intuizione del noto filosofo napoletano Giambattista Vico sui
corsi e ricorsi delle grandi catastrofi storiche può in un certo modo,
accordarsi con sorprendente ripetizione
e anche in eventi di minor spessore quando questi
incidono emotivamente sulla coscienza di
un grande numero di persone. Si tratta di
situazioni che per la loro singolarità sembravano irripetibili ma che si
ripresentano invece con caratteristiche del tutto simili a quelle dell’evento
precedente.
Ciò
significa che non abbiamo imparato niente di quanto è accaduto prima, oppure si
crede che certi fatti siano correlati
dal caso, tanto da lasciare scandire gli eventi umani dalla ineluttabilità del
destino.
Il
14 aprile scorso[1]
ricorreva il giorno, ovvero la fatidica notte, in cui il Titanic – il più innovativo transatlantico
della sua epoca, per giunta ritenuto
inaffondabile – durante il suo viaggio inaugurale nel 1912 incontrò lungo la
rotta al largo della Groenlandia un
iceberg alla deriva con il quale ebbe una grave collisione che ne determinò il
tragico affondamento in meno di tre ore.
L’inaffondabilità
Si
trattava di una nave concepita già da allora con i compartimenti stagni che
avrebbero consentito, anche in caso di gravi danni, di mantenere con il loro
vuoto la nave in linea di galleggiamento.
Ecco
che già questo particolare avrebbe garantito la sua inaffondabilità quando
invece il destino decretò al contrario, il suo tragico inabissamento.
Un’altra
caratteristica della robustezza del Titanic consisteva nella fortissima
resistenza del corpo nave agli urti anche più violenti, in quanto lo spessore e
la durezza di quel tipo di acciaio utilizzato nella costruzione dello scafo
avrebbe resistito anche alle massime sollecitazioni previste. Per quanto
riguarda la saldatura delle lamiere tra loro, come nel caso della Torre Eiffel,
questa operazione fu sostituita con milioni di ribattini di acciaio per la
relativa congiunzione delle varie parti che avrebbero contenuto con pari o
ancora maggiore tenacia la struttura dello scafo nella sua interezza.
Cos’altro
ancora per rendere il transatlantico invulnerabile, il cui nome rappresentava
la mitologica figura attribuita ad un invincibile gigante?
La
prevedibilità….. dell’ imprevisto
Eppure
c’è sempre l’imprevisto ossia un agguato con la sua catena degli eventi che
come per volontà del destino o per errore umano
si mettono tutti insieme per intervenire uno dopo l’altro, nel modo
peggiore da causare un improbabile risultato che però solo dopo ci si accorge
con “ con il senno del poi“, che si sarebbe potuto evitare.
Per
quanto riguarda la navigazione non possono sfuggire la sequenza degli errori comuni probabilmente determinati
dall’eccessiva sicurezza sotto tutti i punti di vista.
In
primo luogo va detto che il Titanic ha attraversato un arco di Atlantico in cui
in primavera inoltrata, eravamo infatti alla fine di aprile, si incontravano
iceberg provenienti dalla calotta polare nella via delle correnti fredde
dirette verso l’altra sponda dell’oceano che si allargavano con la loro
presenza anche nel tratto di mare dove il transatlantico percorreva la rotta
tracciata per quel viaggio.
Il
Titanic essendo dotato di potenti motori avrebbe potuto
allargare il percorso più a sud, senza il pericolo di incontri pericolosi come
purtroppo in quella notte avvenne ma per questioni di emulazione di pubblicità
per il record della traversata, preferì non allargare la rotta e non solo.
Infatti
un’altra concausa che si
deve imputare alla negligenza del personale di bordo è che gli addetti
alle comunicazioni radio, quantunque fossero stati in condizioni di ricevere la
segnalazione di iceberg da parte di altre navi in transito, non erano presenti
in tempo utile nella sala radio per ascoltare i messaggi, oppure, non hanno
riferito al comandante o all’ufficiale di guardia, le informazioni ricevute.
Questo è stato accertato dall’indagine dopo il disastro. Ma dove era il
comandante durante il tempo in cui il Titanic transitava nel tratto di mare in
presenza di iceberg?
Sempre
nel campo operativo della rotta seguita dal Titanic, la responsabilità maggiore
si deve forse imputare all’equipaggio di
vedetta che, durante la navigazione, pare non avesse a disposizione i binocoli
di dotazione perché chiusi a chiave in un armadietto; binocoli che avrebbero
consentito di avvistare in tempo idoneo il pericolo dell’iceberg sulla rotta
della nave. Non solo, nonostante il tardivo avvistamento, sarebbe stato
sufficiente ad evitare la collisione una manovra di allargamento dal ghiaccio
eseguita nella giusta direzione. Ecco che qui entra pesantemente in
campo la fatalità, oppure l’errore umano che rende ancora più difficile
accettare l’affondamento del Titanic e le sue luttuose conseguenze.
L’
equivoco del timone
Quantunque
la grande innovazione del motore avesse modificato tanto le modalità di navigazione,
quanto gli ordini del comandante al timoniere, rispetto alla tipologia delle
imbarcazioni a vela del passato, il retaggio dei tempi della
tradizione avevano mantenuto i vecchi concetti della cibernetica dei
bastimenti. Ossia il timone concepito come una superficie immersa nell’acqua e
munita di una barra di comando a dritta e a sinistra.
Il
termine di barra a dritta significava che il timoniere doveva eseguire questa
operazione senza ulteriori interpretazioni, mentre l’imbarcazione girava dalla parte
opposta, ossia a sinistra. Con l’avvento dei timoni più sofisticati collegati
con cavi e pulegge alla ruota in mano al timoniere, il termine di barra a
dritta si doveva intendere nel senso che la nave dovesse girare da quella parte
e non dalla parte opposta.
Questo
è stato il primo equivoco in cui è forse caduto il timoniere, posizionando su
comando il timone come fosse una barra a mano dalla parte opposta a quella che
avrebbe dovuto scansare l’iceberg. Così che invece di allontanarsi, il Titanic
si avvicinò ulteriormente alla montagna di ghiaccio che emergeva dall’acqua.
Invano fu il tentativo successivo di porre la barra nella giusta posizione, in
quanto la nave non riuscì a riprendere il largo dal bordo dell’iceberg
finendone contro di struscio alla
velocità di circa
Le vere cause dell’ affondamento
Ciò
che di vero si è saputo, dopo il ritrovamento del relitto a circa
Si è
infatti appreso che i rivetti di congiunzione delle lamiere erano di acciaio
ricco di zolfo e che alle basse temperature dell’acqua oceanica gli stessi
rivetti assumevano delle caratteristiche di fragilità allo strappo.
Questa
è stata la ragione per cui la collisione avvenuta tra la fiancata della nave e
l’ iceberg, ha praticamente strappato gli assi dei ribattini aprendo la lamiera
come se questi non ci fossero mai stati. Ciò che ne è conseguito è stata una
lunga apertura della paratia per diverse decine di metri sotto il livello del
mare. Da qui l’acqua è entrata a dismisura come mai nessun altro tipo di
collisione ipotizzata avrebbe potuto causare se le lamiere fossero state
saldate o mantenute a contatto con ribattini di acciaio di qualità idonea alla
deformazione plastica, ossia all’allungamento senza causare frattura.
Per
quanto riguarda i compartimenti stagni, vera e propria innovazione nel sistema
di sicurezza navale, questi avrebbero dovuto mantenere l’acqua penetrata
all’interno della loro capienza, impedendo l’ulteriore allagamento del
transatlantico. La ragione che gli scompartimenti non funzionarono come
avrebbero dovuto, è imputabile alla incompleta ermeticità dei settori in
quanto, nella parte alta delle pareti vicino
al soffitto, queste avevano un varco di areazione tra i vari locali. Così che
l’acqua traboccando da uno scompartimento all’altro fuoriuscì, allagando la
nave e rendendo vano lo stesso concetto vantato della sua inaffondabilità.
La
beffa del…… destino?
Non
finisce qui la serie delle perfide matriosche,
perché anche la qualità dell’acciaio con il quale è stato costruito il
Titanic, prevedeva la durezza alla
compressione cioè all’urto, ma non alla flessione perché forse non era neanche
concepibile un incidente che comportasse sollecitazioni di questo genere.
Invece le cose sono andate diversamente in quanto il tipo d’acciaio utilizzato
era reso ancor di più rigido e fragile (come ad esempio il vetro); cosicché per la eccessiva e nociva
presenza di zolfo nelle lamiere, quando
la nave cominciò ad affondare con la prua e la
poppa si sollevò dall’acqua, l’acciaio non tenne il peso e, di lì a
pochi minuti, il Titanic si spezzò in due parti, inabissandosi
rapidissimamente.
Il
capro espiatorio
In
considerazione della enorme gravità del naufragio non poteva mancare
l’immediato capro espiatorio della situazione, individuato in Bruce Ysmay,
Direttore Generale della Compagnia navale White Star, dello stesso Titanic,
imbarcatosi in quel viaggio inaugurale. Questi si sarebbe macchiato di disonore
per essere salito a bordo di un scialuppa di salvataggio
quando altre persone del suo stesso
rango, oltre che molte donne, erano rimaste
sulla nave. Ha soprattutto suscitato
sdegno l’ accusa di aver vergognosamente
preso la prima canoa per fuggir
via. Egli fu riabilitato soltanto in
seguito, in virtù di testimoni che lo videro adoperarsi fino all’ estremo, nel
far salire i passeggeri sulle imbarcazioni. Fu giustificato per essere salito sull’ ultima canoa, su richiesta delle stesse donne che si
trovavano a bordo; canoa che partì con 40 persone mentre la capienza era di 47.
Per
quanto riguarda le imbarcazioni di salvataggio, i progettisti ritenevano che il
numero delle lance di dotazione fosse sufficiente per qualsiasi evenienza,
stante sempre la presunta inaffondabilità del transatlantico, sennonché
l’evento catastrofico rivelò di quanto ci si potesse ingannare nelle
previsioni.
Con
l’ articolo di domani sarà tracciata la sequenza dei fatti che, a distanza di
cento anni, sostanzialmente ripetono le analoghe circostanze del caso
Concordia; circostanze che, nel loro insieme, ricordano come l’ eccesso di
sicurezza aumenti sempre la gravità della tragedia, quando questa si verifica.
[1] Tra le ultime ore del 14 e le prime ore del 15 aprile 1912 naufragò il Titanic a causa della collisione con un iceberg. Cento anni dopo, il 13 gennaio 2012, la stessa sorte toccò al Concordia, per essersi andato a infrangere sugli scogli. Nella notte dello scorso 14 aprile ricorreva il centodecimo anniversario dell’affondamento del Titanic, a dieci anni di distanza da quello del Concordia.
Nessun commento:
Posta un commento