lunedì 19 marzo 2012

POESIA SOLIDARIETA' E LOTTA nel film MIRACOLO A LE HAVRE




Miracolo a Le Havre, film di Ali Kaurismaki, Finlandia, Francia, Germania, 2011

Una favola dei nostri tempi, una tela disegnata a pastello. Forse il miglior film del regista finlandese. L’ambientazione è francese e capace, come nella migliore tradizione del cinema transalpino, di dare risalto agli oggetti e alle sfumature.

 Marcel Marx [un eccellente André Wilms, per me un grande attore francese che il teatro ha “prestato” al cinema] è un anziano ex-artista bohémien, perennemente con la sigaretta tra le labbra e il bicchierino da condividere con gli amici. Un “bambino cresciuto” lo definisce la moglie Arletty [la finlandese Kati Outinen],nel pregare il proprio medico di non rivelare al marito la malattia terminale che l’affligge.

 Marcel vive in dignitosa povertà, facendo il lustrascarpe tra la stazione e i ponti di Le Havre. Ritorna ogni sera al quartiere fatiscente in cui vive, nella piccola casa con minuscolo giardino dove trova ad accoglierlo festosamente Laika, la cagnolina, e la devota Arletty, la moglie alla quale consegna il magro incasso del giorno.

 Rimasto solo, per il ricovero della moglie in ospedale, Marcel Marx, il cui cognome vuole rievocare negli spettatori l’eco dell’enorme popolo dei diseredati, s’imbatte per caso in Idrissa [Blondin Miguel], un bambino africano profugo e sfuggito al campo di concentramento, dal quale altri come lui, in base alle leggi sull’immigrazione, saranno presto rimpatriati nei luoghi di provenienza. Idrissa, braccato dalla polizia e dal clamore mediatico che taccia di inefficienza le autorità, lotta disperatamente per raggiungere sua madre che lavora in Inghilterra.

 Marcel, ora, non è più “un bambino cresciuto”, o meglio, è un fanciullo e un poeta, forse l’unico soggetto capace ancora di lottare davvero e non soltanto a parole, contro la logica del Potere e le sue sopraffazioni. Lo farà in silenzio, com’è nel suo costume, con l’ottimismo della volontà e la determinazione di un “guerriero”. E incontrerà in questa lotta, piccola in fondo, ma l’unica ormai realmente possibile, l’umana solidarietà di chi gli è vicino e riesce ancora ad avere emozioni positive [persino quella del “freddo” ispettore di polizia dal volto di faina, interpretato dal bravo Jean-Pierre Darroussin]. Ma, dovrà anche vedersela con il mostro della delazione, come sempre avviene in queste circostanze. Chi non ricorda la storia recente? Gli ebrei “salvati” ma anche i molti denunciati ai nazi-fascisti?

 Marcel lotterà sino in fondo e sarà persino capace di “mostrare gli artigli”, ma sempre con la grazia di chi riesce ancora ad amare, senza neppure dimenticarsi di Arletty, alla quale non farà mancare in ospedale le sue rose, tre, due, magari solo una, secondo la disponibilità del momento. E il fiorire inaspettato del ciliegio del suo piccolo giardino sarà il segno del miracolo.


Sergio Magaldi                 


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