Testo della relazione presentata al Convegno organizzato
il 3 maggio 2019 dal Comune di Milano e dal Movimento Roosevelt:
“Nel segno di Olof Palme, Carlo Rosselli e Thomas Sankara
e contro la crisi della democrazia in Italia, Europa, Africa e a livello globale”
SEGUE DA:
Conclusioni
L’assassinio politico non è mai casuale, per quanto le sue
narrazioni postume cerchino di ricondurlo sempre ad un mero incidente della
Storia che nulla ha a che fare con le forze che determinano la realtà sociale e
non solo.
Il riformismo socialista, liberale e democratico, può
spingersi sin dove lo permettano le esigenze dell’economia di mercato. Quando
il capitalismo ricerca altre strade e sviluppa nuove strategie, allora i
partiti tradizionali della sinistra diventano impotenti, con l’aggrapparsi a
formule ormai vuote e riducendo il proprio impegno al frazionismo o aderendo a
programmi di sviluppo economico neoliberista. Non basta, perché con loro entra
in crisi anche la democrazia: quella politica
– dove il Parlamento, del tutto scollegato dai bisogni dei cittadini e
interamente subordinato alla volontà di poteri sovranazionali, diventa luogo
dove si lotta per entrare unicamente in funzione dei privilegi che assicura –,
quella sociale, con il progressivo
svuotamento del Welfare State, e
quella economica con le politiche
dell’austerità, la globalizzazione, la delocalizzazione delle imprese, la
precarietà dell’occupazione, la riduzione del costo del lavoro, il
licenziamento dei lavoratori.
È il fenomeno che
stiamo vivendo non solo in Italia, ma in tutta l’Europa e nel mondo intero.
Certo, diventa tanto più grave quanto più debole è lo sviluppo economico di un
paese, la corruzione della classe politica, la rete di privilegi assicurata
alle corporazioni che contano, la cosiddetta forbice salariale, il ruolo della
delinquenza organizzata.
La conseguenza – come è accaduto in Italia – è spesso il crollo dei partiti tradizionali,
la nascita di nuove formazioni o la crescita di altre già esistenti che,
rinnovando se stesse, si propongano agli elettori per una politica del
cambiamento dello stato di cose esistenti. Questi nuovi o rinnovati soggetti
politici cercheranno di ridare fiato e sostanza almeno alla democrazia politica, vagheggiando forme
di democrazia diretta o rivendicando la sovranità nazionale, in grado di ridare
nerbo al capitalismo dei piccoli imprenditori ma, al di là delle velleità e
delle promesse, nulla potranno fare per ristabilire in concreto la democrazia sociale e soprattutto la democrazia economica.
Pure, il fenomeno delle strategie sempre ricorrenti del
capitalismo non è nuovo. Peccato, avere così in fretta accantonato Marx, come
lo stesso Carlo Rosselli auspicava non accadesse. Scrive Marx nel
ventisettesimo capitolo del III Libro del Capitale:
“[…] la soppressione
del modo di produzione capitalistico in seno allo stesso modo di produzione
capitalistico, quindi è una contraddizione che si elimina da sola, che ‘prima
facie’ appare come un semplice momento di transizione verso una forma di
produzione nuova […] Ripristina una nuova aristocrazia finanziaria, una nuova
categoria di parassiti […] tutto un sistema di truffe e di imbrogli che
riguarda fondazioni di società, emissione e commercio di azioni”[1]
La speculazione finanziaria non è che una specie
dell’accumulazione capitalistica, allorché si riduce la produzione industriale
per effetto della sovrapproduzione dei beni e, contestualmente, cresce
l’emissione dei titoli del debito pubblico. Si crea, a questo punto, la finta
contrapposizione tra capitalismo industriale e capitalismo finanziario, con la
concentrazione delle risorse nelle mani di holding
che, attraverso il controllo di istituti di credito, di imprese industriali e
commerciali, governano la globalizzazione e influenzano, se non addirittura
determinano, le politiche degli Stati, saltando a piè pari il processo
democratico di formazione della volontà dei cittadini, sempre più relegati al
ruolo di sudditi.
Così, non resta che chiederci: quali politiche per un
movimento che, richiamandosi allo spirito del socialismo liberale, voglia
fronteggiare la crisi di democrazia globale
che stiamo vivendo?
sergio magaldi
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