SEGUE DA:
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte I
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte II
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte III
ASTROLOGIA
E ASTRONOMIA Parte IV
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte V
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte VI
ASTROLOGIA E ASTRONOMIA Parte VII
ASTROLOGIA
E ASTRONOMIA Parte VIII
ASTROLOGIA
E ASTRONOMIA Parte IX
ASTROLOGIA
E ASTRONOMIA Parte X
ASTROLOGIA
E ASTRONOMIA Parte XI
Non è un caso dunque che entrambi gli dei, Saturno e Giano
bifronte, siano presenti nel simbolismo di diverse tradizioni a rappresentare
la possibilità stessa di una nuova iniziazione, di un percorso
nuovo da compiere, di un passaggio da una condizione di vita
ordinaria ad una esistenza in cui si sceglie di procedere in modo
alternativo e diverso, per rettificare se stessi, alla luce di una nuova
consapevolezza o, se si vuole, di una illuminazione che
prospetti la liberazione dalla prigionia della vita profana.
né in terra,
né sul pelago
t’avessimo
veduto,
ma l’Acheronte
e il Tartaro
fossero stati
ognora
l’unica tua
dimora!
Ché da te
tutti i mali
Provengono ai
mortali!» ([1] )
Diverso il caso di Saturnus-Kronos, il primo appartenente alla mitologia romana, il secondo a quella greca. Nella fusione resta un’ambivalenza di fondo che il Saturno astrologico mantiene, ancorché le due divinità siano poi accomunate dai festeggiamenti in loro onore: Il Saturno latino nei Saturnalia, il Kronos greco nelle Kronia di Atene che secondo la testimonianza del poeta romano Lucio Accio (II Secolo a.C.) consistevano nella celebrazione di un tempo altro, con il totale rovesciamento dell’ordine costituito e la sospensione del lavoro, mentre si banchettava per le strade e gli schiavi sedevano a tavola con i padroni. Ciò accadeva, naturalmente, quando Kronos era ormai considerato dai Greci come Signore del Tempo. Per onorare il dio si pensò di dedicargli una giornata speciale, diversa da tutte le altre, una grande festa che per la sua eccezionalità finiva col rinsaldare il potere costituito e la stabilità del tempo della quotidianità. I Romani ripresero questa tradizione quando il mito di Saturno si era ormai fuso con quello del Kronos greco. Nacquero i Saturnali sull’onda della leggenda di Giano che accoglie il fuggitivo Saturno e ne ottiene in cambio i doni dell’agricoltura e della preveggenza, inaugurando con lui la felice età dell’oro. Se le Kronia ebbero una motivazione ufficiale quasi metafisica, con il tempo che sembra fermarsi per un giorno prima di riprendere la solita routine, i Saturnalia ne ebbero una molto più concreta, in linea con lo spirito dei Romani. Entrambe le feste tuttavia raggiungevano il medesimo scopo di consolidare l’ordine costituito, partendo dal presupposto che l’eccezione non può mai essere la regola. In età imperiale, i Romani festeggiavano Saturnus dal 17 al 23 dicembre, nei giorni cosiddetti solstiziali in cui il Sole sembra morire, Sol sistium o Sole fermo, quando l’astro raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale, invertendo il proprio moto e la notte sulla Terra si fa più lunga. I Saturnali rappresentano la prova generale della scomparsa del Sole, il rovesciamento dell’ordine naturale, il sovvertimento di ogni regola: è la felice età dell’oro di Giano e Saturno che riappare e che per essere celebrata degnamente deve consentire tutto ciò che normalmente è impossibile oppure è vietato e/o addirittura punito con la morte: cibo e vino in abbondanza per tutti, padroni che diventano servi e viceversa, schiavi in libertà, gioco d’azzardo e licenziosità di ogni genere.
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