domenica 23 settembre 2018

NOTE SULLA QABBALAH: parte XVI, Teodicea e Shoah





SEGUE DA:




NOTE SULLA QABBALAH: parte IV, l’uno e le porte della conoscenza (clicca sul titolo perleggere)

NOTE SULLA QABBALAH: parte V, l’uno e l’unificato (clicca sul titolo per leggere)













 Avvertenza: per leggere le lettere ebraiche occorre il font hebrew

 TEODICEA E SHOAH


 Nel quadro degli scellerati crimini che una parte dell’umanità ha commesso e continua a commettere nei confronti di un’altra parte di umanità, non c’è dubbio che il massacro nazista degli ebrei assuma una sua peculiarità e unicità come tentativo di eliminare una volta per sempre dalla faccia della terra il popolo eletto del Dio biblico, lo stesso Dio dei cristiani e dei musulmani. Si aggiunga a questo che la “soluzione finale” della questione ebraica è stata affrontata con una ferocia e un’organizzazione propagandistica burocratica e industriale che non ha precedenti nella storia del mondo. Certo, la Shoah ha ben noti precedenti, dei quali ricorderò soltanto: i numerosi pogrom contro gli ebrei, ritenuti responsabili persino di sciagure naturali, a cagione della loro diversità spirituale, culturale e linguistica e, purtroppo e soprattutto, l’accanimento del diritto canonico nel ghettizzare gli ebrei [già il Sinodo di Elvira del 306 vieta i matrimoni e i contatti sessuali tra ebrei e cristiani], come si evince dal grafico riportato nel volume Das Judentum di Hans Küng [pp. 268-9 trad.it., Saggi Bur, Milano, 1999]. Tutto ciò, ancorché Vaticano, Papa ed ecclesiastici cattolici e cristiani abbiano contribuito a nascondere e a sottrarre alla barbarie antisemita numerose famiglie di ebrei durante la seconda guerra mondiale.

 In tale contesto, sorprende ancora gli storici che il dibattito teologico sulla Shoah sia iniziato con più di venti anni di ritardo rispetto agli eventi accaduti a  Ausschwitz, Dachau, Bergen Belsen etc…; annichilimento e silenzio di fronte ad una tragedia di tale portata? Può darsi, ma è più probabile che la causa sia dovuta al timore di confrontarsi con quello che, non solo per gli ebrei, ma per tutti i credenti è ritenuto uno degli argomenti fondamentali del discorso teologico: la teodicea. Questo termine nasce con il Saggio sulla bontà di Dio, la libertà dell’uomo e l’origine del male [1710] di Leibniz [1646-1716], rivelando subito la sua natura più propriamente filosofica che teologica in quanto tale. Non a caso, nel saggio, Leibniz rispondeva  alle considerazioni contenute nel Dizionario [1697] di Bayle che a sua volta riprendeva l’antica polemica dei seguaci di Epicuro contro gli Stoici: “Dio o non vuol togliere i mali e non può, o può e non vuole, o non vuole né può o vuole e può. Se vuole e non può, è impotente: il che non può essere in Dio. Se può  e non vuole è invidioso, il che del pari è contrario a Dio. Se non vuole né può è invidioso e impotente perciò non è Dio. Se vuole e può, il che solo conviene a Dio, da che cosa deriva l’esistenza dei mali e perché non li toglie?” [Fr.,374, Usener]


[S E G U E]

sergio magaldi

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