martedì 30 luglio 2019

RILEGGERE IL CANTICO DEI CANTICI (Parte II)




SEGUE DA:


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Da ciò che si è detto sin qui, appare evidente come le operazioni a due vasi siano vere e proprie operazioni alchemiche. Non sembra dunque potersi rivelare grande differenza tra un'interpretazione di senso alchemico del Cantico e una interpretazione che si prospetti come un'operazione a due vasi assimilabile al Maithuna tantrico o al Ling-hsiou del taoismo. D'altra parte, ove li si devitalizzi dei loro principi di senso, che sono la respirazione, l'arresto del seme e lo Huan jing bu nan – una tecnica che nella pratica taoista permette la risalita del fluido seminale lungo la spina dorsale –, il Maithuna e il Ling-hsiou cessano di essere operazioni alchemiche a due vasi per divenire niente altro che unioni erotiche e/o meri atti di magia sessuale.

In questa prospettiva, il Cantico, il libro più santo della Torah, altro non sarebbe che una sorta di ierogamia, dove il flusso seminale viene speso abbondantemente quale elemento propiziatorio di collegamento e di fecondazione tra Cielo e Terra, tra 'alto' e 'basso'. Anche se è vero che, nell'economia della Qabbalah, l’emissione del seme assolve a una duplice funzione: la dissoluzione della diade uomo-donna nell'androgine originario – archetipo antropomorfico dell'Uno-Dio – e soprattutto l'unione mistica che, facendo discendere la Shekinah sugli sposi, si pone al servizio della procreazione. Osserva in proposito Moshe Idel: “Lo sposo deve elevare il proprio pensiero sino alla sua fonte, al fine di compiere una unio mystica, che sarà seguita dalla discesa di forze spirituali dall'alto sul semen virile; qui, ascencio mentisunio mystica e reversio sono delle tappe che precedono la concezione ideale. Vale la pena di paragonare questa concezione mistica dell'atto sessuale con il punto di vista tantrico. In entrambi i casi, l'atto sessuale deve essere effettuato con molta attenzione; un certo stato di coscienza mistica viene colpito durante l'atto corporeo. Tuttavia, l'utilizzo di pratiche sessuali per vivere delle esperienze sessuali è evidentemente differente. L'unione mistica del pensiero con la propria fonte è nella Qabbalah, strumentale in rapporto allo scopo principale:il concepimento; la conoscenza spirituale è solo una fase preparatoria nel processo della procreazione che dev'essere compiuto con la cooperazione della Shekhina. Nel sistema tantrico, lo stato di coscienza mistica, la bodhicitta, è un fine in sé, al punto che lo stato di perfezione è ottenuto tramite l'arresto del flusso del semen virile. Al contrario, l'atto sessuale è considerato dai cabalisti come un atto che dona la vita. Presso i maestri del Tantra, l'eiaculazione è vista come una "morte". Mentre i cabalisti pongono l'unione mistica al servizio della procreazione, il Tantra pone la relazione sessuale infeconda al servizio della coscienza mistica.” [18]

Per quanto 'tranquillizzante' possa apparire questa chiave di lettura del Cantico, non sembra credibile sostenerla ad una più attenta osservazione, non tanto e non solo per l'arcaicità e la semplicità dei simboli che ogni ierogamia è costretta a riproporre, quanto perché l'idea della 'dissoluzione della diade' che la sorregge è puramente illusoria, almeno in un'ottica che si ispiri alla Qabbalah, dovendosi ricordare come lo Zohar [19] parli sempre di 'Deveqùth' cioè di 'comunione', 'unificazione', mai di 'dissoluzione' e di Uno. La stessa 'Ma'aseh Bereschith [20] che consente di raggiungere l'unificazione mediante l'unione dell'uomo e della donna, mantiene sempre l'Uno come trascendenza e come indicibile lontananza. Proprio su ciò si basa la differenza tra la qabbalah ebraica e i 'sistemi' sin qui ricordati. L'ermetismo alchemico, le varie filosofie dell'induismo e del buddismo, lo yoga tantrico, il taoismo, pur nella diversità delle condizioni storiche da cui provengono, sono tutte concezioni dell'immanenza, dove ogni idea di rettificazione e/o di reintegrazione tende alla riscoperta del proprio  originario e al desiderio dell'uomo di farsi Yogi, Spirito, Uno, Dio. Nella visione della Qabbalah, al contrario, sempre sussiste quella 'indicibile lontananza' che blocca sul nascere ogni aspirazione prometeica dell'uomo a farsi Dio, e muta profondamente anche il ruolo dell'uomo e della donna. In una lettura di senso alchemico la donna è 'l'elemento fluidificante', 'l'acqua corrosiva e terribile': prostituta o dea, la sua demonizzazione come la sua divinizzazione non hanno altro scopo che il tirocinio ascetico del neofita. In ogni altro caso la donna è, per così dire, vampirizzata a fini magici o terapeutici oppure è terra irrorata. Così non è per gli amanti del Cantico.

In Shir haShirim, c’è una sostanziale parità e dignità degli amanti, pur nell’apparente diversità: «Io ho desiderato d'essere all'ombra tua e mi vi sono posta a sedere» (I-3). E' questo il versetto citato da Giordano Bruno nel De umbris idearum a proposito dell'ombra e della luce. La donna è la polarità lunare, la luce riflessa, l'ombra della luce, necessaria quanto la luce stessa per la reintegrazione. Ciò che tuttavia potrà essere reintegrato non è l'Uno in quanto tale, ma l'Uno come 'unificato'. Si legge in Zohar: "Qui la donna si unisce al suo sposo. Quando si siano stretti l'un l'altro in un abbraccio, allora bisogna che le loro membra siano aderenti e i loro tabernacoli congiunti, come se fossero Uno e che la loro comunione si diffonda in ogni parte di loro secondo il desiderio del cuore, per potersi elevare nella direzione di Ain Soph [21], affinché tutto si unisca laggiù per fare di quelli dell'alto e di quelli del basso un desiderio solo". E' opportuno osservare che qui 'alto' e 'basso' non assumono lo stesso significato che hanno nella massima ermetica della Tavola di Smeraldo. Qui si vuol dire che quando Tiphereth [22], lo sposo, e Malchuth, la sposa, si uniscono, si uniscono lassù anche Chochmah, il padre e Binah, la madre, tutti accomunati nel medesimo desiderio verso Kether. Resta del tutto fuori portata Ain-Soph, mentre la stessa aspirazione di raggiungere Kether, più che una possibilità effettiva, manifesta la volontà simbolica dell'unificazione.


[ S E G U E ]

sergio magaldi

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[18] Moshe Idel, Cabala ed erotismo, Mimesis, Milano 1993,pp.22-23
[19]Il Sepher ha Zohar o Libro dello Splendore è opera centrale della letteratura kabbalistica. Si compone di 24 Sezioni oltre ad alcune altre, note ai soli kabbalisti. In realtà non si tratta di un libro ma di un vero e proprio corpo completo di letteratura unito sotto un unico titolo. Sugli argomenti, la data di composizione, l'autore cfr. G.G.Scholem, La Cabala, Ed.Mediterranee, Roma 1989, rist., pp.215-244.
[20]Opera della Creazione. Trattasi della cosmologia mistica dell'epoca della creazione il cui insegnamento era riservato solo a pochi eletti.
[21]Nella Qabbalah, Ain-Soph indica l'impossibilità di cogliere l'origine e il fine ed ha solo la funzione di far desistere il pensiero dalla pretesa prometeica di voler essere dappertutto e tutto risolvere in se stesso. L'Ain ebraico, composto dalle lettere Alef-Yod-Nun non è privativo di qualità ma di luogo, in nessun caso, dunque, Ain Soph-Infinito può essere confuso con l'Apeìron di Anassimandro. Il Sepher ha Zohar così parla di Ain Soph: "Ain-Soph, Infinito: in lui non c'è alcuna apertura, ogni interrogativo è vano, come ogni idea per le possibilità del pensiero"(Zohar, I-21a). Più avanti (Zohar, II-239a) Ain-Soph è così definito:"Chiusura inaccessibile e sconosciuta (...) resiste ad ogni possibile conoscenza e non se ne può fare né una fine né un principio".
[22]Tiphereth è sephirah centrale dell' Albero della vita: un diagramma costruito su tre colonne e sul quale si collocano dieci sephiroth, in nessun caso da intendersi come 'emanazioni' dell'Uno, bensì come 'forme' o possibilità della manifestazione. Corrispondono, da sphr-contare, ai primi dieci numeri da cui tutti gli altri sono formati (Cfr. in proposito il Sepher Yetzirah, il più antico tra i testi della letteratura kabbalistica. Ottima la versione italiana a cura di Gadiel Toaff: Il libro della Creazione, Carucci, Roma 1988). Circa le sephiroth e la loro collocazione sull'Albero: alla colonna centrale appartengono: 1 Kether-Corona, 6 Tiphereth-Armonia, 9 Yesod-Fondamento, 10 Malchuth-Regno. Alla colonna di destra: 2 Chochmah-Saggezza, 4 Hesed-Grazia, 7 Netzach-Vittoria. Alla colonna di sinistra: 3 Binah-Intelligenza, 5 Gheburah-Rigore, 8 Hod-Splendore.



sabato 27 luglio 2019

RILEGGERE IL CANTICO DEI CANTICI (Parte I)






Shir haShirim, il “Cantico dei Cantici” è stato oggetto, nel tempo, di diverse chiavi di lettura tra cui, in particolare, quella alchemica e quella cabbalistica [1]. Per la prima, sarebbero facilmente individuabili nel Cantico le varie fasi dell’Opera, per la seconda si tratterebbe di un'unione erotica e cerimoniale in parte riconducibile al maithuna tantrico[2].

L'interpretazione di senso alchemico è tra le più affascinanti. A cominciare dal versetto I-5: «Sono nera, ma formosa» L’apparire della nerezza è il segno dell’avvenuta putrefazione e che l’opera al nero si sta realizzando.  Per continuare con i versetti V-10 e V-11: «Il mio diletto è bianco e rosso, e si distingue tra mille. Il suo capo è oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palme, neri come il corvo...» Chi conosce le immagini alchemiche dei filosofi, sa subito di cosa si tratta in questi versetti e chi parla [3].

Per un'interpretazione ben più antica, si può ricordare il Commentario sul Cantico dei Cantici di Rabbi Issa'char Baer, anche se il Rabbi presenta un commento nel secondo senso del 'Pardès':  il 'Remmez' allegorico [4], ma il suo traduttore, nel dedicare il libro al maestro e amico Gérard Encausse, altrimenti noto come Papus, non può fare a meno, nell'introduzione, di tracciare le linee di una interpretazione di senso alchemico del Cantico, a cominciare dal solito versetto I-5: «Sono nera ma bella...», individuandovi il soggetto e la materia dell' arte. Per continuare poi con i seguenti versetti: I-6: il 'lilium artis', II-4: la preparazione e la purificazione, II-7 e IV-6: il fuoco, III-1: la putrefazione, III-6: la sublimazione e la distillazione, da V-9 a V-14: la coagulazione e il cambiamento di colore, II-12 e VIII-4: la fissazione, VI-7: la moltiplicazione, VIII-8: l' aumento e la proiezione[5].

Non c’è dubbio che se ci incamminiamo su questa strada, se cioè procediamo in una lettura analitica e talora frammentaria del Cantico, ricercando ogni volta i simboli che abbiamo in mente, noi troveremo convincente la lettura in chiave alchemica dello Shir haShirim, ma ciò può valere anche per altre opere, per esempio per Meshalim o Proverbi della sapienza di Salomone. Se, però, esaminiamo il Cantico nel suo insieme, noi vi troviamo qualcosa di diverso. Una donna e un uomo sono i protagonisti e la poesia che si manifesta dal loro parlare e dal loro stare insieme è reale. La passione che unisce i due giovani rivela grande spiritualità, ma è anche fisica e, come lirica d’amore, il Cantico non teme il confronto con i più grandi versi della poesia classica e profana. D’altra parte, se di operazione alchemica si tratta, si tratta di un’operazione a due vasi, ma un’operazione a due vasi – è opportuno domandarsi – è veramente un’operazione alchemica?[6]

Le operazioni a due vasi possono essere di tre tipi. Un primo tipo si caratterizza nell'usare l'eros per 'lavare col fuoco', come si suole dire. Tecnicamente l'operazione è semplice: in un ambiente saturo di profumi, gli amanti si siedono, immobili, l'uno di fronte all'altra con l'unico compito di amarsi e di desiderarsi, soprattutto spiritualmente[7]. E' appena superfluo sottolineare che tale operazione presenta almeno due rischi: il primo è che il fuoco utilizzato per 'lavare l'acqua' sia tanto forte da impedire l'amalgamazione del mercurio oppure che sia troppo debole per essere un vero e proprio lavaggio col fuoco. Un altro rischio è la sublimazione del desiderio e la sua trasformazione in un atteggiamento di devozione mistica.

Un secondo tipo di operazione a due vasi è un autentico atto di magia sessuale, con doppia uccisione dello zolfo e del mercurio [8].

Il terzo tipo di operazione a due vasi è un atto di magia cerimoniale dove l’unione degli amanti si trasforma in un rituale vero e proprio. Nella magia sessuale la donna è mero oggetto e quanto meno è riservata la sua condotta e spento il suo intelletto, tanto più l'operazione è in grado di riuscire: tra tutte, le predilette sono le fanciulle di bassa casta e le cortigiane [9]. Nella magia cerimoniale, al contrario, la donna deve essere giovane, bella e saggia: si tratta cioè di trasformare, utilizzando tecniche respiratorie e astrali, un mero atto biologico in un rituale e di fare della coppia umana, una coppia divina[10].

Tra le scuole orientali, oltre al tantrismo, anche il taoismo ricorre ad operazioni alchemiche a due vasi. L'uso di pratiche di magia sessuale o cerimoniale, tuttavia, appare nel taoismo finalizzato alla realizzazione dell'albedo (l'opera al bianco della tradizione occidentale), per conseguire la longevità e la salute del corpo. La Sezione Ventottesima dell'antico Libro delle prescrizioni mediche offre tutta una serie di ricette per curare le diverse malattie e non si stanca mai di sottolineare l'importanza del mercurio nella risoluzione delle principali affezioni corporee, ivi compreso l'invecchiamento. La cosa più sorprendente, alla luce del tradizionale maschilismo che sempre descrive le operazioni a due vasi, è poi contenuta nella parte della Sezione denominata Segreti dell'alcova di Giada, in cui il maestro Chung insegna alle donne come appropriarsi dello yang: "Lo yin nutrito dallo yang non c'è malanno che non allontani, non c'è viso a cui non dia colore, non c'è pelle che non renda vellutata, e non c'è vecchiaia a cui non rechi il dono immenso della giovinezza"[11]. Nel libro, le tecniche del congiungimento sono descritte con pignoleria, anche se sono tutte da ricondurre ad analogie cosmiche e alla corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo. L'uomo e la donna si uniscono secondo il ritmo del Cielo che ruota verso sinistra e della Terra che ruota verso destra. Come nella Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto ciò che è in alto è come ciò che è in basso e come nell'arte regia si tratta di fare della terra, il cielo e del cielo, la terra preziosa.

Appare dunque evidente come le pratiche orientali di magia sessuale e di magia cerimoniale, sin qui esaminate, facciano tutte riferimento all'alchimia. Tantrismo e Hatha-Yoga ad un'alchimia indiana preesistente all'alchimia diffusasi con la penetrazione islamica dell'India [12]. Il taoismo cinese ad un'alchimia i cui testi risalgono almeno al IV secolo av.C. [13]. In particolare, l'alchimia indiana è attestata da antichi testi sanscriti e si viene sviluppando come Rasayana, che, letteralmente, significa 'la via del succo(rasa) o del mercurio'. Quanto alle differenti specie di Yoga tantrico, la loro somiglianza con l'alchimia è ancora più netta. In effetti, sia il seguace dello Hatha-Yoga che quello del Tantra mirano a tramutare il proprio corpo in un corpo incorruttibile che chiamano 'corpo divino', 'corpo della gnosi', 'corpo perfetto' o, in altri contesti, 'corpo del libero nella vita'. Dal canto suo, l'alchimista persegue la trasmutazione del corpo e sogna di conservare indefinitamente la giovinezza, la forza e l'agilità. Inoltre, sia nel Tantra-Yoga che nell'alchimia il processo di trasmutazione del corpo comporta un'esperienza di morte e di risurrezione iniziatica. C'è infine da osservare che lo Yoga tantrico, proprio come il taoismo e l'ermetismo, si basa sulle corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo: Kundalini Shakti è l'unica energia che si trova nel corpo umano come nell'universo, anche se nel macrocosmo prende il nome di Mahakundali. Il Vishvasara Tantra ripete con altre parole, ma con lo stesso significato, l'assunto ermetico della Tavola di Smeraldo: "Ciò che è qui è ovunque, ciò che non è qui non è in nessun luogo". Kundali è il serpente arrotolato che si manifesta tanto nei mondi quanto alla base della spina dorsale dell’essere umano. Kundalini è il potere del serpente che 'si srotola', la sua energia si realizza in spiralità creative di mondi o 'uova di Brahma', rotanti nelle loro orbite circolari. Kundalini è energia cosmica che può ridestarsi e la sua struttura, all'interno dell'organismo umano, ricorda quella del caduceo di Mercurio. Senza il risveglio di questo fuoco interno nulla è possibile ma, proprio come avviene in alchimia, non basta ridestare il 'fuoco del serpente' per operare la trasmutazione. Perché questa sia possibile, infatti, occorre che il serpente risvegliato e il fuoco ridestato sappiano provvedere alla giusta cottura del mercurio [14]. Quanto all'alchimia cinese, il suo rapporto con il taoismo è evidente dal momento che tale filosofia di vita 'risale sino alle confraternite di fabbri, che detengono la più prestigiosa tra le arti magiche e il segreto delle potenze prime' [15]. Si viene così sviluppando un'alchimia taoista che, mediante fabbri, confraternite, maestri e segreti del mestiere trasmette il sapere: compito degli iniziati è 'sacrificare al forno' per ottenere la 'polvere del cinabro', l'equivalente cinese della 'polvere di proiezione' che, come nell'alchimia occidentale, può essere mutata in oro finissimo. Quest'oro farà dell’essere comune l'Essere Reale e dell'antica arte della metallurgia l'Arte Regia[16].

Ciò che accomuna le diverse alchimie della purificazione dei metalli, sia nell'area orientale che medio-orientale, è l'assimilazione della luce e del seme. Tale assimilazione è presente in molti miti indiani, cinesi, tibetani e iraniani. Tra i più diffusi è un mito tibetano delle origini: al principio gli uomini irradiavano direttamente la luce e Sole e Luna non esistevano. Quando negli uomini si destò l'istinto sessuale, in loro si spense la luce e i due luminari apparvero in cielo [17]. Diversamente formulato, lo stesso concetto relativo all’esperienza della luce mistica si trova in
un famoso passo della Igueret haQodesh (“Lettera sulla santità”) di autore anonimo, testo medievale di rivelante importanza nella tradizione ebraica: "...quando lo sposo si accoppia con la sposa e il suo pensiero si unisce con le entità superiori, è attirata in giù la luce dell'alto e questa luce si colloca sulla goccia e dirige la propria attenzione su di lei e a lei pensa.......e questa stessa goccia è legata in modo permanente alla luce risplendente..." 

[ S E G U E ]

sergio magaldi

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[1]Sulle principali interpretazioni del Cantico, cfr. G.Dreifuss, Maschio e femmina li creò - l'amore e i suoi simboli nelle scritture ebraiche, Giuntina, Firenze 1996, pp.81-111.
[2]Sul significato del maithuna nel tantrismo cfr. M.Eliade, Tecniche dello Yoga, Boringhieri, Torino 1984pp. 191 e ss.
[3]A.Pancaldi, Alchimia pratica, Roma 1983, p.67.
[4]Gli Ebrei distinguevano nei libri sacri quattro sensi distinti. Il primo era il Pashut o senso letterale, il secondo il Remmez o senso allegorico, il terzo il Derash o senso simbolico, infine il quarto era il Sod con cui esprimevano il senso segreto. Le quattro consonanti iniziali costituiscono per Notariqon una nuova parola: PRDS, divenuta poi con l' introduzione delle vocali, Pardès e tradotta generalmente con Paradiso.
[5]RABBI ISSA'CHAR BAER, Commentaire sur le Cantique des Cantiques, Archè, Milano 1979, riprod. ediz. Paris 1897, trad. dall' ebraico di March Have, pp.20-21.
[6]‘Non c’è che una sola cosa, un solo vaso, un solo lavoro’ ricorda nei Principi per l’opera  Karl von Eckhartshausen (cfr. Alchimia Pratica, cit.,p.175 )
[7]In proposito, conviene ascoltare Abraxa (Introduzione alla Magia, Gruppo di Ur, Roma 1971, vol. I, pp. 243 e ss.): 'Il fuoco dell'Eros, abitualmente polarizzato verso il basso, ossia verso il sesso e la natura animale, va isolato nel corpo fluidifico ed alimentato tanto da produrvi lo stato di esaltazione necessario affinché si costituisca quel mercurio androgine e igneo.......L'ora più propizia è verso l'alba. Sedetevi l'uno di fronte all'altra, immobili, tu faccia ad Oriente.......amarsi, desiderarsi, così senza movimento, senza contatto, in modo continuo, aspirandosi reciprocamente e 'vampiristicamente', in una esaltazione che va avanti senza tema di possibili zone di vertigine. Avvertirai un senso di amalgamazione effettiva, un sentire l'altra in tutto il corpo, non per contatto, ma in un amplesso sottile che la sente in ogni punto e se ne compenetra come un'ebbrezza che si impossessa del sangue del tuo sangue. Ciò ti porta, al limite, alla soglia di uno stato di estasi, che è quel punto di equilibrio magico in cui il fluido ignificato e supersaturo può essere fulmineamente attratto e proiettato nell'idea.'
[8]Nel IV Libro del Pentateuco è condannata ogni magia sessuale come atto di iniziazione diabolica. La purificazione avviene solo con l'uccisione reale degli amanti. Si legge in Numeri, XXV, vv.3-8: "Israele si congiunse al Bà'al Pe'or e l'ira del Signore si accese contro Israele. Il Signore disse a Mosè: "Prendi tutti i capi del popolo e ordina che vengano impiccati davanti al Signore, di fronte al sole, affinché l'ira accesa del Signore retroceda da Israele". Mosè disse ai giudici di Israele: "Uccida ognuno i suoi uomini che hanno seguito il Bà'al Pe'or". Ed ecco che viene uno dei figli di Israele e presenta ai suoi fratelli una Midianita, agli occhi di Mosè e agli occhi di tutta l'assemblea dei figli d'Israele, i quali piangevano all'ingresso del padiglione della testimonianza. Lo vide Pinechas, figlio di El'azar, figlio del sacerdote Aron, si alzò di mezzo all'assemblea, e prese in mano una lancia; entrò dietro l'uomo di Israele nella tenda e trafisse tutt'e due, l'uomo di Israele e la donna sul giaciglio di lei, e s'arrestò la mortalità dai figli di Israele."(Assemblea dei Rabbini d'Italia, Pentateuco e Haftaroth, IV Ediz., con trad. it. e note, Roma 5749-1989, pp. 266-7)
[9]In un testo di autore tantrico si esalta la dombi o lavandaia: "O dombi! Tu hai tutto insozzato!...Certi ti chiamano laida. Ma i saggi ti stringono al loro petto. O dombi! Non c'è chi sia più dissoluto di te."(cfr. N.Shahidullah, Les Chants mystiques de Kanha, Paris 1928, p.120)
[10]"L'amante - scrive De laVallée-Poussin in Buddismo, studi e materiali, Bruxelles 1898, p.135 - sintetizza tutta la natura femminile, essa è la madre, la sorella, la sposa, la figlia...". Sull'intera questione vale la pena di ascoltare M.Eliade (Tecniche dello Yoga, cit. pp.191 e ss.): "Il maithuna transustanzializza gli attori, li trasforma in dei, meglio ancora li porta a coincidere con le modalità ultime dell'essere.......Il rituale abolisce non soltanto lo spazio profano(.......) ma, come tutti i riti veri, abolisce altresì il tempo profano, il tempo che scorre. Ed il maithuna si realizza nel tempo mitico, 'ab initio', cioè nell'istante trans-temporale in cui ebbe luogo la creazione. Tutti i rituali proiettano coloro che li praticano in quello 'istante' aurorale, perché un rituale è, in ogni caso, la ripetizione di un gesto divino, astorico, realizzato in 'illo tempore', coincidente cioè col gesto archetipale, con la creazione.......Il rituale del maithuna appare il coronamento di un lungo e difficile tirocinio ascetico. Il neofita deve padroneggiare a perfezione i suoi sensi, e per riuscirvi deve accostarsi un pò alla volta alla 'donna devota' (nayika), e mediante una drammaturgia iconografica interiorizzata, deve trasformarla in dea. Onde raggiungere lo scopo, egli deve, per i primi quattro mesi, servirla come un domestico, deve dormire nella camera di lei e poi ai suoi piedi. Per altri quattro mesi, sempre continuando a servirla, dormirà nel letto di lei, dal lato sinistro. Per altri quattro mesi ancora dormirà dal lato destro, dopo di che dormiranno avvinti, ecc... Tutti questi preliminari mirano a 'rendere autonoma' la voluttà....... e a dominare i sensi...".
[11]A.Ishihara-H.S.Levy, Ventottesima Sezione del Libro delle prescrizioni mediche, in Il Tao del Sesso, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971, p.35. Yang e Yin rappresentano rispettivamente, nella tradizione orientale, l'energia maschile attiva e solare e l'energia femminile ricettiva e lunare.
[12]M.Eliade, op.cit., pp.183 e ss.
[13]M.Eliade, Arti del metallo e alchimia, Boringhieri, Torino 1987, pp.97 e ss.
[14]Su Kundalini e sullo Yoga tantrico cfr. A.Avalon,Il potere del serpente, Ed. Mediterranee, Roma 1987, rist.
[15]M.Granet, Danses et Légendes de la Chine ancienne, Paris 1928, p.611
[16]Sull'alchimia cinese cfr. M. Eliade, Arti del metallo e alchimia, Boringhieri, Torino 1987, cap.11, pp.97-112.
[17]Cfr. M.Eliade, Mefistotele e l'androgine, Roma 1989, rist. cap.I : 'Esperienze della luce mistica', pp.15-70.

giovedì 18 luglio 2019

ARTE, emozione e intuizione




Dalla pittura alla musica attraverso       
   l’ intuizione

Sulle ali delle emozioni si aprono nuove prospettive di approfondimento dei significati artistici

di Alberto Zei







I tratti pittorici

Come una lezione di vita, sono molte le causalità che ricollegano i concetti che prima apparivano senza importanza ma che, per un evento imprevisto, riportano la stessa  questione sotto una luce diversa.
Riferendosi alle arti figurative, la rappresentazione di un dipinto contiene nel linguaggio dei segni e dei tratti pittorici  tutto ciò che i visitatori o gli osservatori riescono a leggere nel dipinto stesso. Questa sorta di lettura avviene quando la sensibilità artistica di chi osserva riesce a cogliere l’ architettura della forma e dei contenuti  dell'immagine intuendo quel significato che per lo stesso osservatore quel quadro rappresenta. L’arte di cogliere attraverso i segni, ossia dalle forme dei tratti pittorici, questi aspetti spesso nascosti  rientra nella semiotica che è, appunto, la scienza che interpreta il significato che emerge dall’interno di un'opera pittorica
Un quadro, a prima vista,  esprime soltanto delle immagini, ma ad una attenta osservazione le medesime  immagini – sempre che abbiano un senso – sono accompagnate da altre informazioni, sia come valore  della loro  espressione pittorica, sia come motivazione  che ha spinto l’autore a dipingere quel quadro.
Questa rappresentazione complessa che per un critico d’arte è professionale, per i visitatori di una mostra è una qualità, talvolta anche inaspettata, che di fronte ad un particolare quadro fa vibrare come per risonanza la nostra emotività. Ciò avviene  se la carica emozionale è sintonizzata sul significato che ciascuno, pur in  modo  differente,  attribuisce a quel quadro.






Ancora di più
 Se poi oltre il voluto dell’autore del quadro, l’osservatore supera l’interpretazione della volontà cosciente dello stesso, si aprono altre prospettive di lettura, involontariamente introdotte dal pittore nel dipinto.
Infatti, i grandi capolavori della pittura vengono interpretati attraverso un’analisi che si spinge  al di là del  significato del dipinto, offrendo ulteriori dettagli sulle motivazioni e sullo stato emozionale dell’autore.
Ma come spesso avviene, quando un evento sembra arrivato alla sua massima evoluzione, superato questo limite, si aprono altre condizioni che ad una prima osservazione sembravano imprevedibili ma se viste come effetto domino della sintonia emotiva, allora il paradosso è consequenziale.



La sindrome di Stendhal
  L’esempio più classico è quello della condizione reattiva che viene chiamata “La sindrome di Stendhal”. Questa infatti, si manifesta con uno stato emozionale così alto di fronte ad un’opera d’arte da provocare uno stupore progressivo fino alla perdita dei  sensi.
Certamente si tratta di un caso estremo, ma non così raro, quando osservando un quadro si sovrappongono i vari aspetti del nostro pensiero che, secondo i diversi punti di vista, attribuiscono alle immagini osservate la luce del significato nascosto.
Deve anche mettersi nel giusto rilievo che superata la soglia della mediocrità, quando un’opera d’arte emerge  di fronte al giudizio generale della maggior parte degli osservatori nel concetto della bellezza artistica, che è un po’ la base di giudizio per tutti, questa esprime il punto di partenza del salto di sensibilità di ciascuno.
Ciò non significa che qualcuno sia soltanto più sensibile di altri, ma che altri con le loro emotività non riescono a sintonizzarsi su quella stessa frequenza emotiva.

 I nostri sensi
 Un esempio pratico che può rendere l’idea di questa sorta di sintonia della percezione  si verifica  anche nel settore della sensibilità  gustativa.
Se un sommelier, professionalmente qualificato quanto si vuole, dovesse affermare che una qualità di vino sia in assoluto la migliore, quella sarebbe soltanto una valutazione soggettiva anche se condivisa da altri ma non dalla maggioranza della gente, in quanto la sensibilità gustativa individuale si differenzia proprio per natura da quella di ciascuno.
 Ritornando al concetto dell’opera d’arte a cui come tale si conferisce una base di oggettivo valore, la valutazione emotiva che l’osservazione è capace di esprimere è una facoltà personale la quale dipende dal particolare settore reattivo che un’opera d’arte riesce a stimolare. Anche  la musica si presta ad una valutazione del genere; vi sono infatti, delle composizioni musicali nei loro campi di appartenenza che si prestano ad entrare in sintonia con il filo sottile della nostra preferenza culturale, ma alcuni brani eseguiti da una valida orchestra riescono molto spesso a sintonizzarsi sulla sensibilità musicale di ciascuno e talvolta anche a trascinarlo con le ali del pensiero verso le sensazioni di progressivo coinvolgimento emozionale.





L’ intuizione
 Quando gli impegni culturali creativi della nostra quotidianità si fanno più sottili e più esigenti nella pretesa, allora i risultati si ottengono più con l’intuizione che con la ragione. In tali casi, anche i mezzi strumentali del nostro intelletto devono essere forgiati nelle varie scuole di pensiero (ne esistono anche in  Italia) che rendono l’intuizione una scorciatoia del processo cognitivo; sempre poi che di volta in volta l’intuizione sia riconosciuta valida attraverso il ragionamento razionale.
Per arrivare a questo, il processo è lungo, ma esistono persone eccezionali che nascono già con talenti particolari: chi per la matematica, che per la musica e così via. Per tutte le altre persone, a cui non è preclusa nessuna via, l’approfondimento della pittura, ad esempio, potrebbe rivelarsi  un valido test individuale per capire di essere portato o meno  ad aumentare le proprie capacità sensoriali, fino a riuscire a percepire le verità del mondo con gli  occhi della coscienza, intuendo gli eventi non ancora rivelati e la loro natura.
Questo non è poco.  Ma  molti sottostimano le loro capacità. Perché non provare?




lunedì 8 luglio 2019

I SENTIERI DELL'ALBERO, Parte VIII (XXV)






   SEGUE DA:









I sentieri dell’Albero della vita sono i rami che collegano tra loro i frutti sino alla sommità dell’albero e sono in tutto trentadue. I frutti altro non sono che le Sephiroth, dette anche ‘luci’ o ‘forme pure’ del molteplice. Sono 10 e rappresentano i numeri primordiali della creazione, perché per quanto si possa continuare a contare all’infinito non si troveranno che dieci numeri, anzi nove, essendo il 10 niente altro che la riproposizione dell’unità.

Si dispongono al centro, alla destra e alla sinistra dell’albero e ad ogni Sephirah  è attribuito un nome e un numero. Alla colonna centrale appartengono: 1 Kether  Corona o Altezza Superiore,  6 Tiphereth Armonia, Bellezza o Compassione,  9 Yesod  Fondamento, Generazione o Alleanza, 10 Malchuth  Regno o Esilio. Alla colonna di destra: 2 Chokmah  Sapienza o Principio, 4 Chesed Grazia o Misericordia, 7 Netzach  Eternità o Vittoria. Alla colonna di sinistra: 3 Binah  Intelligenza o Ritorno,  5 Gheburah  Potenza o Giudizio,  8 Hod Gloria o Splendore.

Esaminerò brevemente i sentieri che corrono tra le cinque Sephiroth cosiddette emotive. I sentieri partono dal basso e seguono idealmente le spire di un serpente che, ascendendo lungo l’Albero, poggia la coda su Malkuth, la decima Sephirah, il corpo su Yesod, Hod e Netzach e che con la lingua lambisce Tiphereth, la sesta Sephirah


Per leggere le lettere ebraiche occore scaricare il font Hebrew






    Venticinquesimo
  Sentiero


  Il Santo che benedetto sia disse alla lingua: tutte le membra del corpo umano sono rette, e tu sei orizzontale; sono tutte esterne al corpo, e tu sei interna. Inoltre, ti ho circondato di due mura, una d’osso e l’altra di carne.

Mishnah Kodashim, Arachin, 15 b



    t r a p t      d w s y

             Yesod            Tiphereth
       La lettera del sentiero è la Peh     p =80
              


   Quinta doppia, la lettera del sentiero nel suo ideogramma rappresenta una bocca aperta con la lingua nel mezzo. Nel ‘riempimento’ invece si scrive Peh  h p  con le lettere Peh ed  He (80+5), bocca ed ha lo stesso valore numerico (85) di Milah  h l y m : circoncisione. La lettera in quanto tale vale invece 80, come Yesod, nona sephirah dell’Albero e fondamento di ogni manifestazione.

   Con la parola Dio ha creato il mondo e con la parola l’uomo costruisce la propria realtà. Dalla bocca esala il primo e l’ultimo respiro dell’uomo. La bocca deve essere capace di allontanare da sé la chiacchiera, il pettegolezzo e la maldicenza e divenire la bocca  di colui che dice solo parole buone (bene-dice) o che tace. Occorre perciò ‘circoncidere’ la parola che esce di bocca proprio come nella tradizione ebraica si circoncide l’organo della riproduzione.

                                                                      *   *   *

   Sentiero centrale dei tre che dalle Sephiroth cosiddette emotive salgono a Tiphereth, questa è anche l’ascesa più ardua e cruciale perché nasconde insidie in ogni tratto. Ed è impossibile raggiungere la meta se non ci accompagna la Shekinah.

Già lasciando alle spalle Yesod, una luce abbagliante e multicolore si manifesta dietro di noi. E’ la luce di Qeshet, l’arco (baleno), ma non bisogna girarsi a guardarla per non cadere nella  pericolosa illusione che la Shekinah sia con noi.  E nella forza dell’arco che colpisce senza toccare, nel fulmine che si accende improvviso si rivela la cifra del sentiero: ‘La loro lingua è un freccia micidiale’ (Geremia, 9.8) e ‘La sua freccia partirà come il fulmine’ (Zaccaria, 9.14). La Sephirah del fondamento, Yesod è qui come la freccia che raggiunge il bersaglio, il seme che in un lampo feconda.

Il pericolo più grande di tutti s’incontra a circa tre quarti del cammino, allorché si incrocia il sentiero di Marte. Superare indenni la Mem, il nodo della croce formato dall’incontro di questo sentiero verticale con quello orizzontale di Hod – Netzach,  è la miglior prova che la Shekinah è con noi.
(S E G U E)

sergio magaldi