The Lobster, di Yorgos Lanthimos, Grecia, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Francia, 2015, 118 minuti
The Lobster [L’aragosta] è l’animale in cui David [un Colin Farrell bravo e sapientemente
invecchiato], il protagonista principale del film omonimo [Premio della Giuria
al festival del cinema di Cannes] del regista greco Yorgos Lanthimos, chiede di essere trasformato, nel caso fallisse
nel tentativo-dovere di trovare una donna
compatibile con lui [cioè con le stesse caratteristiche fisiche e psichiche,
almeno in apparenza. Così, per esempio, un tale per formare una coppia con una
donna che abitualmente sanguina dal naso - interpretata da Jessica Barden - si esercita nel battere il naso dappertutto] nei
45 giorni di tempo che l’hotel di regime
gli mette a disposizione per provare a formare nuovamente una coppia, dopo
essere stato abbandonato dalla moglie che si è scelta un altro compagno. Queste
sono le regole di una società del futuro dove è vietato essere single, pena la trasformazione – resa
possibile dal progresso scientifico e tecnologico – nell’animale prescelto già nel
primo dei 45 giorni fatidici che, tuttavia, possono aumentare per chi riesca a
catturare i fuggitivi ribelli.
Alessandra
Levantesi, nel suo articolo su La Stampa
dello scorso 15 ottobre, vede giustamente nell’animale prescelto
da David un rimando al surrealismo di Salvator Dalì che nel 1936 concepì il Telefono aragosta. Associato al piacere e al dolore e al simbolismo di cibo e sesso, il crostaceo è
rappresentato da Dalì con la coda – sede degli organi genitali – sopra il
microfono del telefono dove si avvicina la bocca. L’aragosta-simbolo di
Salvator Dalì conobbe una certa fortuna. Un anno dopo la sua apparizione, Elsa
Schiapparelli, una designer italiana di alta moda, la stampò, con il consenso
del celebre pittore, su un vestito di seta bianca. L’abito indossato da Wallis
Simpson, duchessa di Windsor, alla vigilia del suo matrimonio.
Naturalmente, ogni
società repressiva ha la sua opposizione, e gli oppositori vivono nel bosco. Ne
fanno parte tutti coloro che rivendicano il diritto di essere single e che sono riusciti a fuggire
dall’hotel o dalla città – luogo quest’ultimo dove per vivere bisogna essere sempre
in due e chi è trovato da solo deve esibire immediatamente alle autorità
competenti il proprio certificato di matrimonio, pena la deportazione nel
famoso hotel. L’opposizione forma una società alternativa dove le regole del
potere che governa sono invertite: si può fumare e ci si può masturbare ma sono
vietati assolutamente i rapporti di coppia. A capo di questa comunità è una
donna giovane e bella [Léa Seydoux],
ma estremamente rigida nel sostenere i propri valori. Il regista ce la
rappresenta oltre che nel bosco, anche in città, nel rapporto con i genitori,
che la credono normalmente sposata,
in una dimensione psichica che ogni analista amerebbe esplorare.
David si sforza di
accettare le regole dell’albergo, ma nel tentativo inconscio di manifestare il
proprio dissenso, fa una scelta radicale, proponendosi come compagno della
“donna spietata” [Aggeliki Papoulia],
cosiddetta per essere cinica e priva di sentimenti, e che fa l’amore
meccanicamente. La sua finzione di mostrarsi simile a lei, cioè altrettanto
freddo e spietato, per essere accettato dalla donna, non reggerà a lungo. Nel
periodo di prova, mentre sperimentano la vita insieme, lei massacra il cane del
suo amante, che in realtà è il fratello di David, trasformato due anni prima
nell’animale che si era scelto, per aver fallito nel suo tentativo di
realizzare il rapporto di coppia. Costretto a fuggire, dopo essersi vendicato
della donna spietata, David troverà rifugio nel bosco dove sopravvivono gli
oppositori di regime. Qui si innamora davvero, ricambiato, di una donna miope [una bella Rachel Weisz], ma la passione tra i due dovrà essere vissuta nella
clandestinità per le norme, altrettanto assurde, che regolano questa società
alternativa.
Forse, il film non
piacerà allo spettatore iperrealista che abbia qualche difficoltà nell’orientarsi
tra simboli e analogie. Quel che è certo è che il lavoro del regista greco, tra
ironia e dramma, si propone come la testimonianza di una condizione umana
completamente soggiogata, dove l’amore, le libertà e i diritti sono feticci
gestiti impunemente sia da chi controlla il potere, sia da chi gli si oppone,
per una società impossibile da giustificare, se non per l’autorefenzialità di
ristrette e dispotiche oligarchie. David e la donna miope sanno di non avere
scelta.
Con un finale alla
maniera di Saramago, i due amanti comprendono che l’unica possibilità di
sopravvivere, salvando il proprio amore, è quello di non vedere ciò che li circonda, come in Cecità, come nel Saggio
sulla Lucidità, come in altri lavori del grande scrittore portoghese. In
proposito, si veda il post “VOTARE SCHEDA BIANCA IN DEMOCRAZIA È REATO?”, cliccando sul titolo per leggere.
Per altri post su
José Saramago [1922-2010] contenuti in questo blog, si vedano - sempre
cliccando su ogni titolo per leggere - “L’IMPERMANENZA ALLA MANIERA DI SARAMAGO”; “LA MORTE È UNA DONNA CHE NON RISPONDE ALLE LETTERE…”; “IL PRIMO E L’ULTIMO LIBRO DI SARAMAGO”.
sergio
magaldi
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giovedì 12 novembre 2015
LA SOCIETA' IMPOSSIBILE in The Lobster del regista greco Yorgos Lanthimos
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