domenica 28 giugno 2020

MAZAL TOV, parte X (L'astrologia nello Zohar)




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 Concludendo, in diversi passi dello Zohar [1] è ripresa la problematica talmudica sull’astrologia, in particolare per ciò che riguarda la discendenza di Abramo. Nel trattato Lekh Lekha 78a la questione è risolta al modo di Filone di Alessandria [2] e in Pinhas (Numeri)216b è detto chiaramente che il destino di Abramo fu modificato dall’aver egli cambiato di residenza (le ‘migrazioni’ di cui parla Filone) e dall’aver aggiunto la lettera He  al suo nome, perché tale lettera simboleggia i 5 libri del Pentateuco e della Torah. Analogamente, se, in passato, il numero dei figli, la durata della vita e la ricchezza erano determinati dagli astri, da quando Israele ha ricevuto la Legge tutto ciò è stato modificato.

Nel trattato Vayéshev 180b è detto che i nati nel giorno della Luna nuova, quando il luminare scompare dal cielo e Ghevurah[3] il Rigore si afferma nell’universo, dovranno sopportare povertà e ogni genere di sofferenza e ciò prescindendo dal fatto che siano giusti o empi. Tuttavia, la preghiera potrà migliorare la loro sorte. Al contrario, chi nasce di Luna piena godrà di ogni bene, di figli e di buona salute. Il rapporto angeli-astri è invece contenuto in un altro trattato zoharico (Teroumah, 171b-172b) col dire che ogni stella, pianeta o costellazione ha il suo angelo in grado di governare gli eventi e il destino.

Infine, in Jethro, 76a-b è detto che gli astri lasciano sul viso e sul corpo dell’uomo i segni del destino [4] così come li lasciano nel firmamento: “Così come nel firmamento sono incisi gli astri e altri segni leggibili ai saggi, sulla pelle che ricopre ogni uomo sono incise rughe e linee che non hanno segreti per i saggi, soprattutto rughe e linee del viso…” [5]


sergio magaldi

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[1] Il Sepher-ha Zohar o ‘Libro dello Splendore’ è un vero e proprio corpo completo di letteratura cabbalistica e si compone di 24 sezioni oltre ad alcuni trattati. Sugli argomenti, la data di composizione, l’autore: cfr. G.G. Scholem, La Cabala, trad.it., Roma 1989, pp.215-244 e G.Busi, La Qabbalah, Laterza, Bari, 1998, pp. 70-75. Per un maggiore approfondimento cfr. i capitoli V e VI di Le grandi correnti della mistica ebraica, cit., di G.G. Scholem. L’edizione dello Zohar attualmente in commercio è quella della versione francese a cura di C. Mopsik pubblicata dalla casa editrice Verdier.

[2] Supra

[3] Ghevurah o Din o Pachad (Potenza e Rigore, Giudizio e Terrore) sono gli attributi della quinta sephirah dell’Albero della vita. Sull’Albero della vita nel pensiero ebraico-cabbalistico, cfr. G. Busi, Simboli del pensiero ebraico, Einaudi, Torino, 1999, soprattutto le pp. 53-58.

[4] La Fisiognomica o arte di individuare le caratteristiche psichiche e morali delle persone dal loro aspetto fisico, è oggetto di una specifica trattazione nello Zohar

[5] La traduzione del passo, dall’edizione francese, è mia. Sull’astrologia nello Zohar, cfr. J. Halbronn, cit., pp. 321 e ss.



https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2020/04/mazal-tov-parte-ix-lastrologia-nella.html

giovedì 18 giugno 2020

AL NAPOLI IL PRIMO TITOLO POST CORONAVIRUS

Da calciomercato.com Ansa 18/06/2020 h.00:01

 

 Dopo la finale di Supercoppa persa contro la Lazio, i bianconeri falliscono anche la finale di Coppa Italia, vinta dal Napoli ai calci di rigore ma con pieno merito. 

Tutta l’atmosfera di ieri notte è stata comunque surreale e grottesca, degna di chi gestisce il potere in questo infelice Paese: dal canto con inceppo e senza musica dell’inno nazionale, alla premiazione self service, cui hanno cercato di ovviare i presidenti delle due squadre, agli abbracci e baci di giocatori e dirigenti in uno stadio deserto ma con qualche mascherina degli addetti ai lavori per ricordare il pericolo del contagio.

 

Dei quattro obiettivi annuali restano ora alla Juve i due più importanti (Scudetto e Champions) ma anche i più difficili da conseguire, soprattutto per una squadra apparsa, nelle due uscite post sosta per il coronavirus, carente di gioco e di energia e che non riesce ad andare a rete nei 190 minuti regolamentari, neppure con i rigori [Ronaldo che in semifinale sbaglia il rigore, ancorché non decisivo, contro il Milan, Dybala e Danilo(fargli tirare il rigore come secondo, dopo l’errore di Dybala è stata una grossa ingenuità) che falliscono i primi due dei cinque calci di rigore della finale contro il Napoli]. Eppure, l’ultima partita di Campionato, giocata a porte chiuse e vinta lo scorso 8 marzo contro l’Inter, aveva lasciato sperare che la Juventus di Sarri potesse infine decollare. In realtà, la squadra vista ieri sera è sembrata la stessa di sempre, ma senza le consuete prodezze di Ronaldo, i rari guizzi di Dybala, la presenza talora decisiva di Higuain. Non a caso, scrivevo dopo la ventitreesima giornata di Campionato:  

 

«Si diceva (e si sperava da parte dei tifosi) che la maestria di Sarri, anche se lentamente assimilata, avrebbe portato la Juventus prima o poi a fare il salto di qualità nel gioco e, invece, stanno persino mancando le striminzite e talora fortunose vittorie del girone d’andata […] Nove punti (63 contro 54) in meno rispetto all’anno passato, 20 vittorie e 3 pareggi contro le 17 vittorie, i 3 pareggi e le 3 sconfitte di quest’anno, 49 goal fatti e 15 subiti contro i 44 goal fatti e i 23 subiti del campionato in corso sono le cifre che narrano di una Juve che continua a giocare male come la squadra di Allegri ma che di quella non ottiene gli stessi risultati».

 

E qualche mese prima annotavo: «La verità è che la Juventus non è così forte come si vuole far credere e la “famosa” ricchezza della rosa è un’altra favola. Sbagliati completamente gli ultimi due mercati. Quello dell’anno passato, quando arriva Ronaldo al suono di trombe e centinaia di milioni, ma viene cacciato Higuain che con l’asso portoghese avrebbe ricomposto il tandem vincente del Real Madrid. E il mercato di quest’anno, che ha visto il ritorno di Higuain – peraltro osteggiato sino all’ultimo, con l’umiliazione del giocatore, privato del numero 9 sulla maglia – ma anche la messa in vendita praticamente di gran parte dei suoi campioni, fortunatamente respinta dagli interessanti e dal mercato stesso. Se ne vanno però Spinazzola, un’alternativa ad Alex Sandro, Cancelo è scambiato con il modesto Danilo, Moise Kean, più che una giovane promessa, è venduto all’Everton senza neppure la clausola della ricompra, Mario Mandžukić è inspiegabilmente accantonato. Per contro ci si bea dei “grandi” centrocampisti, presi a parametro zero ma che non giocano o sono una delusione. E Sarri ci mette del suo: indebolisce la tradizionale organizzazione della difesa juventina nonostante l’arrivo di Matthijs de Ligt – il giovane centrale difensivo della nazionale olandese che con L’Aiax fu determinante nell’uscita della Juve dalla Champions dello scorso anno – e che se anche può giustamente appellarsi all’infortunio che tiene fuori Chiellini, si ostina a far giocare terzino Cuadrado. Il quale se la cava abbastanza bene […] ma è costretto ad un lavoro massacrante che gli fa perdere di lucidità e toglie alla squadra la possibilità che questo straordinario e sottovalutato esterno alto, nel contrattacco e nei cross sia determinante, come per il passato, per le punte juventine […] Sarri non ha modificato in meglio il gioco della Juve, brutta ma vincente con Allegri, ha però il merito di aver spostato in avanti di una decina di metri il baricentro della squadra e di aver riportato in attacco e rivalutato Dybala, costretto da Allegri per anni a fare il mediano, ma i difensori continuano con i troppi passaggi orizzontali, gli attaccanti segnano poco e tirano ancor meno nella porta avversaria […] Douglas Costa è un fantasma bellissimo e, ciliegina sulla torta, Sarri ha creato Bernardeschi – sempre fischiato a Torino – trequartista del nulla […] Probabilmente quest’anno la Juve non vincerà né Scudetto né Champions e forse neppure altro, speriamo almeno che i mesi che restano sino al termine della stagione calcistica servano a Sarri per rivedere alcune idee e ai dirigenti per non sbagliare ancora il mercato. Amen.»

 

sergio magaldi

sabato 13 giugno 2020

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte IX (ambivalenza di Saturno)

Giorgio Vasari, Cristofano Gherardi, Primizie della terra offerte a Saturno, 1556


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I significati di Saturno

 Come si è già visto, è proprio la fusione del mito di Saturnus con quello di Kronos  che consente di mettere in luce le caratteristiche spesso ambivalenti del Saturno astrologico.
Padre dei tre re del mondo (Zeus, Poseidone e Hades) come lo definisce Omero, Saturno è simbolo di un potere basato sul sistema patriarcale, in cui il figlio deve lottare contro il padre per affermarsi. Regalità, mancanza di scrupoli e autoritarismo sono innanzi tutto le sue caratteristiche, alle quali fanno riscontro i complessi del “figlio rifiutato” e/o “mancante di padre”, complessi che, a sua volta, potrà vedere rispecchiati nella progenie.

Privato del potere, Saturno è imprigionato sottoterra e nella solitudine del carcere sviluppa “tortuosi pensieri” e sentimenti di astio, di malinconia e di tristezza. Non a caso, nella celebre incisione di Albrecht Dürer (1471-1528), “Melencholia”, i motivi della tradizione figurativa di Saturno sono associati a quelli classici della rappresentazione malinconica. Il volto scuro e lo sguardo triste come a fissare il vuoto, la gota appoggiata al pugno chiuso, le chiavi e la borsa, simboli di potere e prudenza, di ricchezza e avarizia, la ghirlanda che circonda la fronte, simbolo del fine intelletto del malinconico saturnino e ancora la clessidra che misura il tempo, il pipistrello animale di Saturno per eccellenza e il cane e il campanello simboli di solitudine. E ancora, come non ricordare le opere di Lucas Cranach e di tanti altri in cui Saturno e la melanconia si associano al diavolo, alla magia, alle tele di ragno, ai pipistrelli e alle civette? Neppure mancano, nell’incisione di Dürer, gli antidoti che i filosofi-maghi del Rinascimento usavano contro la melanconia saturnina: la pietra cubica che presuppone l’avvenuto sgrossamento della pietra grezza e l’illuminazione per un nuovo inizio (come nella tradizione della libera muratorìa), le erbe medicinali di cui è fatta la ghirlanda e il quadrato magico di Giove.

Liberato infine da Giove in virtù di un patto con Hades-Plutone che ne fa l’emissario che con la falce recide la vita, Saturno si trasforma nel viandante solitario che deve apprendere a costruire o ricostruire se stesso (la croce e la mezzaluna del glifo del pianeta): ciò che lo rende prudente, avaro e conservatore, costretto ad adattarsi anche ai mestieri più umili e talora invisi dalla gente, finché giunto nella terra di Giano trova accoglienza e un nascondiglio per sfuggire all’occhio vigile e sempre sospettoso dei figli. Luogo che da lui sarà detto Lazio (Dicta quoque est Latium terra latente Deo), dove Saturno da conservatore si fa rivoluzionario: mostra lo spessore delle sue conoscenze, insegnando l’agricoltura ai nativi, rivela saggezza e grandi capacità politiche, riportando la terra che lo ospita alla felice età dell’oro. Signore del Tempo, il dio trasforma il piombo in oro secondo un’antica credenza che imputa allo scorrere del tempo la trasformazione dei metalli. Saturno deve ora gestire l’eccesso di virtuosismo morale che nella psicoanalisi ne fa il simbolo del Super-Io: moralista, all’occasione egli è anche uno sfrenato libertino come mostra sapientemente la celebrazione dei Saturnali.
  
L’ambivalenza del Saturno mitologico è una costante interpretativa, anche se il Rinascimento ne rivaluterà la figura in modo significativo. Interessante, sotto questo aspetto, la disputa tra il noto filosofo Marsilio Ficino (1433-1499) e il poeta fiorentino Giovanni Cavalcanti (1444-1509). In un mio vecchio romanzo costruivo un dialogo virtuale tra loro a proposito di Saturno, traendolo fedelmente dall’Epistolario e dal De vita del Ficino:

   « […] "Credo... caro Giovanni... che in questa “stella” ci sia qualcosa di malefico che non riesco a spiegare..."
   "Perché dici questo... Marsilio?"
   "In questi giorni... il mio Saturno è retrogrado nel Leone e... a dirti la verità... mi sento così infelice da non sapere neanche io il perché... Forse... grazie al tuo bel Giove nei Pesci... puoi sapere quello che io ignoro..."
   "Tu... dici a me queste cose? Tu che oltre che filosofo di Platone... sei anche... buon cristiano? Come puoi pensare che Dio si serva degli astri per danneggiarci?"
   "Non a Dio imputo il male... ma a quell' astro..."
   "Ah si?! Non sai... mio Marsilio... che gli astri volteggiano in cielo... secondo la volontà del padre celeste?"
   "Certo... Non lo ignoro e... tuttavia... queste stelle dispensano ora il bene ora il male secondo la loro propria natura..."
   "Tu dimentichi la lezione di Plotino e dei neoplatonici. L' astro che accusi... il vecchio Saturno... è il più vicino a Dio... lui... più di ogni altro... possiede ed elargisce il dono dell' intelletto. Perciò... caro Marsilio... non attribuirgli la colpa dei tuoi mali... né devi chiamarlo in causa per le piccole cose... Ringraziarlo devi... perché ti diede in sorte molti e grandi benefici."
   Ficino sorrise all' amico.
   "Farò così... se ti piace... caro Giovanni... nondimeno sono convinto che questo Saturno... insieme a Marte... suo degno compare... sia capace di infliggere grandi sofferenze..."
   "Rispondimi... di grazia... di dove ti viene... Marsilio... l'ammirabile ingegno col quale comprendi la natura di Saturno... il suo corso e gli effetti che produce in terra... secondo la sua collocazione celeste? Di dove ti viene quel forte e valido corpo con cui per remoti e inaccessibili luoghi hai percorso tutta la Grecia e sei penetrato fino in Egitto... per riportare a noi la saggezza di quel popolo antico?"
   "Devo risponderti?..." chiese Ficino, affatto turbato dall'affettuosa retorica dell' amico.
   "Aspetta... Dimmi ancora: di dove ti viene quella memoria capace di ritenere tante cose e così tenace che in ogni momento ha presente tutto ciò che in qualche occasione ha visto e sentito... e che non solo ritiene le cose... ma anche in quali tempi e luoghi sono avvenute?... Non prendertela dunque con Saturno che ha voluto che tu di tanto fossi superiore agli altri uomini di quanto egli supera gli altri pianeti..."
   "Poco manca... o mio Giovanni... che tu mi chieda di cantare una palinodia in onore di Saturno... In realtà... io... invero... sono troppo preoccupato dai malanni... del che talvolta tu mi rimproveri. Accuso inoltre una certa complessione melanconica... cosa... a me pare... amarissima... se col frequente uso del liuto in qualche modo non si alleviasse e addolcisse. Mi sembra che me l' abbia inculcata sin dalla nascita Saturno... collocato nel mio ascendente nel bel mezzo dell' Acquario... Come se non bastasse... poi... gli è congiunto Marte ed entrambi ricevono la quadratura del Sole e di Mercurio. La mia Luna... inoltre... si trova in Capricorno che... come sai... con l' Acquario è il luogo stesso di Saturno... Per fortuna che Venere in Bilancia e Giove nel Cancro tentano di resistere contro la natura melanconica...
   Ma... basta... basta... dove sono finito? Vedo già che più che mai mi costringerai alla palinodia ... Che fare... dunque? Troverò una scappatoia e dirò che la natura melanconica non viene da Saturno oppure converrò con Aristotele che afferma che anch' essa è dono divino?"
   "Lascia perdere la palinodia... caro Marsilio... e piuttosto rifletti sulla natura dell' astro... Ripensa alle conclusioni di Plotino e di Porfirio... senza dimenticarti di Aristotele... né di Platone... Scoprirai allora che la stella che accusi è proprio quella che più ti avvicina a Dio..."[…]» [1]

Anni dopo, tuttavia, Marsilio Ficino aveva mutato opinione sul pianeta della melanconia. Erano stati i discorsi dell'amico Giovanni Cavalcanti o l'amore per Plotino o magari un evento che aveva modificato profondamente la sua vita? Per la verità, il filosofo continuava ancora a mettere in guardia i propri lettori dagli inconvenienti dell'umor melanconico e dalla duplicità di Saturno, ma ora egli mostrava al saturnino come sfuggire alle cattive influenze del temperamento, godendo degli effetti benefici del pianeta. Il fatto è - così poteva riassumersi il pensiero del Ficino - che Saturno solo allo studio e alla contemplazione è propizio. Come il Sole è ostile agli animali notturni, ma amico a quelli attivi alla luce del giorno, così Saturno è nemico a chi conduca una vita qualunque e a chi, anche fuggendo la compagnia della gente volgare, non dismetta i pensieri volgari. Saturno, infatti, ha lasciato la vita comune e mondana a Giove, ma ha tenuto per sé quella appartata e divina. Coloro la cui mente è veramente lontana dal mondo sono in certa misura a lui affini e in lui trovano un amico. Perché, per parlare in termini platonici, Saturno è un Giove per quelle anime che abitano le sfere sublimi, allo stesso modo che Giove è un padre provvidenziale per coloro che conducono una vita comune.
Attenzione, però! - ammoniva il filosofo - Saturno più che a ogni altro è nemico a coloro la cui vita contemplativa è semplice posa, non realtà. Egli non li riconosce come suoi, né Giove li protegge.
  
[S E G U E ]

sergio magaldi



[1] Sergio Magaldi, Tiphereth , Roma, 2004, pp.272 e ss.

mercoledì 3 giugno 2020

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte VIII (Saturno:croce, mezzaluna e falce)





SEGUE DA (clicca sui titoli per leggere):









I significati di Saturno

 La fusione di due figure mitologiche come quella di Ploutos, dio della ricchezza e quella di Hades, signore del mondo sotterraneo e dell’inconscio, erede della Grande Madre e di Eros cosmico, non crea ambivalenze nel Plutone astrologico. Ploutos è cieco e dispensa a caso le proprie ricchezze ma così facendo – tale lo rappresenta con ironia Aristofane (450-385 a.C.) nella sua commedia Pluto [vedi, cliccando su GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte II(astrologia e mitologia)] – egli finisce con l’arricchire i peggiori tra gli uomini. Vero o falso che sia l’assunto dal quale prende forma la satira di Aristofane (in realtà poco cambia – come mostra la commedia – quando le ricchezze vengono date ai poveri), non c’è dubbio che questa fosse la percezione della realtà nella tradizione popolare già ai tempi del grande commediografo greco. Non a caso una canzone conviviale di Timocreonte da Rodi, poeta lirico del V secolo a.C., attribuiva a Ploutos, a causa del denaro, la responsabilità di tutti i mali che capitano agli esseri umani:

«Deh!, se mai, cieco Pluto,
né in terra, né sul pelago
t’avessimo veduto,
ma l’Acheronte e il Tartaro
fossero stati ognora
l’unica tua dimora!
Ché da te tutti i mali
Provengono ai mortali!»[1]

Come Ploutos cieco, Hades non guarda in faccia nessuno e ci mostra la realtà per quello che è, senza illusioni. Scrivevo in un precedente post sull’argomento [vedi, cliccando su GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte IV (Plutone e i Misteri Eleusini)]: «[…] Insomma la morte non solo è parte della nostra natura sin dalla nascita, ma è anche il progetto finale di ogni essere vivente e Hades-Plutone ci svela senza infingimenti la nostra rimozione più grande: l’essere per la morte»

Diverso il caso di Saturnus-Kronos, il primo appartenente alla mitologia romana, il secondo a quella greca. Nella fusione resta un’ambivalenza di fondo che il Saturno astrologico mantiene, ancorché le due divinità siano poi accomunate dai festeggiamenti in loro onore: Il Saturno latino nei Saturnalia, il Kronos greco nelle Kronia di Atene che secondo la testimonianza del poeta romano Lucio Accio (II Secolo a.C.) consistevano nella celebrazione di un tempo altro, con il totale rovesciamento dell’ordine costituito e la sospensione del lavoro, mentre si banchettava per le strade e gli schiavi sedevano a tavola con i padroni. Ciò accadeva, naturalmente, quando Kronos era ormai considerato dai Greci come Signore del Tempo. Per onorare il dio si pensò di dedicargli una giornata speciale, diversa da tutte le altre, una grande festa che per la sua eccezionalità finiva col rinsaldare il potere costituito e la stabilità del tempo della quotidianità. I Romani ripresero questa tradizione quando il mito di Saturno si era ormai fuso con quello del Kronos greco. Nacquero i Saturnali sull’onda della leggenda di Giano che accoglie il fuggitivo Saturno e ne ottiene in cambio i doni dell’agricoltura e della preveggenza, inaugurando con lui la felice età dell’oro. Se le Kronia ebbero una motivazione ufficiale quasi metafisica, con il tempo che sembra fermarsi per un giorno prima di riprendere la solita routine, i Saturnalia ne ebbero una molto più concreta, in linea con lo spirito dei Romani. Entrambe le feste tuttavia raggiungevano il medesimo scopo di consolidare l’ordine costituito, partendo dal presupposto che l’eccezione non può mai essere la regola. In età imperiale, i Romani  festeggiavano Saturnus dal 17 al 23 dicembre, nei giorni cosiddetti solstiziali in cui il Sole sembra morire, Sol sistium o Sole fermo, quando l’astro raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale, invertendo il proprio moto e la notte sulla Terra si fa più lunga. I Saturnali rappresentano la prova generale della scomparsa del Sole, il rovesciamento dell’ordine naturale, il sovvertimento di ogni regola: è la felice età dell’oro di Giano e Saturno che riappare e che per essere celebrata degnamente deve consentire tutto ciò che normalmente è impossibile oppure è vietato e/o addirittura punito con la morte: cibo e vino in abbondanza per tutti, padroni che diventano servi e viceversa, schiavi in libertà, gioco d’azzardo e licenziosità di ogni genere.

Già nel glifo, Saturno astrologico mostra la sua ambivalenza, con i simboli della croce, della mezzaluna o luna crescente e della falce. I bracci della croce sono a volte rappresentati di pari lunghezza a significare che materia e spirito si equivalgono. Quando invece il braccio verticale è rappresentato molto più lungo di quello orizzontale ђ, si vuole sottolineare che lo spirito (il braccio verticale) finirà col prevalere sulla materia (il braccio orizzontale). Il simbolismo della croce ha tuttavia anche il significato di rappresentare la dualità del reale e l’unione del maschio e della femmina, intesa soltanto come genitale o, al contrario, indice di una spiritualità elevata come quella che gli assegna Dante facendo del pianeta il settimo cielo del Paradiso dove per una scala d’oro salgono e scendono gli spiriti contemplativi: con Saturno è necessario abituarsi ai contrasti!
La luna crescente indica la progressiva formazione del corpo, a cominciare da ossa, scheletro e muscoli, sino alla nascita dell’Io e all’unità di spirito e corpo. La falce è insieme simbolo di vita, di castrazione e di morte: è lo strumento per mietere il grano ed è lo stesso strumento che recide i genitali di Urano, taglia i rami secchi e la vita degli individui (piante, animali, esseri umani), secondo un mandato in bianco ricevuto da Hades-Plutone e in virtù di un patto che ha consentito a Kronos-Saturno di lasciare il mondo infero dove era stato precipitato, una volta privato da Zeus del potere sugli uomini e sugli dei.

[S E G U E ]

sergio magaldi



[1] Aristofane Commedie, trad. di Ettore Romagnoli, Zanichelli, Bologna, 1971, p.1005