mercoledì 8 maggio 2019

SOCIALISMO LIBERALE E DEMOCRAZIA, parte II





Testo della relazione presentata al Convegno organizzato il 3 maggio 2019 dal Comune di Milano e dal Movimento Roosevelt:

“Nel segno di Olof Palme, Carlo Rosselli e Thomas Sankara e contro la crisi della democrazia in Italia, Europa, Africa e a livello globale”


SEGUE DA:



Il Primo Manifesto del Liberalsocialismo esordisce rivendicando a proprio fondamento il concetto della “della ragione ideale, che sorregge e giustifica tanto il socialismo nella sua esigenza di giustizia quanto il liberalismo”, per poi continuare, in 12 strabordanti paragrafi, con l’approfondire il senso di questa ragione ideale:

“Questa ragione ideale coincide con quello stesso principio etico, col cui metro, in ogni passato e in ogni avvenire, si è sempre misurata e si misurerà sempre, l’umanità e la civiltà: il principio per cui si riconoscono le altrui persone di fronte alla propria persona, e si assegna a ciascuna di esse un diritto pari al diritto proprio. Nell’ambito di questa universale aspirazione etica, liberalismo e socialismo si distinguono solo come specificazioni concomitanti e complementari.
Così il liberalismo vuole l’uguaglianza e la stabilità dei diritti e delle leggi, senza distinzioni dipendenti da religione, razza, casta, censo, partito; vuole la derivazione di ogni norma giuridica dalla volontà dei cittadini, espressa secondo il principio della maggioranza; vuole l’ordinata partecipazione dei cittadini al governo, comunque specificato, delle cosa pubblica; vuole la libertà di pensiero, di stampa, di associazione, di partito, quale fondamento dell’esercizio del reciproco controllo e dell’autogoverno, e quale premessa e manifestazione a un tempo di ogni perfezionamento del costume politico; vuole la libertà di religione, che permetta ad ognuno di adorare in pace il suo Dio. Parallelamente, il socialismo vuole che nella coscienza morale degli uomini s’impianti energicamente il principio, che, anche sul piano della ricchezza, l’ideale è quello cristiano e mazziniano della giustizia e dell’uguaglianza[…]”


La critica del socialismo scientifico e del revisionismo marxista

Diversamente da un discorso basato unicamente sugli ideali, Carlo Rosselli muove da un presupposto che troverà rispondenza nel secondo comma del terzo principio fondamentale della Costituzione italiana del 1948[1], ancorché se ne attenda ancora la sua concreta attuazione. Egli afferma che “La libertà non accompagnata e sorretta da un minimo di autonomia economica, dalla emancipazione dal morso dei bisogni essenziali, non esiste per l’individuo, è un mero fantasma[2]. La conseguenza è che il movimento socialista è l’erede concreto del liberalismo, il suo punto di approdo, la sola forza pratica capace di realizzarne compiutamente i principi.

Carlo Rosselli giunge alla formula del socialismo liberale, dopo un’attenta analisi critica sia del socialismo scientifico che del revisionismo marxista di destra e di sinistra. Del primo sottolinea l’insanabile contraddizione tra determinismo e volontarismo: l’impossibile conciliazione tra la fatalità del crollo del capitalismo e la teoria della lotta di classe, intesa come la guerra costante che il proletariato organizzato deve condurre contro la borghesia.
Del secondo, contesta il progressivo svuotamento della dottrina marxista: da destra, col rifiutare la teoria del valore, il materialismo storico, la necessità dell’avvento del socialismo  e persino la lotta di classe e, nel riproporre “la natura e le tendenze spirituali dell’uomo”, con il risultato di cancellare per sempre la soluzione socialista e di trasformare di fatto il revisionismo marxista in un neoliberalismo; da sinistra, nel puntare tutto sulla volontà e sull’attivismo della classe operaia.

Ciò non significa, d’altra parte, l’accantonamento di Marx:

Al contrario – osserva Carlo Rosselli - Nessuno può sognarsi di patrocinare un totale quanto assurdo rinnegamento di Marx, per un ritorno all’utopismo, o a correnti solidaristiche, o a teorie storiografiche, giustamente obliate per il loro formalismo. L’esperienza secolare del moto proletario non si cancella. Il figlio si emancipa, ma non può rinnegare il proprio padre […] In fondo il più vero trionfo di Marx sta proprio qui: nell’aver permeato del suo pensiero, del suo prepotente realismo tutta quanta la scienza sociale moderna […] Fatte le debite proporzioni, si può dire che egli occupi nella scienza sociale il posto di Kant nella filosofia. Come dopo Kant, così dopo Marx talune posizioni sono superate per sempre e l’indirizzo degli studi subisce una svolta decisiva. Ma c’è più uno storico che possa scrivere di storia senza tener sempre presenti e le forme della produzione, e il grado della tecnica, e i rapporti economici, e la struttura della classe; cioè senza rintracciare, oltre gli aspetti politici, morali,religiosi, quella che Marx chiamava la struttura economica? E c’è più un politico che possa prescindere dalla sua visione realistica e dialettica della vita sociale, e veramente illudersi di chiudere, col sussidio di declamazioni solidaristiche e di repressioni poliziesche, le cateratte della lotta o delle lotte di classe? […] Il problema vero per i socialisti non consiste dunque nel rinnegare Marx, ma nell’emanciparsene”[3]


Olof Palme e il Partito Socialdemocratico

La lezione di Carlo Rosselli  sarà raccolta più tardi, in Svezia, dal Partito Socialdemocratico dei Lavoratori [SAP: Socialdemokratisca  Arbetare Partiet], nella persona di Olof Palme, primo ministro dall’ottobre del 1969 all’ottobre del 1976 e, successivamente, dall’ottobre del 1982 al 28 febbraio 1986, cioè fino al giorno in cui fu assassinato.

Molte le illazioni sui mandanti e sulle motivazioni del delitto. Un fatto è tuttavia certo: nessun partito del socialismo liberale europeo ha mai realizzato, nella sua azione di governo, le riforme di cui furono capaci i governi di Olof Palme. Spesso e al contrario, infatti, soprattutto nell’epoca della guerra fredda, le socialdemocrazie europee furono le stampelle dei partiti della conservazione al potere, limitando il proprio ruolo unicamente in funzione antisocialista e anticomunista. E se questo significò per alcuni paesi sottrarsi positivamente alla sfera d’influenza dell’Unione Sovietica dello stalinismo e del post stalinismo, per altri versi comportò, da parte del cosiddetto socialismo democratico, la rinuncia a qualsiasi autentica azione riformatrice, con l’accantonamento delle istanze più avanzate di democrazia sociale ed economica, e la cristallizzazione subalterna della democrazia politica alle segreterie dei partiti.

Olof Palme mostrò invece come il corretto sviluppo del sistema capitalistico non è in contraddizione con l’autentico funzionamento della democrazia rappresentativa, potendone addirittura rappresentare il presupposto. Per contro, quando il capitale entra in crisi, per la minore accumulazione dovuta alla caduta tendenziale del saggio di profitto o per altre cause - come per esempio la crescita abnorme del capitalismo finanziario -  allora, alla distorsione del mercato si accompagna  anche il progressivo svuotamento di significato degli istituti della rappresentanza popolare e la vita democratica di un Paese è sottoposta a limiti e restringimenti.

Naturalmente, c’è anche un altro aspetto nel rapporto tra democrazia ed economia di mercato. Le riforme in senso democratico possono addirittura rivelarsi benefiche per l’andamento del mercato stesso, incentivando i consumi e favorendo la crescita produttiva; quando tuttavia il riformismo pretenda di spingersi troppo oltre, c’è il rischio che entri in conflitto con le esigenze di egemonia del capitale e allora c’è bisogno che in qualche modo sia fermato. Dopo l’assassinio di Olof Palme, che ne è oggi in Svezia del piano Meidner, che coinvolgeva direttamente i lavoratori nella gestione delle imprese, gettando le basi di una futura socializzazione dei mezzi di produzione? 

Olof Palme esordì giovanissimo in politica: segretario del primo ministro Tage Erlander, poi capo di gabinetto, quindi ministro delle comunicazioni  e successivamente ministro dell’educazione. In tale veste, il 24 maggio del ’68 fu invitato a confrontarsi con gli studenti che avevano occupato l’Università di Stoccolma. Nell’occasione, egli ebbe modo di parafrasare lo slogan del maggio francese che da Parigi era rimbalzato in tutte le università occupate del continente: “Siamo realisti: vogliamo l’impossibile!” e Olof Palme lo trasformò in un più realistico: “Il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile”. E a tale affermazione – divenuto un anno dopo primo ministro – egli si attenne costantemente.

[ S E G U E ]

sergio magaldi



[1] Recita il 2° comma del 3° principio fondamentale della Costituzione italiana: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta` e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
[2] Carlo Rosselli, op.cit., p.437
[3] Ibid., pp.419-420

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