Testo della relazione presentata al Convegno organizzato
il 3 maggio 2019 dal Comune di Milano e dal Movimento Roosevelt:
“Nel segno di Olof Palme, Carlo Rosselli e Thomas Sankara
e contro la crisi della democrazia in Italia, Europa, Africa e a livello
globale”
SEGUE DA:
Il Primo
Manifesto del Liberalsocialismo esordisce rivendicando a proprio fondamento
il concetto della “della ragione ideale, che sorregge e giustifica tanto il
socialismo nella sua esigenza di giustizia quanto il liberalismo”, per poi
continuare, in 12 strabordanti paragrafi, con l’approfondire il senso di questa
ragione ideale:
“Questa ragione ideale coincide con quello stesso principio etico, col
cui metro, in ogni passato e in ogni avvenire, si è sempre misurata e si
misurerà sempre, l’umanità e la civiltà: il principio per cui si riconoscono le
altrui persone di fronte alla propria persona, e si assegna a ciascuna di esse
un diritto pari al diritto proprio. Nell’ambito di questa universale
aspirazione etica, liberalismo e socialismo si distinguono solo come
specificazioni concomitanti e complementari.
Così il liberalismo vuole l’uguaglianza e la stabilità dei diritti e
delle leggi, senza distinzioni dipendenti da religione, razza, casta, censo,
partito; vuole la derivazione di ogni norma giuridica dalla volontà dei
cittadini, espressa secondo il principio della maggioranza; vuole l’ordinata
partecipazione dei cittadini al governo, comunque specificato, delle cosa
pubblica; vuole la libertà di pensiero, di stampa, di associazione, di partito,
quale fondamento dell’esercizio del reciproco controllo e dell’autogoverno, e
quale premessa e manifestazione a un tempo di ogni perfezionamento del costume
politico; vuole la libertà di religione, che permetta ad ognuno di adorare in
pace il suo Dio. Parallelamente, il socialismo vuole che nella coscienza morale
degli uomini s’impianti energicamente il principio, che, anche sul piano della
ricchezza, l’ideale è quello cristiano e mazziniano della giustizia e
dell’uguaglianza[…]”
La
critica del socialismo scientifico e del revisionismo marxista
Diversamente da un discorso basato
unicamente sugli ideali, Carlo Rosselli muove da un presupposto che troverà
rispondenza nel secondo comma del terzo principio fondamentale della
Costituzione italiana del 1948[1],
ancorché se ne attenda ancora la sua concreta attuazione. Egli afferma che “La libertà non accompagnata e
sorretta da un minimo di autonomia economica, dalla emancipazione dal morso dei
bisogni essenziali, non esiste per l’individuo, è un mero fantasma”[2].
La conseguenza è che il movimento socialista è l’erede
concreto del liberalismo, il suo punto di approdo, la sola forza pratica capace
di realizzarne compiutamente i principi.
Carlo Rosselli giunge alla formula del
socialismo liberale, dopo un’attenta analisi critica sia del socialismo
scientifico che del revisionismo marxista di destra e di sinistra. Del primo
sottolinea l’insanabile contraddizione tra determinismo e volontarismo:
l’impossibile conciliazione tra la fatalità del crollo del capitalismo e la
teoria della lotta di classe, intesa come la guerra costante che il
proletariato organizzato deve condurre contro la borghesia.
Del secondo, contesta il progressivo
svuotamento della dottrina marxista: da destra, col rifiutare la teoria del
valore, il materialismo storico, la necessità dell’avvento del socialismo e persino la lotta di classe e, nel
riproporre “la natura e le tendenze spirituali dell’uomo”, con il risultato di
cancellare per sempre la soluzione socialista e di trasformare di fatto il
revisionismo marxista in un neoliberalismo; da sinistra, nel puntare tutto
sulla volontà e sull’attivismo della classe operaia.
Ciò non significa, d’altra parte,
l’accantonamento di Marx:
“Al contrario – osserva Carlo Rosselli - Nessuno può sognarsi di
patrocinare un totale quanto assurdo rinnegamento di Marx, per un ritorno
all’utopismo, o a correnti solidaristiche, o a teorie storiografiche,
giustamente obliate per il loro formalismo. L’esperienza secolare del moto
proletario non si cancella. Il figlio si emancipa, ma non può rinnegare il
proprio padre […] In fondo il più vero trionfo di Marx sta proprio qui:
nell’aver permeato del suo pensiero, del suo prepotente realismo tutta quanta
la scienza sociale moderna […] Fatte le debite proporzioni, si può dire che
egli occupi nella scienza sociale il posto di Kant nella filosofia. Come dopo
Kant, così dopo Marx talune posizioni sono superate per sempre e l’indirizzo
degli studi subisce una svolta decisiva. Ma c’è più uno storico che possa
scrivere di storia senza tener sempre presenti e le forme della produzione, e
il grado della tecnica, e i rapporti economici, e la struttura della classe;
cioè senza rintracciare, oltre gli aspetti politici, morali,religiosi, quella
che Marx chiamava la struttura economica? E c’è più un politico che possa
prescindere dalla sua visione realistica e dialettica della vita sociale, e
veramente illudersi di chiudere, col sussidio di declamazioni solidaristiche e
di repressioni poliziesche, le cateratte della lotta o delle lotte di classe? […]
Il problema vero per i socialisti non consiste dunque nel rinnegare Marx, ma
nell’emanciparsene”[3]
Olof
Palme e il Partito Socialdemocratico
La lezione di Carlo Rosselli sarà raccolta più tardi, in Svezia, dal
Partito Socialdemocratico dei Lavoratori [SAP: Socialdemokratisca Arbetare
Partiet], nella persona di Olof Palme, primo ministro dall’ottobre del 1969
all’ottobre del 1976 e, successivamente, dall’ottobre del 1982 al 28 febbraio
1986, cioè fino al giorno in cui fu assassinato.
Molte le illazioni sui mandanti e sulle
motivazioni del delitto. Un fatto è tuttavia certo: nessun partito del
socialismo liberale europeo ha mai realizzato, nella sua azione di governo, le
riforme di cui furono capaci i governi di Olof Palme. Spesso e al contrario,
infatti, soprattutto nell’epoca della guerra fredda, le socialdemocrazie
europee furono le stampelle dei partiti della conservazione al potere,
limitando il proprio ruolo unicamente in funzione antisocialista e
anticomunista. E se questo significò per alcuni paesi sottrarsi positivamente
alla sfera d’influenza dell’Unione Sovietica dello stalinismo e del post
stalinismo, per altri versi comportò, da parte del cosiddetto socialismo
democratico, la rinuncia a qualsiasi autentica azione riformatrice, con
l’accantonamento delle istanze più avanzate di democrazia sociale ed economica, e
la cristallizzazione subalterna della democrazia politica alle segreterie dei partiti.
Olof Palme mostrò invece come il corretto
sviluppo del sistema capitalistico non è in contraddizione con l’autentico
funzionamento della democrazia rappresentativa, potendone addirittura
rappresentare il presupposto. Per contro, quando il capitale entra in crisi,
per la minore accumulazione dovuta alla caduta tendenziale del saggio di
profitto o per altre cause - come per esempio la crescita abnorme del
capitalismo finanziario - allora, alla
distorsione del mercato si accompagna
anche il progressivo svuotamento di significato degli istituti della
rappresentanza popolare e la vita democratica di un Paese è sottoposta a limiti
e restringimenti.
Naturalmente, c’è anche un altro aspetto
nel rapporto tra democrazia ed economia di mercato. Le riforme in senso
democratico possono addirittura rivelarsi benefiche per l’andamento del mercato
stesso, incentivando i consumi e favorendo la crescita produttiva; quando
tuttavia il riformismo pretenda di spingersi troppo oltre, c’è il rischio che
entri in conflitto con le esigenze di egemonia del capitale e allora c’è
bisogno che in qualche modo sia fermato. Dopo l’assassinio di Olof Palme, che
ne è oggi in Svezia del piano Meidner, che coinvolgeva direttamente i
lavoratori nella gestione delle imprese, gettando le basi di una futura
socializzazione dei mezzi di produzione?
Olof Palme esordì giovanissimo in politica:
segretario del primo ministro Tage Erlander, poi capo di gabinetto, quindi
ministro delle comunicazioni e
successivamente ministro dell’educazione. In tale veste, il 24 maggio del ’68
fu invitato a confrontarsi con gli studenti che avevano occupato l’Università
di Stoccolma. Nell’occasione, egli ebbe modo di parafrasare lo slogan del
maggio francese che da Parigi era rimbalzato in tutte le università occupate
del continente: “Siamo realisti: vogliamo l’impossibile!” e Olof Palme lo
trasformò in un più realistico: “Il
possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre
l’impossibile”. E a tale affermazione – divenuto un anno dopo primo
ministro – egli si attenne costantemente.
[ S E G U E ]
sergio
magaldi
[1]
Recita il 2° comma del 3° principio fondamentale della Costituzione italiana: “E` compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta` e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese”.
[2] Carlo Rosselli, op.cit.,
p.437
[3] Ibid., pp.419-420
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